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Global Risks 2013: “i vecchi bisogna ammazzarli da bambini”?

I rischi economico-finanziari per i Sistemi Sanitari dall'allungamento della vita media della popolazione globale.

I rischi economico-finanziari per i Sistemi Sanitari dall’allungamento della vita media della popolazione globale.

Nell’articolo dedicato al “Global Risks 2013”, presentato dal WEF Davos (Davos 23-27 gennaio 2013), abbiamo segnalato la Geoingegneria come uno dei 5 “Fattori X” del Rapporto, ovvero quei problemi emergenti, meritevoli di ulteriori approfondimenti. Tra gli altri 4 X factor, suscettibili di creare in futuro grossi rischi economico-finanziari, ci sono i “Costi di una vita longeva” (Costs of Living Longer) ovvero quelli conseguenti all’invecchiamento sempre maggiore della popolazione mondiale e le spese da sostenere per la necessaria assistenza medico-ospedaliera. In particolare, nel paragrafo del rapporto dedicato all’argomento delle malattie conseguenti all’allungamento della vita delle persone, si cita il morbo di Alzheimer destinato a colpire al 2050 ben 11 milioni di statunitensi e 115 a livello globale.
Chiaramente, uno scenario simile determinerà impatti pesanti sui sistemi sanitari che dovranno attrezzarsi per tempo a far fronte a questa “emergenza”.

Il Forum quest’anno ha dedicato un vero e proprio focus a “Salute e i sistemi sanitari”, con una Sessione (24 gennaio) di ampia e articolata discussione sul tema “Quali scenari possibili nel 2040 per i sistemi sanitari” che ha fatto seguito alla presentazione del Rapporto “Sustainable Health Systems – Visions, Strategies, Critical Uncertainties and Scenarios” che il World Economic Forum ha redatto in collaborazione con McKinsey & Company.

La sintesi del confronto tra gli specialisti del panel di relatori, può essere colta nelle conclusioni dell’intervento di Mary Tolan, CEO di Accretive Health, Società di consulenza per le aziende che forniscono servizi di assistenza sanitaria: “Il cambiamento dei sistemi sanitari non è solo necessario, ma inevitabile”.
La discussione, infatti, ha seguito l’assunto tracciato dal rapporto redatto con il contributo di oltre 200 analisti ed esperti governativi, con l’obiettivo di offrire olisticamente un quadro della sostenibilità dei sistemi sanitari di qui a 30 anni, lasso di tempo scelto per permettere di adottare una prospettiva a lungo termine, lontano dagli aspetti contingenti dell’azione politica.

Pur riconoscendo che i risultati e i progressi conseguiti nel campo della salute e dell’assistenza sanitaria hanno costituito la storia di successo degli ultimi due secoli, tuttavia nel Rapporto si sottolinea che questo successo ha avuto un “costo” determinato da una spesa sanitaria che per decenni nei Paesi OCSE è cresciuta mediamente del 2%, superando la crescita del PIL.
Anche rivedendo le principali cause dell’aumento delle spese sanitarie, secondo quanto emerge dal Rapporto, è improbabile che concentrarsi esclusivamente sul miglioramento dell’efficienza di forniture e assistenze sanitarie possa condurre a sistemi sanitari sostenibili in futuro.
Viceversa, in futuro le società debbono volgere lo sguardo al di fuori delle tradizionali istituzioni, spostandolo da quell’insieme di processi e persone, conosciuto oggi come il sistema di assistenza sanitaria verso un più ampio sistema sanitario, quale emergerebbe dalla relazione stessa.

Nel clima economico attuale, molti Governi stanno prendendo di mira la spesa sanitaria per la riduzione dei costi come parte di più ampi programmi di austerità – prosegue il report – In una discussione sulla sostenibilità a lungo termine è quindi opportuno garantire che le priorità a breve termine non danneggino il valore delle scelte a lungo termine. I leader dei sistemi sanitari devono pensare al futuro, ampliando il gruppo dei portatori di interessi responsabili e troncando ogni rapporto con l’attuale situazione per fornire servizi sanitari sostenibili, di alta qualità, accessibili a tutti, a prezzi abbordabili”.

Al gruppo eterogeneo dirigenti che hanno analizzato in profondità gli scenari futuri dei sistemi sanitari di Germania, Paesi Bassi, Spagna, Inghilterra e Repubblica Popolare Cinese, è stato poi chiesto di “immaginare quale poteva essere al 2040 un servizio sanitario sostenibile per i rispettivi Paesi”. Sorprendentemente, si è constatato che il sistema sostenibile proposto è del tutto diverso da quello attuale, con pazienti ben informati delle loro malattie croniche, con modelli di assistenza più diversificati, con nuovi compiti, portatori di interesse, incentivi e normative
La situazione di ogni Paese ha rivelato tematiche comuni, pur con sistemi diversi e diversa distribuzione geografica: “la creazione di un sistema finanziariamente sostenibile richiede un maggior ri-orientamento verso il valore e i risultati, il coinvolgimento di un più ampio gruppo di stakeholders in una struttura di governance più efficace e un maggiore impegno e responsabilità dei pazienti e dei cittadini”.

Mentre queste discussioni erano in corso a Davos, contemporaneamente in Italia alla Camera dei Deputati, nel corso di un incontro promosso dalla FIMMG (Federazione Italiana Medici di Medicina Generale) per presentare le proprie proposte alle forze politiche che si candidano a governare il Paese, sono stati presentati due sondaggi: uno, realizzato dal Centro Studi FIMMG e svolto all’interno della categoria, su un campione di oltre 2.000 intervistati riguardava la sostenibilità finanziaria del Sistema Sanitario Nazionale (SSN); l’altro, realizzato dalla Doxa per conto della FIMMG, ha avuto come obiettivo la soddisfazione degli italiani nei confronti del SSN ed ha interessato un campione di 1.000 cittadini, distribuiti per fasce d’età e per aree geografiche.

Dal primo è emerso che il 65,1% dei medici ritiene a rischio la sostenibilità finanziaria del SSN, a causa soprattutto di inadeguata governance: cattiva politica e pletora dell’apparato amministrativo.

Dal secondo si è evidenziato che i cittadini attribuiscono al SSN un voto mediamente insufficiente (5,7), anche se sussistono differenze per aree geografiche (6,3 al Nord; 4,9 al Sud).
Per il 76% degli intervistati la responsabilità  dei problemi della sanità è da attribuire alla cattiva politica e alla corruzione, mentre per il 57% all’organizzazione del Sistema e per il 29% anche ai cittadini che si approfittano del Sistema sostanzialmente gratuito.Più della metà dei cittadini (il 53%) pensa, poi, che le competenze in materia sanitaria debbano tornare  sotto la diretta responsabilità dello Stato: percentuale che sale al 73% al Sud e nelle Isole, mentre scende al 38-39% al Nord.

Al di là delle contingenze elettorali italiane, non c’è alcun dubbio che la governance dovrà quanto prima interrogarsi ed attrezzarsi per ridurre gli impatti sociali ed economici, oltre che sanitari, che si preannunciano. Accanto a misure di ordine economico-finanziarie, sono meritevoli di attenzione le azioni di informazione e comunicazione, che permettano a cittadini consapevoli di intraprendere adeguate contromisure, tra cui quelle relative ai cambiamenti dei comportamenti e degli stili di vita avranno un importante ruolo, soprattutto per mitigare gli effetti delle malattie “ambientali”.

Non sembra praticabile la soluzione che “i vecchi bisogna ammazzarli da bambini” (Giorgio Gaber, “Eppure sembra un uomo”, 1968)

Approfondimento sul n. 1-2, gennaio-febbraio 2013 di “Regioni&Ambiente”

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