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“Global Risks 2013”: aumento eventi climatici estremi

Global Risks 2013

La difficile situazione economica e l’aumento degli eventi climatici estremi costituiranno un mix sempre più pericoloso. Da non sottovalutare anche i rischi della Geoingegneria e la resistenza agli antibiotici.

Ogni anno in gennaio a Davos, splendida località delle Alpi svizzere, ha luogo il World Economic Forum (WEF) dove i maggiori dirigenti politici ed economici internazionali si incontrano con intellettuali e giornalisti selezionati, al fine di discutere delle questioni più urgenti che il mondo si trova ad affrontare.
Quest’anno (23-27 gennaio) la XLIII edizione, a cui tra gli altri parteciperanno il Segretario generale dell’ONU Ban Ki Moon e il Presidente della Banca Mondiale Jim Yong Kim, avrà come tema principale “La Salute e i Sistemi Sanitari”, su cui i professionisti del ramo concentreranno le loro discussioni. Per l’occasione sarà diffuso un Rapporto intitolato “Fare la giusta scelta, la salute dei dipendenti”, che si basa su un’inchiesta svolta tra 2 milioni di lavoratori di 125 Paesi.

In attesa di conoscerne i risultati, concentriamo la nostra attenzione sul “Global Risks 2013”, l’annuale relazione del WEF, giunta all’ottava edizione, sui 50 rischi più significativi, individuati da un sondaggio tra oltre 1.000 esperti, su cui l’economia globale dovrà attentamente vigilare nel corso dell’anno e nel successivo periodo, che è stata rilasciata la settimana scorsa.

Se al vertice delle preoccupazioni persistono i rischi legati alla crisi finanziaria mondiale e l’aumento delle disuguaglianze a livello globale, aumentano le situazioni rischiose per effetto dei cambiamenti climatici.

Vediamo sopraggiungere due grossi rischi, quello economico e quello climatico, che sono in rotta di collisione – ha affermato John Drzik, Amministratore delegato di Oliver Wyman Group che fa parte di Marsh&McLennan Companies che ha collaborato alla redazione del rapporto – Se non vengono stanziate le risorse necessarie per ridurre gli eventi meteorologici estremi, la prosperità globale delle future generazioni potrebbe essere compromessa. Ad essere maggiormente esposti saranno i Paesi in via di sviluppo che non saranno adeguatamente supportati nelle azioni di adattamento da adeguati aiuti economici dei Paesi avanzati, in difficoltà per la crisi economico-finanziaria”.

Interessante il paragrafo relativo allo “Sviluppo pericoloso della Geoingegneria” (Rogue Development of Geoengineering), dove ci si chiede se le tecnologie approntate dagli scienziati per offrire soluzioni al global warming non rischino di essere utilizzate da un Paese o da un singolo individuo per altri scopi: “Per esempio, uno Stato insulare minacciato dall’aumento del livello dei mari potrebbe decidere di non avere niente da perdere o un singolo individuo ben finanziato con buone intenzioni potrebbe voler prendere la situazione in mano. Ci sono segnali che questo è già iniziato ad accadere”.

Di seguito, infatti, viene citato il caso di un uomo d’affari (dalle rivelazioni di “The Guardian sappiamo che si tratta del californiano Russ George, ex Amministratore delegato della Planktos Inc.) che la scorsa estate ha fatto scaricare nell’Oceano Pacifico, lungo le coste del Canada, 100 tonn. di solfato di ferro per far aumentare la fioritura algale. Questa “fertilizzazione” ha effettivamente aumentato la fioritura artificiale di plancton per un’estensione di quasi 10.000 km2, come confermato dalle immagini satellitari. Secondo alcuni scienziati, questa tecnica sarebbe importante per ridurre gli effetti del global warming perché le alghe assorbono CO2 dall’atmosfera e lo stoccano nelle profondità oceaniche (per altri altererebbero gli ecosistemi marini con ripercussioni in ordine alla circolazione delle correnti e alle condizioni meteorologiche, tali da rendere vani gli effetti a breve termine). Il vero scopo del businessman, però, non aveva nulla di ambientale, bensì mirava “ad incassare lucrosi carbon credit”, per il taglio delle emissioni di CO2, “anche se le sue azioni potrebbero aver violato due trattati internazionali”.

Tra i rischi in incremento, il Rapporto sottolinea anche la resistenza agli antibiotici e gli scarsi sforzi compiuti per sviluppare altri antibiotici in sostituzione di quelli che sono diventati inefficaci. Il fallimento di questo obiettivo viene attribuito alle aziende farmaceutiche che non sono incentivate a creare farmaci che devono essere assunti saltuariamente per brevi periodi e che sviluppano rapidamente la resistenza della malattia, preferendo, viceversa, indirizzare la ricerca verso farmaci per patologie croniche, che verranno assunti per lunghi periodi e che non perdano la loro efficacia nel tempo.

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