Cambiamenti climatici Energia

Global Carbon Budget 2021: smorza gli entusiasmi iniziali della COP26

Secondo l’annuale Global Carbon Budget del Global Carbon Project a cui concorrono quasi 100 scienziati di vari organismi di ricerca, nel 2021 le emissioni torneranno a salire ai livelli del 2019, con 36,4 miliardi di tonnellate di anidride carbonica rilasciata, poco al di sotto della soglia raggiunta nella stagione pre-Covid (36,7 miliardi di tonnellate), con un aumento del 4,9% rispetto al 2020.

Come avviene ormai da qualche anno, nel corso della Conferenza ONU sui Cambiamenti Climatici (UNFCCC-COP) ha Glasgow è stato presentato, il “Global Carbon Budget” del Global Carbon Project, iniziativa internazionale di circa 100 scienziati di 70 istituti di ricerca di 16 Paesi, che ha lo scopo di supportare gli studi per monitorare le emissioni di gas ad effetto serra e di stimare quanta CO2 possa essere emessa in atmosfera per non far aumentare la temperatura di oltre 1,5 °C. Il Rapporto è stato pubblicato come pre-print prima di essere pubblicato open review su Earth System Science Data.

Ci vorrà del tempo per vedere il pieno effetto delle interruzioni legate al Covid sulle emissioni globali di CO2 – ha commentato Corrine Le Quéré, Docente di Scienze e politiche sui cambiamenti climatici all’Università dell’East Anglia e co-autrice dello Studio – Sono stati fatti molti progressi nella decarbonizzazione globale dell’energia dall’adozione dell’Accordo di Parigi nel 2015, inoltre le energie rinnovabili sono l’unica fonte di energia che ha continuato a crescere durante la pandemia. Ora servono nuovi investimenti e una forte politica climatica per sostenere l’economia verde in modo molto più sistematico e spingere i combustibili fossili fuori gioco”.

Secondo il Rapporto che si basa su dati fino a ottobre 2021, le emissioni in Cina dovrebbero essere superiori del 5,5% nel 2021 rispetto al 2019 e del 4,4% in India. Al contrario, le emissioni previste per il 2021 negli Stati Uniti e in Europa rimarrebbero rispettivamente del 3,7% e del 4,2% al di sotto dei livelli del 2019, e anche nel resto del mondo sarebbero inferiori.

Nell’ultimo decennio, le emissioni nette globali di CO2 dovute al cambiamento dell’uso del suolo sono state di 4,1 miliardi di tonnellate, con 14,1 miliardi di tonnellate di CO2 emesse dalla deforestazione e altri cambiamenti nell’uso del suolo e 9,9 miliardi di tonnellate di CO2 rimosse dalla riforestazione e dal ripristino dei suoli. Le rimozioni da parte di foreste e suoli sono cresciute negli ultimi due decenni, mentre le emissioni dovute alla deforestazione e ad altri cambiamenti nell’uso del suolo sono rimaste relativamente stabili, suggerendo, pur con ul alto grado di incertezza, un recente calo delle emissioni nette.

Il “carbon budget” per avere la probabilità del 50% di limitare il riscaldamento globale a 1,5 °C, secondo i ricercatori, si sarebbe ora ridotto a 420 miliardi di tonnellate, equivalente a 11 anni ai livelli di emissioni del 2021.

Questo rapporto fa i conti con la realtà – ha sottolineato Le Quéré Unito – Esso mostra cosa sta succedendo nel mondo reale mentre siamo qui a Glasgow a parlare di come affrontare il cambiamento climatico. Mi aspetto che i Paesi prendano sul serio questi controlli di realtà e che presentino una proposta ferma e dettagliata su ciò che faranno per affrontare i cambiamenti climatici, comprese le regole per la trasparenza dell’Accordo. Si tratta di un patto tra le parti per definire le priorità, come piantare alberi, elettrificare i trasporti e, dunque, abbandonare il carbone”.

Alla COP26 nei giorni prima i leader politici di oltre 100 Paesi si impegnati con la Dichiarazione di Glasgow a porre fine alla deforestazione entro il 2030, lanciando un segnale importante del ruolo assolto dalle foreste per limitare il riscaldamento globale.

Mentre, l’intesa raggiunta di non utilizzare più il carbone per la produzione di energia elettrica, traguardo da raggiungere entro il 2030 per i più sviluppati e nel 2040 per le nazioni più povere, non è stata sottoscritta dai più importanti consumatori di combustibili fossili come Cina, India, Australia e Stati Uniti.

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