Nel corso del Convegno “Per una strategia nazionale dei rifiuti” (Milano, 25 settembre 2020), promosso da FISE Assoambiente, è stato presentato il Dossier realizzato da Ref Ricerche, che evidenzia le difficoltà del nostro Paese per un’adeguata gestione rifiuti, stante i nuovi obiettivi della Direttiva UE, l’attuale carenza di impianti di riciclo e di recupero energetico e l’assenza di una Strategia nazionale di settore.
La gestione dei rifiuti nel nostro Paese nell’ultimo anno e mezzo ha visto un aumento della produzione, una riduzione degli impianti, una crescita dell’export e della movimentazione fuori Regione.
Per cogliere la sfida europea della Circular economy (obiettivi: 65% di riciclo e 10% in discarica al 2035 per i rifiuti urbani) occorrerà aumentare sensibilmente la raccolta differenziata fino all’80% e la capacità di riciclo, limitando il tasso di conferimento in discarica e innalzando al 25% la percentuale di valorizzazione energetica dei rifiuti al fine di chiudere il ciclo.
Per farlo, oggi non è più rinviabile la definizione di una “Strategia Nazionale per la gestione rifiuti”, cogliendo le opportunità irripetibili che nei prossimi mesi arriveranno dai nuovi fondi europei e dal Programma Nazionale per la Gestione dei Rifiuti.
Servono investimenti in impianti di riciclo, recupero e smaltimento per 10 miliardi di euro.
Sono queste le principali evidenze che emergono dal Dossier “Per una Strategia Nazionale dei rifiuti – La strategia nazionale mette le gambe”, che anticipa la pubblicazione del Rapporto promosso da FISE Assoambiente (Associazione delle imprese di igiene urbana, riciclo, recupero e smaltimento di rifiuti urbani e speciali ed attività di bonifica), realizzato dal Laboratorio REF Ricerche e presentato oggi (25 settembre 2020) nel corso de “Il Verde e il Blu Festival” (Milano, 25-27 settembre 2020).
Il Dossier analizza le criticità che ancora frenano lo sviluppo industriale del settore della gestione rifiuti, evidenziando come poco o nulla sia stato fatto negli ultimi 18 mesi per migliorare la situazione del nostro Paese. Le proposte avanzate dall’Associazione sono rimaste inascoltate: nulla è stato fatto sul fronte dell’elaborazione di una strategia nazionale dei rifiuti, né per colmare la carenza impiantistica attraverso un piano di investimenti straordinari, né per migliorare il quadro di regole per il settore che resta troppo complesso e incerto (in forte ritardo anche sui decreti End of Waste).
La sindrome
NIMBY (Not In My Back Yard)
continua a diffondersi sui territori e tra le fila dei rappresentanti delle
istituzioni locali e nazionali, frenando la realizzazione di opere necessarie
per il nostro Paese.
In occasione dell’evento sono stati assegnati i Premi “PIMBY (Please In My Back Yard) Green 2020”, riconoscimenti,
istituiti dall’Associazione con il patrocinio dell’ANCI, per promuovere una
nuova cultura del “fare”, valorizzare le capacità innovative del Paese e
contrastare la sindrome:
– al Comune di Bergamo, per il progetto “Una nuova mobilità per Bergamo Alta – Centro Storico: il parcheggio
della Fara” che, superando la
possibile conflittualità tra residenti ed operatori economici, consentirà,
anche grazie a un parcheggio interrato, di liberare dalle auto alcune piazza
storiche e ridurre il traffico veicolare in accesso;
– al Comune di Vado Ligure, “Progetto di riconversione, riorganizzazione
e sviluppo industriale” che ha saputo conservare la vocazione industriale
del territorio, individuando una strada efficace per far crescere in modo
congiunto l’economia delle imprese e il benessere della collettività;
– al TAP (Trans Adriatic Pipeline)
per il progetto di realizzazione di un
gasdotto che trasporterà gas naturale dalla regione del Mar Caspio in Europa”
che porterà gas in Italia e Europa, i cui lavori di iniziati nel 2016 sono
nella loro fase conclusiva, con l’entrata in esercizio entro la fine del 2020.;
– a SEAP
D.A. SRL per la realizzazione di un impianto di trattamento rifiuti
liquidi, finalizzato al recupero delle acque per uso industriale, situato nel
comune di Aragona (AG), in grado di trattare fino a 550 ton/giorno, per un
totale di 167.500 ton/anno di rifiuti liquidi.
Nel Dossier si evidenzia che gli obiettivi fissati a livello europeo con il Pacchetto Economia Circolare Rifiuti (recentemente trasposto nella legislazione nazionale) prevedono che entro il 2035 dovrà essere avviato a riciclo il 65% dei rifiuti (al netto degli scarti dei processi di recupero, bisognerà portare la raccolta differenziata almeno all’80%, mentre ad oggi siamo al 45%), in discarica il 10% (oggi siamo al 22%) e la restante parte dovrà essere avviata a recupero energetico (oggi siamo al 18%).
Contrariamente a quanto previsto dagli obiettivi
europei per la Circular economy negli ultimi 18 mesi in Italia:
– è aumentata la produzione di rifiuti: +2% (+590mila ton) di rifiuti
urbani rispetto al 2018, +3,3% (+4,6 mln/ton) di rifiuti speciali;
– sono diminuiti gli impianti di
gestione: 396 impianti totali per gli speciali
(meno impianti di incenerimento e di digestione anaerobica);
– sono aumentati i deficit regionali
(a 2,2 mln/ton), quindi la movimentazione di rifiuti a recupero
energetico/smaltimento;
– è cresciuto l’export di rifiuti:
+31% (+110mila ton) per gli urbani, +14% (+420mila ton) per gli speciali;
– sono aumentati i costi di smaltimento:
+ 40%.
Lo Studio sottolinea, inoltre, che per raggiungere gli obiettivi della Direttiva europea occorreranno anche strumenti economici a sostegno dell’utilizzo dei materiali riciclati e per l’uso di sottoprodotti e materiali end of waste, oltre a un quadro normativo chiaro per il settore, che semplifichi le procedure di autorizzazione, favorisca investimenti e sana competizione fra imprese, consentendo di realizzare tutti gli impianti necessari.
“La pandemia ha prodotto una buona risposta da parte delle imprese dei rifiuti abituate ad agire in un contesto emergenziale, ma al contempo ha sottolineato le fragilità del sistema e i problemi di sicurezza per la gestione degli urbani, accentuati dal blocco dell’export da cui dipendono le filiere del recupero di materia – ha evidenziato Chicco Testa, appena riconfermato alla guida per altri 2 anni di FISE Assoambiente, commentando lo Studio – Oggi è ancora più necessario definire una Strategia Nazionale di gestione dei rifiuti che fornisca una visione nel medio-lungo periodo migliorando le attuali performance. Per farlo nei prossimi mesi abbiamo due irripetibili occasioni da cogliere: il piano di aiuti messo in campo dalla UE (Recovery Fund) e il Programma Nazionale per la Gestione dei Rifiuti da definire nei prossimi 18 mesi”.
“Fare economia circolare -ha proseguito il Presidente di FISE Assoambiente- significa disporre degli impianti di gestione dei rifiuti con capacità e dimensioni adeguate alla domanda. I nostri dati evidenziano come in Italia servano impianti di recupero (di materia e di energia), a partire dagli oltre 40 in grado di trattare la frazione organica, per finire con termovalorizzatori che possano gestire rifiuti urbani e speciali non riciclati. Un investimento complessivo che richiederà 10 miliardi di euro, interamente recuperabili da risorse finanziarie di mercato, garantite da una regolazione equa ed efficace. Abbiamo dinanzi a noi un’occasione unica, non possiamo mancarla”.