Cambiamenti climatici

GAP di credibilità: gli impegni non bastano senza piani attuativi

L’ultima analisi dell’influente Climate Action Tracker presentata nel corso della COP26 l’assenza di robusti Piani attuativi dei nuovi impegni assunti dai leader di Governo a Glasgow metterebbe il mondo sulla buona strada per un pericoloso riscaldamento di 2,4 °C entro il 2100.

Il RapportoGlasgow’s 2030 credibility gap: net zero’s lip service to climate action Wave of net zero emission goals not matched by action on the ground” è intervenuto sulla COP26 il 9 novembre 221 come una doccia fredda sui facili entusiasmi che si erano diffusi nella prima settimana della COP26 di Glasgow, specie dopo che il Direttore dell’Agenzia Internazionale dell’Energia (IEA) Fatih Birol in un suo intervento seguito ai nuovi impegni  assunti  ai Capi di Stato e di Governo nel corso delle prime giornate, aveva stimato che, se effettivamente implementate, sarebbero stati in grado di limitare a fine secolo il riscaldamento globale a 1,8 °C.

Il Rapporto, redatto da Carbon Action Tracker (CAT), istituzione scientifica indipendente che monitora se le azioni messe in campo dai Governi soddisfano l’obiettivo dell’Accordo di Parigi, con la collaborazione di Climate Analitics e NewClimate Institute e il supporto del Governo della Germania, ha calcolato che anche con i nuovi impegni al 2030 assunti per rimanere nella traiettoria di 1,5 °C di riscaldamento globale alla fine del secolo, l’aumento sarebbe di 2,4 °C e le emissioni salirebbero alla stessa data del doppio rispetto a quanto necessario.

A Parigi, sottolineano gli autori, tutti i Governi avevano solennemente promesso che alla COP26 avrebbero aggiornato i propri NDC per colmare l’eventuale divario di emissioni tra quelle previste e quelle necessarie. Tuttavia dopo 6 anni dalla COP di Parigi e 3 anni dal Rapporto speciale dell’IPCC per rimanere entro 1,5 °C, l’ultimoEmissions Gap Report” dell’UNEP ha calcolato che il mondo si sta avviando verso 2,7 °C.

Sebbene questa stima sia leggermente più bassa da questa nuova analisi, secondo gli autori gli obiettivi per il 2030 rimangono del tutto inadeguati e c’è bisogno di uno sforzo profondo in tutti i settori, in questo decennio, per mantenersi allineati allo scenario di 1,5 °C.

Non c’è stato sufficiente slancio da parte dei leader e governi per aumentare gli obiettivi climatici per il 2030 prima di Glasgow: i miglioramenti dei NDC presentati nell’ultimo anno hanno ridotto il divario di emissioni nel 2030 solo del 15-17%. I maggiori contributi assoluti a questo restringimento provengono dalla Cina, dall’UE e dagli Stati Uniti, sebbene anche altri Paesi con livelli di emissioni inferiori abbiano migliorato i propri NDC.

Contrariamente a quanto previsto dall’Accordo di Parigi secondo cui ogni aggiornamento NDC dove costituire un progresso rispetto al precedente, diversi Governi hanno solo ripresentato lo stesso obiettivo del 2015 (Australia, Indonesia, Russia, Singapore, Svizzera, Thailandia, Vietnam) o, addirittura, uno meno ambizioso (Brasile, Messico). Alcuni non hanno presentato alcuna nuova richiesta (Turchia e Kazakistan) e l’Iran non ha ancora ratificato l’Accordo di Parigi. Anche con tutti i nuovi impegni assunti a Glasgow per il 2030, nel 2030 le emissioni sarebbero doppie rispetto all’obiettivo 1,5 °C. Pertanto, tutti i Governi devono riconsiderare i propri obiettivi.

A livello globale, circa il 90% delle emissioni è ora coperto da obiettivi netti zero. Sebbene questi obiettivi siano un segnale importante e alcuni abbiano accelerato l’azione dei Governi per il clima, la qualità della maggior parte rimane discutibile

La stragrande maggioranza delle azioni e degli obiettivi 2030 non è coerente con gli obiettivi net zero: c’è un gap di quasi un grado tra le attuali politiche dei Governi e i loro obiettivi net zero – ha affermato Bill Hare, CEO di Climate Analytics, organizzazione partner del CAT – Fa comodo ai leader affermare di avere un obiettivo net zero, ma se non hanno piani su come arrivarci e i loro obiettivi per il 2030 sono bassi, come lo sono molti di questi, allora francamente questi obiettivi net zero lo sono solo a parole per una vera azione climatica. Glasgow ha un grave divario di credibilità”.

Se tutti gli impegni o gli obiettivi di net zero annunciati nel corso della COP26 venissero attuati, in uno scenario ottimistico, secondo il CAT, la temperatura salirebbe “solo” a 1,8 °C entro il 2100, con un picco di riscaldamento di 1,9 °C, “ma solo SE questi obiettivi siano pienamente implementati, ed è un grande SE. La nostra analisi mostra che i Paesi con un rating zero netto “accettabile” coprono solo il 6% delle emissioni globali”.

Nessun singolo Paese analizzato disporrebbe di politiche a breve termine sufficienti per raggiungere il proprio obiettivo net zero. Anche gli annunci fatti dai Governi non sono supportati da alcuna legislazione nazionale, né da adeguati Piani. Alcuni mancano di informazioni critiche per consentire una valutazione completa del probabile impatto sull’obiettivo, compreso se net zero è relativo alla CO2 o copre tutti i gas serra. 

Per il CAT, le azioni e gli obiettivi per il 2030 sono per lo più incompatibili con gli obiettivi net zero, così che il divario tra le politiche attuali e gli obiettivi è ora di 0,9 °C, che Glasgow dovrebbe colmare.

Qualora l’enorme gap al 2030 non fosse ridotto a Glasgow, i Governi dovrebbero accettare i ritornare il prossimo anno alla COP27 con nuovi e più forti obiettivi – ha aggiunto Niklas Höhne dell’Università Wageningen e co-fondatore del NewClimate Institute, l’altra organizzazione partner del CAT –  I leader attuali sono tenuti a rendere conto di questo enorme gap 2030. Se aspettiamo altri 5 anni e discutiamo solo di impegni per il 2035, il limite di 1,5° C potrebbe essere perduto per sempre”.

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