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Emissions Gap Report 2021: il mondo verso +2,7 °C al 2100

“Emissions Gap Report 2021” dell’UNEP sul divario delle emissioni emesse rispetto a quelle che sarebbero necessarie per mantenere il riscaldamento globale entro i limiti previsti dall’Accordo di Parigi, rileva che anche con i nuovi e aggiornati impegni (NDC) il mondo si sta avviando verso un aumento della temperatura globale di almeno 2,7 °C in questo secolo, ben superiore agli obiettivi dell’Accordo di Parigi.

A pochi giorni dall’avvio della COP26 di Glasgow (30 ottobre – 2 novembre 2021) che dovrà rivedere i Piani nazionali di riduzione delle emissioni (NDC), l’Emissions Gap Report 2021, l’annuale Rapporto del Programma Ambiente delle Nazioni Unite (UNEP), che monitora, come richiesto dalle Parti della Convenzione ONU sui Cambiamenti Climatici (UNFCCC), gli impegni politici assunti dai Paesi, analizzando come questi si tradurranno in termini di riduzione delle emissioni al 2030, per essere in linea con l’obiettivo dell’Accordo di Parigi di 2-1,5 °C, assume un particolare rilievo.

Insieme al Bollettino sulla situazione della concentrazione in atmosfera dei gas ad effetto serra ad opera dell’Organizzazione Meteorologica Mondiale (WMO), l’Emissions Gap Report è un punto di riferimento preliminare ai lavori delle Conferenze delle Parti (COP).

Il lancio di Emissions Gap Report 2021 dal titolo “The Heat Is On” è avvenuto il 26 ottobre 2021 nel corso di una Conferenza stampa ad alto livello nel pomeriggio, in cui sono intervenuti il Segretario generale dell’ONU António Guterres e la Direttrice esecutiva dell’UNEP, Inger Andersen.

Il Rapporto rileva che i nuovi NDC e quelli aggiornati dal Segretariato dell’UNFCCC il 25 ottobre 2021 riducono solo del 7,5% le emissioni previste per il 2030, mentre per raggiungere l’obiettivo di Parigi di 1,5 °C è necessario un taglio del 55%. Di conseguenza il mondo sarebbe sulla buona strada per un aumento della temperatura in questo secolo di almeno 2,7 °C.

I cambiamenti climatici non sono più un problema futuro, ma attuale – ha affermato Inger AndersenPer avere una possibilità di limitare il riscaldamento globale a 1,5 °C, abbiamo otto anni per dimezzare le emissioni di gas serra: otto anni per fare i piani, mettere in atto le politiche, implementarle e infine realizzare i tagli. L’orologio ticchetta forte“.

Oltre a documentare il divario di emissioni il Rapporto si concentra anche sulle opportunità per colmarlo attraverso strumenti politici pertinenti, come gli obiettivi di emissioni nette zero, la trasformazione e il ruolo dei meccanismi di mercato e la riduzione delle emissioni di metano antropogenico.

Gli impegni net-zero, e la loro effettiva attuazione, potrebbero ridurre di 0,5 °C lo scenario di 2,7 °C in più alla fine del secolo, ma sono ancora vaghi, in molti casi gli attuali piani presentati sono vaghi e non si riflettono nei NDC. Sono 49 i Paesi, più l’UE, che si sono impegnati a raggiungere l’obiettivo zero, coprendo oltre la metà delle emissioni nazionali globali di gas serra, oltre la metà del PIL e un terzo della popolazione mondiale. Undici obiettivi sono stati inseriti in testi di legge, coprendo il 12% delle emissioni globali. Tuttavia, molti Piani nazionali per il clima (NDC) ritardano l’azione fino a dopo il 2030, sollevando dubbi sulla possibilità di mantenere gli impegni net zero. Dodici membri del G20 si sono impegnati a raggiungere tale obiettivo, ma sono ancora molto ambigui. È inoltre necessario anticipare l’azione per renderla in linea con gli obiettivi per il 2030.

Il mondo deve rendersi conto del pericolo imminente che affrontiamo come specie – ha aggiunto AndersenLe nazioni devono mettere in atto le politiche per soddisfare i loro nuovi impegni e iniziare ad attuarle entro pochi mesi, tra cui gli impegni net zero, assicurando che questi siano inclusi nei NDC e che vengano portate avanti le azioni necessarie. Devono quindi mettere in atto le politiche per sostenere questa maggiore ambizione e, ancora una volta, iniziare ad attuarle con urgenza. È anche essenziale fornire supporto finanziario e tecnologico alle nazioni in via di sviluppo, in modo che possano adattarsi agli impatti dei cambiamenti climatici e intraprendere un percorso di crescita a basse emissioni“.

I mercati del carbonio, nel frattempo, potrebbero tagliare i costi e quindi incoraggiare impegni di riduzione più ambiziosi, ma solo se le regole siano chiaramente definite, siano progettate per garantire che le transazioni riflettano le riduzioni effettive delle emissioni e siano supportate da accordi per monitorare i progressi e fornire trasparenza. I ricavi conseguiti attraverso questi mercati potrebbero finanziare soluzioni di mitigazione e adattamento a livello nazionale e nelle nazioni vulnerabili dove gli impatti dei cambiamenti climatici sono maggiori.

Le emissioni di metano sono il secondo maggior contributore al riscaldamento globale. Il gas ha un potenziale di riscaldamento globale oltre 80 volte quello dell’anidride carbonica su un orizzonte di 20 anni; ha anche una vita più breve nell’atmosfera della CO2 – solo 12 anni, rispetto alle centinaia della CO2 – per cui i tagli al metano sono in grado di limitare più velocemente del biossido di carbonio l’aumento della temperatura.

Con le misure tecnologiche disponibili senza costi aggiuntivi o assai bassi, come ha recentemente confermato l’Agenzia Internazionale dell’Energia (IEA), si potrebbe ridurre le emissioni di metano di origine antropica di circa il 20% all’anno. L’attuazione di tutte le misure, insieme a misure strutturali e comportamentali più ampie, potrebbe ridurre le emissioni di metano di origine antropica di circa il 45%.

Infine, l’Emissions Gap Report 2021 rileva che nella maggior parte dei Paesi è stata persa l’opportunità di utilizzare l’enorme quantità di investimenti per la ripresa dalla pandemia di Covid-19 per stimolare l’economia sostenendo l’azione climatica.

La pandemia ha determinato un calo delle emissioni globali di CO2 del 5,4% nel 2020, ma le previsioni indicano una nuova risalita nel 2021, seppure leggermente inferiore al record del 2019.

È probabile che solo il 20% degli investimenti totali per la ripresa fino a maggio 2021 riduca le emissioni di gas serra. Di questa spesa, quasi il 90% è rappresentato da 6 membri del G20 e un ospite permanente.

La spesa per la ripresa dal Covid-19 è stata di gran lunga inferiore nelle economie a basso reddito (60 dollari a persona) rispetto alle economie avanzate (11.800 dollari a persona), con la probabilità che tale lacune finanziarie delle nazioni più vulnerabili renderanno ancora più difficile la loro resilienza climatica e le misure di mitigazione.

A meno di una settimana prima della COP26 di Glasgow, siamo ancora sulla strada per la catastrofe climatica – ha sottolineato il Segretario delle Nazioni Unite António GuterresCome dice il titolo del rapporto di quest’anno, ‘il caldo è acceso. E, come dimostrano i contenuti del rapporto, la leadership di cui abbiamo bisogno è spenta. Lontana“.

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