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Fresato d’asfalto: cresce il riciclo, ma l’Italia resta indietro in Europa

Secondo un’analisi dell’Associazione Siteb, in Italia si recupera solo il 25% del fresato d’asfalto delle pavimentazioni stradali, con grave spreco di risorse economiche dal momento che, pur con tale bassa percentuale, ogni anno si recuperano 300-320 milioni di euro di sole materie prime.

L’Italia migliora la propria performance di riciclo delle pavimentazioni stradali passando in 4 anni dal 20% (2014) al 25% (2018) del recupero di fresato, ma rimane indietro rispetto ai principali paesi europei (la media è del 60%).

È quanto evidenzia l’analisi compiuta da SITEB (Strade ITaliane E Bitumi), l’Associazione di categoria che riunisce tutto il settore delle infrastrutture stradali e delle impermeabilizzazioni: dai produttori di bitume alle imprese stradali, dai laboratori di controllo e prove alle concessionarie autostradali, dai produttori di impianti per conglomerato bituminoso ai costruttori di macchine stradali.

Secondo la definizione di cui alla norma UNI EN, il fresato è “il conglomerato bituminoso recuperato mediante fresatura degli strati del rivestimento stradale, che può essere utilizzato come materiale costituente per miscele bituminose prodotte in impianto a caldo”.

Nonostante negli ultimi anni abbia registrato un sostanziale blocco dei lavori di manutenzione delle strade (solo recentemente ripartiti), resta tra i principali produttori di conglomerato bituminoso, l’asfalto per le strade. Tuttavia, a differenza di ciò che avviene in Paesi considerati più grandi e virtuosi, come Germania (84% di riciclo di fresato), Francia (70%), Regno Unito (90%), ma anche di paesi più piccoli come Belgio (95%) e Olanda (71%), le percentuali di riciclo delle pavimentazioni stradali nel nostro Paese si attestano su livelli decisamente bassi: solo il 25% del fresato disponibile viene avviato a recupero, con grave spreco di risorse economiche. Il fresato infatti, oltre a possedere elevate caratteristiche tecniche e ad essere totalmente riutilizzabile nelle costruzioni stradali, possiede un elevato valore economico.

SITEB ha calcolato che il riutilizzo del 25% del fresato comporta ogni anno il minor impiego di 300.000 tonnellate di bitume vergine (riduzione del fabbisogno di petrolio)e il recupero di 7.500.000 tonnellate di inerti, equivalenti in termini economici ad un risparmio di circa 300-320 milioni di euro di sole materie prime!

Riciclando il 100% delle pavimentazioni rimosse, il risparmio economico salirebbe fino a 1.200 milioni di euro all’anno di sole materie prime, senza considerare tutti i vantaggi ambientali dovuti a minori importazioni di petrolio, al minor ricorso alle cave, ai minori trasporti di materie, ai minori costi di lavorazione e alle minori emissioni in atmosfera.

In questo modo si eviterebbe la produzione di bitume di 3 raffinerie di medie dimensioni, salvaguardando inoltre l’aspetto paesaggistico del territorio. Lo hanno capito bene nel resto dell’Europa: in Francia vige il “divieto” di portare in discarica il fresato d’asfalto, considerato “prodotto primario”, da riutilizzare nel ciclo produttivo. La Germania, giudica il fresato d’asfalto (13 mln di tonnellate annue) come il miglior materiale costituente. In Olanda, Paese notoriamente povero di terra, sono attivi impianti che eliminano l’eventuale presenza di catrame nel materiale raccolto e consentono di recuperare totalmente l’inerte. In Inghilterra, Giappone e Stati Uniti gli studi di settore si concentrano sul numero di volte in cui si può riciclare il fresato.

Nonostante la normativa nazionale ed europea spinga, verso l’utilizzazione accorta e razionale delle risorse ambientali”, ha dichiarato il Direttore Siteb, Stefano Ravaiolila nostra burocrazia, il complesso regime autorizzatorio e il pregiudizio di tecnici e progettisti ostacolano ancora lo sviluppo del riciclo del fresato d’asfalto, limitandone l’impiego. Troppo spesso la normativa nazionale si presta a differenti interpretazioni da parte di Enti e Regioni che disorientano gli operatori del settore, creando uno scenario incerto. È paradossale che proprio nel Paese in cui c’è la maggior disponibilità di fresato “pulito” (senza l’inquinamento da catrame), riciclabile al 100%, si faccia il possibile per ostacolarne anziché incentivarne il recupero. È una questione di buon senso!”.

Ricordiamo che la questione della cessazione della qualifica di rifiuti (End of Waste) è stata al centro negli ultimi mesi di un intenso dibattito tra legislatore e imprese del settore dell’economia circolare, dopo la sentenza  del Consiglio di Stato che aveva affermato in via di principio che spetta allo Stato e non alle Regioni il potere di individuare, ad integrazione di quanto già previsto dalle direttive comunitarie, le ulteriori tipologie di materiale da non considerare più come rifiuti, in quanto riciclabili, sulla base di un analisi caso per caso.  Neppure la Legge 128 del 02 novembre 2019 che ha attribuito alle Autorità competenti al rilascio di provvedimenti autorizzativi relativi all’esercizio di impianti di gestione dei rifiuti, la possibilità di definire “caso per caso”, i criteri di cessazione della qualifica di rifiuto per il singolo impianto, ha sopito del tutto i malumori delle imprese soprattutto per la parte troppo burocratizzata dei controlli ex post sugli impianti in esercizio, in capo al SNPA che al riguardo ha recentemente emanato delle Linee guida.

Il D.M. 28 marzo 2018 Regolamento recante disciplina della cessazione della qualifica di rifiuto di conglomerato bituminoso” che diventa “granulato di conglomerato bituminoso”, conosciuto come “Decreto End of Waste del fresato”,  aveva chiarito i termini della cessazione della qualifica di rifiuto del conglomerato bituminoso, ma secondo Siteb resta ancora molta strada da percorrere.

“Siamo comunque grati al Ministero dell’Ambiente – ha concluso Ravaioli –  per avere emanato un Decreto End Of Waste per il fresato d’asfalto ­che mette ordine nel recupero del materiale lasciando purtroppo però inalterati i limiti quantitativi delle vecchie autorizzazioni in procedura semplificata. Per incentivare il recupero e portare l’Italia ai livelli degli altri paesi europei è necessario tuttavia un ulteriore sforzo per semplificare ulteriormente le procedure, senza lasciare spazio a interpretazioni differenti mettono in difficoltà le imprese. Codice degli Appalti e Criteri Ambientali Minimi strade possono contribuire seriamente alla Green Economy purché, soprattutto questi ultimi, si basino su concetti semplici e realizzabili. L’Economia Circolare è un dovere per la Pubblica Amministrazione e una priorità per tutti!”.

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