Media e comunicazione Società

Media e costruzione identità: XVI Rapporto Censis sulla Comunicazione

“I media e la costruzione dell’identità”, presentato dal Censis, evidenzia come i social network abbiano sempre più un ruolo determinante, soprattutto tra i giovani, nella formazione dell’identità sociale degli italiani.

Mentre le diete mediatiche degli italiani si ricompongono in modo radicale e le grandi narrazioni del passato vanno in pezzi, si è aperto il problema della costruzione dell’identità e delle appartenenze dentro nuove cornici di senso collettivo.

Che ruolo giocano i media in questo scenario in rapida trasformazione, tra crisi della globalizzazione, messa in discussione della società multiculturale, rinserramento territoriale, percezione di vulnerabilità e risentimento?

Questi cambiamenti che si intrecciano con i processi di personalizzazione dell’impiego dei media, disintermediazione, polarizzazione dell’informazione e con le nuove frontiere del mercato digitale nell’era biomediatica, sono stati esplorati nella XVI edizione del Rapporto sulla Comunicazione del Censis (Centro Studi Investimenti Sociali) dal titolo “I media e la costruzione dell’identità”, presentato a Roma presso il Senato della Repubblica il 20 febbraio 2020 e che costituisce un approfondimento settoriale del ben più ampio Rapporto annuale che interpreta i più significativi fenomeni socio-economici del Paese nella fase che sta attraversando. 

La rilevazione dei consumi mediatici degli italiani nel 2019 evidenzia che:
– la fruizione della televisione in generale è stabile, ma si registra una flessione dei telespettatori della tv tradizionale (il digitale terrestre: -2,5% in un anno), mentre resta salda l’utenza della tv satellitare (-0,1%) e crescono significativamente la tv via internet (web tv e smart tv salgono al 34,5% di utenza: +4,4% in un anno) e la mobile tv (che è passata dall’1% di spettatori nel 2007 all’attuale 28,2%, con un aumento del 2,3% solo nell’ultimo anno);
– la radio continua a rivelarsi all’avanguardia dentro i processi di ibridazione del sistema dei media, con l’aumento di ascolto per le trasmissioni via internet con il pc (lo fa il 17,3% degli italiani: +0,3%) e soprattutto attraverso lo smartphone (con una utenza arrivata al 21,3%: +0,6% rispetto a un anno prima), mentre la radio ascoltata in casa attraverso l’apparecchio tradizionale perde il 5,3% di utenti el’autoradio è stabile (+0,3% rispetto all’anno precedente);
– i media a stampa invece sono ancora nella crisi, a cominciare dai quotidiani, che nel 2007 erano letti dal 67% degli italiani, ridottisi al 37,3% nel 2019, anche se sembra essersi fermata l’emorragia di lettori (37,4% nell’anno precedente);
– gli aggregatori di notizie online e i portali web d’informazione sono consultati dal 51,6% degli italiani, con una ;
– anche i lettori di libri continuano a diminuire anno dopo anno, arrivato nel 2019 al 41,9%, ma sembra essersi fermata la caduta, dal momento che il dato risulta stabile rispetto all’anno precedente (-0,1%), né hanno compensato la riduzione dei lettori gli e-book (letti solo dall’8,5% degli italiani, con una variazione nulla in un anno).

Del resto, in 10 anni, la spesa delle famiglie per i consumi mediatici evidenzia come, mentre il valore dei consumi complessivi ha subito una drastica flessione, senza essere ancora tornato ai livelli pre-crisi (-2,0% in termini reali è il bilancio nel periodo considerato), la spesa per l’acquisto di telefoni ed equipaggiamento telefonico ha segnato anno dopo anno un vero e proprio boom, (+298,9% nell’intero periodo, per un valore di oltre 7 miliardi di euro nell’ultimo anno), quella dedicata all’acquisto di computer e audiovisivi ha conosciuto un rialzo rilevantissimo (+64,7%), mentre i servizi di telefonia si sono assestati verso il basso per effetto di un riequilibrio tariffario (-16,0%, per un valore però di 16,8 miliardi di euro sborsati dalle famiglie italiane nell’ultimo anno).

L’utenza complessiva di social network, piattaforme online e servizi di messaggistica (val.%) – Fonte: Censis

Questa grande trasformazione “dalla disintermediazione digitale all’era biomediatica” è stata al centro dell’intervento di Massimiliano Valerii, Direttore generale del Censis, che ha usato parole chiave per connotare il fenomeno:
–  “personalizzazione dell’impiego dei media”, che comporta lo scardinamento della gerarchia tradizionale dei mezzi, che attribuiva alle fonti professionali e autorevoli dell’informazione mainstream un ruolo esclusivo;
– “ingresso nell’era biomediatica” che con la miniaturizzazione dei device tecnologici, la proliferazione delle connessioni mobili, la diffusione dei social network, la biografia personale viene condivisa in tempo reale;
– “economia della disintermediazione digitale” con lo spostamento della creazione di valore da filiere produttive e occupazionali tradizionali in nuovi ambiti;
– “divaricazione del solco tra élite e popolo” perché si è radicata la fede nel potenziale di emancipazione delle comunità attribuito ai processi di disintermediazione resi possibili dalla rete attraverso il lifelogging, il self-tracking e i big data;
– “frammentazione dell’immaginario collettivo”, cioè di quell’insieme di valori, simboli, miti d’oggi in grado di plasmare tanto le aspirazione individuali e i percorsi esistenziali di ciascuno, quanto di definire l’agenda sociale condivisa, anche perché ai grandi mezzi di comunicazione di massa del passato, che una volta agivano come potenti motori di formazione di un immaginario compatto e omogeneo, si sono affiancati o sostituiti i dispositivi digitali personali, gli influencer del web e i follower dei social network;
– “crisi dello star system tradizionale”: alla “casta” del cinema, lontana e inarrivabile, si sostituiscono i selfie e i like sui social network, i nuovi atelier del successo, con conseguente perdita di suggestione di quelle tradizionali figure nei confronti delle quali si generavano processi di imitazione e identificazione.

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