Dal Rapporto sullo stato della popolazione mondiale del Fondo delle Nazioni Unite per la Popolazione (UNFPA), presentato in Italia in un evento congiunto con AIDOS (Associazione Italiana Donne per lo Sviluppo), emerge come la precarietà economica, il sessismo e l’incertezza sul futuro costituiscano delle barriere insormontabili per chi desidera avere un figlio, mentre le politiche messe in atto da alcuni governi per influenzare i tassi di fecondità non riescono a incidere sul fenomeno.
Il calo globale della fecondità non è dovuto al fatto che i giovani hanno voltato le spalle alla genitorialità, ma alle pressioni sociali ed economiche che impediscono loro di avere i figli che desiderano.
L’allarme è stato lanciato dal Fondo delle Nazioni Unite per la Popolazione (UNFPA) che ha presentato il 10 giugno 2025 il Rapporto di punta sullo Stato della popolazione mondiale dal titolo “The real fertility crisis” in cui viene evidenziato come ad un numero crescente di persone venga negata la libertà di formare una famiglia a causa dell’impennata del costo della vita, della persistente disuguaglianza di genere e della crescente incertezza sul futuro.
Il Rapporto, presentato in Italia nel corso di un evento dedicato in collaborazione con AIDOS (Associazione Italiana Donne per lo Sviluppo), si basa su una recente indagine UNFPA/YouGov che ha coinvolto più di 14.000 adulti, maschi e femmine sotto i 50 anni, di 14 Paesi (tra cui l’Italia), che nell’insieme rappresentano il 37% della popolazione mondiale.

1 persona su 5 non ha il numero di figli che desidera.
Quando i politici e gli esperti lanciano l’allarme sui tassi di fecondità, spesso danno per scontato che se le persone hanno figli è perché possono e vogliono, e se non li hanno è perché non possono o non vogliono.
Dall’indagine emerge, viceversa, che circa una persona su 5 ha dichiarato di non poter avere il numero di figli che vorrebbe. La maggior parte prevede di averne meno, o addirittura nessuno, mentre alcuni affermano che probabilmente ne avranno di più di quanti ne desiderino.
Preoccupazioni finanziarie
Ne emerge che gli ostacoli economici sono indicati come il fattore principale del calo di fertilità: il 39% degli intervistati ha indicato le limitazioni finanziarie come ragione principale per avere meno figli di quanti ne vorrebbero.
Seguono la paura per il futuro (dai cambiamenti climatici alle guerre), e l’insicurezza lavorativa, citate rispettivamente dal 19% e dal 21% degli intervistati.
Il 13% delle donne e l’8% degli uomini hanno indicato la divisione ineguale del lavoro domestico come uno dei fattori che determinano il minor numero di figli di quelli desiderati.
L’indagine ha inoltre rivelato che una persona su 3 ha vissuto una gravidanza indesiderata, uno su 4 si è sentito incapace di avere figli nel momento desiderato e uno su cinque ha dichiarato di essere stato pressato ad avere figli che non desiderava.
Soluzioni alla crisi della fecondità
Il Rapporto mette in guardia dalle risposte semplicistiche e coercitive al calo dei tassi di natalità, come i bonus bebè o gli obiettivi di fecondità, che sono spesso inefficaci e rischiano di violare i diritti umani.
Nei casi peggiori, alcune politiche stanno di fatto vanificando i progressi faticosamente ottenuti in materia di salute e diritti riproduttivi, come la restrizione dell’educazione sessuale completa nelle scuole, la limitazione dell’accesso alla contraccezione e la criminalizzazione dell’aborto. Questo tipo di misure può persino essere controproducente: ad esempio, i divieti di aborto sono collegati a un aumento del numero di aborti non sicuri, che aumentano la mortalità materna e contribuiscono all’infertilità secondaria.

L’UNFPA invece esorta i Governi ad ampliare le possibilità di scelta, rimuovendo gli ostacoli alla genitorialità individuati dalle rispettive popolazioni.
Tra le azioni raccomandate rientrano: rendere la genitorialità più accessibile attraverso investimenti in alloggi, lavoro dignitoso, congedi parentali retribuiti e accesso a servizi completi per la salute riproduttiva.
Fattore immigrazione
L’UNFPA incoraggia inoltre i Governi a considerare l’immigrazione come una strategia chiave per affrontare la carenza di manodopera e mantenere la produttività economica in un contesto di calo della fertilità.
Per quanto riguarda la disuguaglianza di genere, il rapporto invita ad affrontare lo stigma nei confronti dei padri coinvolti, le norme sul posto di lavoro che allontanano le madri dal mondo del lavoro, le restrizioni sui diritti riproduttivi e il crescente divario di genere negli atteggiamenti tra le giovani generazioni, che contribuisce all’aumento del numero di single.
“Un numero enorme di persone non è in grado di creare le famiglie che desidera – ha sottolineato nella Premessa al report Natalia Kanem, Direttrice esecutiva dell’UNFPA – Il problema è la mancanza di scelta, non di desiderio, con gravi conseguenze per gli individui e le società. Questa è la vera crisi della fecondità, e la risposta sta nel rispondere a ciò di cui le persone dichiarano di aver bisogno: congedi familiari retribuiti, assistenza per la fertilità a prezzi accessibili e partner che le sostengano“.