Circular economy Sostenibilità

Europa circolare: indispensabili monitoraggio e obiettivi

L’AEA ha diffuso un Rapporto di sintesi sullo stato di implementazione delle politiche attuate dai Paesi membri su efficienza delle risorse, economia circolare e approvvigionamento di materie prime. Le indicazioni per l’Italia nel profilo dedicato al nostro Paese.

L’Agenzia Europea dell’Ambiente (AEA) ha pubblicato il 1° aprile 2020 il Rapporto Resource efficiency and the circular economy in Europe 2019 – even more fron less” (Efficienza delle risorse ed economia circolare- ancora di più da meno), che offre una panoramica delle politiche svolte dai Paesi membri su efficienza delle risorse, economia circolare e fornitura di materie prime, al fine di raccogliere, analizzare e diffondere le esperienze sviluppate e la replicazione delle migliori pratiche.

Il Rapporto si basa su un’inchiesta condotta lo scorso luglio dalla Rete europea di informazione e osservazione ambientale (EIONET) dell’AEA, che ha coinvolto 32 Paesi europei. 

Dal Rapporto emerge che dal 2016 si è verificato una notevole focalizzazione delle politiche dal miglioramento dell’efficienza delle risorse a una prospettiva più ampia dell’economia circolare. Molti aspetti si sovrappongono in politiche, come la gestione e la prevenzione dei rifiuti, insieme a strategie di sviluppo ambientale e sostenibile, politiche di innovazione e programmi economici

Si prevede che l’attenzione su tali politiche si consoliderà ulteriormente, dato che è attualmente in corso un’azione più ampia dell’UE in questo settore, in particolare con il Piano d’azione per l’economia circolare , recentemente adottato dalla Commissione UE, che è una delle parti chiave del Green Deal europeo.

Dall’indagine si rileva che negli anni passati è stata riscontrata una generale mancanza di definizione di obiettivi in ​​tutta Europa, necessaria per migliorare l’efficienza delle risorse e guidare l’economia circolare, che sono ritenuti dai Paesi difficili da adottare.

L’indagine ha inoltre rilevato che, se gli indicatori per affrontare in modo coerente i diversi aspetti dell’economia circolare fossero universalmente accolti, contribuirebbero a migliorare sia l’adozione e l’uso degli obiettivi in ​​questo settore sia l’informazione di un sistema di monitoraggio più completo. Il Rapporto evidenzia, tra l’altro, che gli approcci e i livelli di avanzamento sono molto diversi tra i vari Paesi.

Quantunque le politiche in materia di efficienza delle risorse, di fornitura di materie prime e di economia circolare abbiano obiettivi diversi, il Rapporto sottolinea che tutti e tre sono fortemente correlate e si sostengono a vicenda. L’efficienza delle risorse e la fornitura di materie prime affrontano i legami tra natura e sistema socio-economico europeo, mentre l’economia circolare si rivolge al sistema socio-economico stesso.

Nella scheda dedicata all’Italia dopo aver analizzato le varie azioni e politiche intraprese dal nostro Paese e segnalato alcuni casi di best practice, vengono segnalate le principali sfide e le modalità per affrontarle, per attuare politiche su efficienza delle risorse, economia circolare e materie prime.

Consentire condizioni di parità tra tutti i settori,  vi si legge, sia a livello nazionale che internazionale, e considerare le esternalità ambientali, l’internalizzazione dei costi indotti dai danni all’ambiente, nell’ambito dell’intero costo della produzione complessiva delle imprese che implica la riduzione o la graduale eliminazione degli incentivi che inducono ad un livello superiore di quello socialmente auspicabile di sfruttamento delle risorse, di smaltimento in discarica o dell’inquinamento atmosferico.

A tal fine, viene ricordato, la Legge 221/2015 – art. 68 stabilisce che il MATTM prepari un Catalogo dei sussidi ambientalmente dannosi e dei sussidi ambientalmente favorevoli per informare il processo decisionale. Il primo Catalogo è stato rilasciato nel consegnato nel dicembre 2016. L’importo della spesa pubblica risparmiata potrebbe essere utilizzato per favorire la ricerca o l’implementazione di alternative più pulite.

In realtà, nello scorso luglio è stata rilasciata  una seconda edizione relativa ai dati del 2017 da cui emerge che in Italia i sussidi, intesi nella loro definizione più ampia e comprendenti, tra gli altri, gli incentivi, le agevolazioni, i finanziamenti agevolati e le esenzioni, sono stati pari a:
19,3 miliardi di euro, con ben 16,8 come sussidi alle fonti fossili, a quelli ambientalmente dannosi (SAD);
– 15,2 miliardi di euro, a quelli ambientalmente favorevoli (SAF);

– 6,6 miliardi di euro ad altri sussidi di incerta classificazione.

Promuovere la riforma fiscale ambientale, conclude la nota dedicata all’Italia, significa ridurre la tassazione su input primari abbondanti, come il lavoro, e aumentare le tasse su input e output primari scarsi, quali risorse naturali o inquinamento. Nel complesso, ciò dovrebbe avvenire senza incidere sul bilancio pubblico. L’obiettivo finale è quello di passare all’innovazione tecnologica verso processi di produzione più puliti e ad alta intensità di lavoro.

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