Con un nuovo Rapporto, l’EASAC, l’organismo che raggruppa le accademie delle scienze europee, propone per la decarbonizzazione degli edifici europei di fare riferimento a modelli circolari di costruzione, anziché concentrarsi, come avvenuto finora, sull’efficienza energetica dei nuovi o ristrutturati edifici.
Secondo l’EASAC, questa nozione è superata e l’indicatore da utilizzare ora per valutare l’impatto climatico di un nuovo edificio o di una ristrutturazione dovrebbe essere l’emissione cumulativa di gas serra, comprese le emissioni intrinseche prodotte dalle opere edili e le emissioni di esercizio prodotte dalle costruzioni negli anni successivi a tali lavori.
Gli europei trascorrono la maggior parte del loro tempo all’interno degli edifici, e perciò la qualità dell’ambiente interno può avere un grande effetto nella salute degli occupanti. Può anche influenzare la loro capacità lavorativa e le altre attività svolte. Progettisti e costruttori di edifici possono buono, ma è imprescindibile l’utilizzo di energia per far funzionare riscaldamento, raffrescamento e ventilazione.
Gran parte di questa energia oggi viene fornita utilizzando combustibili fossili, con la conseguenza che il 25% delle emissioni totali di gas serra dell’UE è prodotta dagli edifici, contribuendo ai cambiamenti climatici. Occorre pertanto agire con urgenza per ridurre l’energia necessaria per far funzionare i circa 250 milioni di edifici esistenti all’interno dell’UE, nonché tutti quelli di nuova costruzione. Anche le forniture di energia esistenti dovrebbero essere sostituite con alternative a bassissime emissioni di carbonio.
Sono queste in sintesi le conclusioni del nuovo Rapporto “Decarbonisation of buildings: for climate, health and jobs” dell’EASAC (European Academies Science Advisory Council), l’organismo che raggruppa 29 accademie nazionali della scienze europee (l’Italia è rappresentata dall’Accademia Nazionale dei Lincei) e che si pone l’obiettivo di fornire informazioni indipendenti alla politica su argomenti di carattere scientifico che abbiano delle ripercussioni sociali.
“I responsabili politici si sono concentrati a lungo sulla creazione di edifici ad alta efficienza energetica che riducano la necessità di riscaldamento e condizionamento dell’aria o generino energia rinnovabile in loco – ha affermato il Prof. William Gillet, il Direttore del programma energetico dell’EASAC – Ma l’energia utilizzata per il funzionamento degli edifici è solo una parte della storia. Dobbiamo urgentemente ampliare l’ambito e esaminare le emissioni incorporate nei materiali e nei metodi di costruzione, sia per i nuovi edifici che per quelli da ristrutturare”.
Finora, le politiche dell’UE si sono incentrate sul concetto di “edifici a energia quasi zero” con l’obiettivo di ridurre il consumo di energia utilizzata per fornire comfort agli occupanti dell’edificio. Secondo l’EASAC, questa nozione è superata e l’indicatore da utilizzare ora per valutare l’impatto climatico di un nuovo edificio o di una ristrutturazione dovrebbe essere l’emissione cumulativa di gas serra, comprese le emissioni intrinseche prodotte dalle opere edili e le emissioni di esercizio prodotte dalle costruzioni negli anni successivi a tali lavori.
Dal momento che mancano solo 10 anni prima che si chiuda la porta per limitare il riscaldamento globale a 1,5° C, come sottoscritto nell’Accordo di Parigi, in questo periodo, sottolinea l’EASAC è urgente limitare le emissioni di gas serra durante la ristrutturazione per produrre edifici a emissioni quasi zero.
Il Rapporto sottolinea che la maggior parte dell’ambiente costruito è ancora progettato utilizzando un approccio lineare “prendi, consuma, smaltisci”. La transizione verso un’economia circolare non solo consentirebbe di ridurre il consumo di risorse e l’impronta di carbonio, ma affronterebbe anche il problema dei rifiuti.
“La circolarità ha molte sfaccettature – ha spiegato Prof. Brian Norton, Co-presidente del gruppo di lavoro dell’EASAC – Molti materiali da costruzione possono essere riutilizzati, riciclati e recuperati. Per cominciare, gli edifici e i loro componenti dovrebbero essere progettati per essere facilmente smontati alla fine del loro utilizzo”.
Secondo l’EASAC, piuttosto che costruire nuovi edifici per ridurre le emissioni di gas serra e per raggiungere gli obiettivi climatici europei, la strategia vincente è la ristrutturazione di quelli esistenti, dal momento che con le attuali tecnologie e i processi digitalizzati, rinnovare è diventato molto più semplice e sostenibile.
“Dobbiamo fermare l’attuale pratica di abbattere le strutture per ricostruire da zero – ha continuato Norton – Si stima che il 75% degli edifici in cui vivono gli europei abbia un rendimento energetico scadente. Ristrutturarli richiederebbe 146 milioni di ristrutturazioni in soli 30 anni. Gli attuali sforzi degli Stati membri non sono sufficienti. Raggiungere la neutralità climatica implica la necessità di rinnovare più di 90.000 case a settimana in tutta l’UE. Di per sé è una sfida enorme“.
Nel 2020, la Commissione UE ha presentato la Strategia “Renovation Wave” per promuovere il rinnovamento energetico degli edifici nell’UE, prevedendo la revisione della Direttiva sul rendimento energetico nell’edilizia come uno dei capisaldi di tale strategia.
“Sebbene una Direttiva sulla prestazione energetica degli edifici sia in vigore dal 2002, rifusa nel 2010 e rivista nel 2018 – ha osservato Gillett – i risultati finora sono stati deludenti”.
Gli autori rivolgono le loro raccomandazioni politiche principalmente all’Unione UE, ma chiariscono che i Consigli comunali e gli urbanisti hanno un ruolo fondamentale, influenzando le specifiche degli appalti Possono facilitare l’aggiornamento dei sistemi di teleriscaldamento e teleraffrescamento esistenti o costruirne di nuovi con un uso ottimizzato di energia rinnovabile, tra cui fotovoltaico, pompe di calore, riscaldamento solare e geotermico, calore di scarto e raffrescamento naturale.
“E sono particolarmente ben posizionati – ha aggiunto Norton – per supervisionare i lavori di ristrutturazione degli alloggi sociali e sovvenzionare la profonda ristrutturazione delle abitazioni private ove necessario per ridurre la povertà energetica”.
Di seguito i messaggi chiave ai responsabili politici per rendere più sostenibile il settore dell’edilizia.
1. Eliminare gradualmente i combustibili fossili entro il 2030, aumentare le forniture integrate di elettricità e calore e accelerare la diffusione della cattura e dello stoccaggio del carbonio (CCS).
2. Utilizzare sovvenzioni e incentivi per attivare, sfruttare e ridurre i rischi di finanziamenti privati per ristrutturazioni edilizie profonde nel settore energetico.
3. Regolamentare i livelli di emissioni di gas serra incorporate nei materiali e nei componenti da costruzione e promuovere materiali riciclati, componenti edili riutilizzati e ristrutturazioni anziché demolizioni.
4. Rifocalizzare i regolamenti edilizi, gli schemi di certificazione e gli incentivi per fornire edifici nuovi e ristrutturati che funzionino con emissioni di gas serra quasi pari a zero.
5. Promuovere la salute e il benessere,raddoppiando/triplicando i tassi di ristrutturazione che migliorino la qualità dell’aria, aumentino l’uso della luce solare ed evitino correnti d’aria e surriscaldamento, oltre che ridurre le emissioni di gas serra.
6. Sostenere le autorità pubbliche e le città nei loro impegni di decarbonizzare gli edifici e ridurre la povertà energetica.
7. Espandere e modernizzare il settore edile nei modelli di business circolari con 3 milioni di posti di lavoro in più (compresi lavori di alta qualità) per fornire edifici nuovi e ristrutturati con emissioni di gas serra quasi pari a zero.
8. Migliorare l’accesso per i proprietari di edifici e i professionisti ai dati certificati sulle emissioni di gas ad effetto serra incorporate nei materiali e componenti da costruzione e sulle prestazioni energetiche e di emissione di edifici nuovi e ristrutturati.
9. Aggiornare la legislazione dell’UE (EPBD, EED, RED, ETS, CPD, tassonomia), utilizzando un approccio integrato per eliminare gradualmente i combustibili fossili, aumentare le forniture di energia rinnovabile e ridurre le emissioni cumulative di gas a effetto serra dagli edifici.