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Cambiamenti climatici: valutare gli effetti catastrofici a cascata

Secondo un nuovo Studio condotto da un team internazionale di scienziati si dovrebbe prendere sul serio la comprensione dei rischi che derivano dagli effetti di quelli che i ricercatori chiamano i 4 Cavalieri dei cambiamenti climatici, richiamando quelli dell’Apocalisse: carestia e malnutrizione; condizioni meteorologiche estreme; guerre; malattie trasmesse da vettori.

Il mondo deve prepararsi alla “fine della partita climatica” in modo da comprendere e pianificare meglio gli impatti potenzialmente catastrofici del riscaldamento globale che i governi non hanno ancora preso nella dovuta considerazione.

È l’avvertimento lanciato da ricercatori dell’Università di Cambridge e del Potsdam Institute for Climate Impact Research (PIK) nello StudioClimate Endgame: Exploring catastrophic climate change scenarios”, pubblicato il 1° agosto 2022 sulla prestigiosa rivista PNAS (Proceedings of the National Academy of Science), in cui  hanno delineato ciò che è attualmente noto sulle “conseguenze catastrofiche” dei cambiamenti climatici, riscontrando lacune  di conoscenza.

Mentre i modelli climatici sono sempre più sofisticati e sono in grado di prevedere l’entità del riscaldamento globale in funzione delle emissioni di gas serra, fornendo ai responsabili politici una traiettoria accurata degli aumenti della temperatura globale, sottolineato gli scienziati, meno esplorato è l’impatto a cascata di determinati eventi, come la perdita dei raccolti e delle infrastrutture a causa di eventi meteorologici estremi che sono sempre più frequenti per effetto del riscaldamento globale.

Ci sono molte ragioni per credere che i cambiamenti climatici possano diventare catastrofico, anche a livelli modesti di riscaldamento – ha affermato Luke Kemp del Center for the Study of Existential Risk dell’Università di Cambridge e principale autore dello Studio – I percorsi verso il disastro non si limitano agli impatti diretti delle alte temperature, come gli eventi meteorologici estremi. Effetti a catena come crisi finanziarie, conflitti e nuove epidemie potrebbero innescare altre calamità”.

Kemp ha ricordato che i cambiamenti climatici hanno avuto un ruolo in ogni evento di estinzione di massa nella storia del nostro Pianeta e ha contribuito alla caduta di regni e imperi, plasmando la storia (ndr: Antico Egitto, Roma, Maya, Khmer).

L’analisi proposta prevede un programma di ricerca per aiutare i Governi a pianificare i “casi peggiori”, che includono quelli che i ricercatori chiamano i 4 Cavalieri del riscaldamento climatico, in analogia con quelli dell’Apocalisse di Giovanni, precursori del Giudizio Universale: carestia e malnutrizione, condizioni meteorologiche estreme, guerre e malattie trasmesse da vettori.

I rischi irreversibili e potenzialmente catastrofici causati dai cambiamenti climatici indotti dall’uomo devono essere presi in considerazione nella nostra pianificazione e nelle nostre azioni – ha affermato Johan Rockstrom, Direttore del Potsdam Institute for Climate Impact Research (PIK), noto per aver elaborato la teoria degli “spazi operativi sicuri” (Planetary Boundaries), superati i quali si sistema Pianeta entra in una zona di incertezza e di pericolo, co-autore dello studio – Più impariamo su come funziona il nostro Pianeta, maggiore è il motivo di preoccupazione. Comprendiamo sempre più che il nostro Pianeta è un organismo molto sofisticato e fragile. Dobbiamo fare i conti con l’eventualità di un disastro per evitarlo”.

Gli autori ricordano come l’IPCC in un Rapporto speciale del 2018 si sia soffermato sugli effetti previsti con un riscaldamento globale a +2 °C e a +1,5 °C, secondo quanto previsto dall’Accordo di Parigi, ma l’ultimo Rapporto dell’UNEP indica che con i Piani climatici dei Governi la temperatura della Terra è sulla buona strada per salire fino a 2,7 °C in questo secolo.

Gli autori ritengono che simile cautela sia comprensibile, ma non corrisponde ai rischi e ai potenziali danni posti dai cambiamenti climatici, chiedendo quindi un altro Rapporto speciale dell’IPCC incentrato su “scenari catastrofici dei cambiamenti climatici” simile a quello del 2018.

Nella modellistica utilizzata dai ricercatori le aree di caldo estremo, con una temperatura media annuale di oltre 29 °C, potrebbero interessare 2 miliardi di persone entro il 2070. Queste aree non solo sono alcune delle più densamente popolate, ma anche alcune delle più fragili dal punto di vista politico.

Le temperature medie annuali di 29 °C colpiscono attualmente circa 30 milioni di persone nel fascia geografica che va dal Sahara alla Costa del Golfo – ha evidenziato Chi Xu dell’Università di Nanchino e co-autore dello Studio – Entro il 2070, queste temperature, e le relative conseguenze sociali e politiche, influenzeranno direttamente due potenze nucleari e sette laboratori di massimo contenimento che ospitano i patogeni più pericolosi. C’è un serio potenziale per effetti a catena disastrosi”.

Gli autori evidenziano, inoltre, che l’aumento delle temperature rappresenta una grave minaccia per l’approvvigionamento alimentare globale, con crescenti probabilità di “fallimento del cestino del pane” a causa della siccità come quella che sta attanagliando l’Europa occidentale e dell’ondata di caldo come quella che a marzo-aprile 2022 ha colpito il raccolto di grano, poiché le aree più produttive dal punto di vista agricolo del mondo subirebbero crolli collettivi.

Un clima più caldo ed estremo potrebbe anche creare le condizioni per nuove epidemie poiché gli habitat sia per le persone che per la fauna selvatica si spostano e si restringono.

Collasso climatico globale a cascata (Fonte: PNAS)

Il crollo del clima potrebbe esacerbare altre “minacce interagenti”: dalla crescente disuguaglianza e disinformazione al collasso democratico e persino a nuove forme di armi distruttive dell’IA.

Un possibile futuro evidenziato nel documento riguarda le “guerre calde” in cui superpoteri tecnologicamente avanzati combattono sia per lo spazio di carbonio in diminuzione sia per esperimenti giganti per deviare la luce solare e ridurre le temperature globali.

Una maggiore concentrazione viene sollecitata per identificare tutti i potenziali punti di non ritorno all’interno della “Terra serra”, affermano i ricercatori: dal metano rilasciato dal permafrost che si scioglie alla perdita di foreste che fungono da “pozzi di carbonio” e persino al potenziale estinzione della copertura nuvolosa.

Abbiamo bisogno di uno sforzo interdisciplinare per capire come il cambiamento climatico potrebbe innescare la morbilità e la mortalità umana di massa umana – ha concluso Kristie Ebi, Epidemiologa presso Global Health dell’Università di Seattle (Washington) che ha partecipato allo Studio – Una maggiore consapevolezza degli scenari climatici catastrofici può aiutare a sollecitare l’azione pubblica”.

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