Biodiversità e conservazione

Biodiversità: parola usata in modo inappropriato?

I risultati di uno studio del Gruppo di Lavoro sulla Biodiversità del Consiglio nazionale delle ricerche in collaborazione con il Museo finlandese di Storia Naturale confermano come la parola “biodiversità” sia spesso usata in maniera inappropriata, tanto a livello generalista quanto nel mondo della ricerca scientifica.

Nel bel mezzo di una grave crisi a livello globale di biodiversità, il termine – traduzione dall’inglese biodiversity, a sua volta abbreviazione di biological diversity, coniatoconiato alla fine degli anni ’80 dall’entomologo americano Edward O. Wilson per indicare la grande ricchezza e varietà di vita sulla Terra, intesa come l’insieme di piante, animali e microrganismi che costituiscono gli ecosistemi – è entrata  nella legislazione dell’UE, e inserita nella Costituzione italiana.

Secondo uno Studio del Gruppo di Lavoro sulla Biodiversità del Consiglio nazionale delle ricerche, in collaborazione con il Laboratory for Integrative Biodiversity Research del Finnish Museum of Natural History, pubblicato il 23 gennaio 2023 su Current Biolology, la parola “biodiversità”,  tuttavia viene spesso usata in maniera inappropriata, tanto a livello generalista quanto nel mondo della ricerca scientifica.

Utilizzando un campione casuale di documenti con la parola “biodiversità” nel titolo per avere una visione d’insieme dell’uso di questo termine, i ricercatori hanno scoperto che, nonostante i miglioramenti negli strumenti analitici, nelle tecnologie di monitoraggio e nella disponibilità dei dati, l’ambito tassonomico degli articoli di ricerca non è aumentato negli ultimi anni e che gli studi con una portata tassonomica più ampia attirano più citazioni e attenzione online.  

Proprio per il grande interesse mediatico che riveste il tema della conservazione e gestione della natura, il termine ‘biodiversità’ rischia di venire abusato – ha affermato Stefano Mammola, ricercatore dell’Istituto di ricerca sulle acque del Consiglio nazionale delle ricerche di Verbania (CNR-IRSA) e membro del Gruppo di Lavoro Biodiversità del Dipartimento scienze del sistema terra e tecnologie per l’ambiente (CNR-DESSTA) – Ad esempio, la nostra analisi mostra che circa un quinto degli articoli scientifici che usano la parola ‘biodiversità nel titolo non la misurano in alcun modo, mentre i restanti articoli che, invece, calcolano sul campo la diversità biologica, in media considerano solo una porzione piccolissima della biodiversità esistente nella zona, circa il 3%, con pochi articoli maggiormente comprensivi, che arrivano a contemplare il 40% dell’insieme delle forme viventi di una data regione”.

L’articolo mostra anche, in dettaglio, le marcate differenze che si registrano tra gruppi di organismi: i vertebrati, ad esempio, vengono studiati molto di più di altri organismi; ulteriori differenze si registrano anche tra aree geografiche (percentuali minori in Africa e Sudamerica), tipo di habitat (minore in habitat terrestri rispetto a habitat acquatici), e tipo di analisi (sorprendentemente, minore biodiversità quando si usano i big data).

Questa tendenza può rivelarsi rischiosa in quanto non restituisce la complessità del concetto di ‘biodiversità’ e dei servizi ecosistemici da cui dipendiamo – ha aggiunto Diego Fontaneto (CNR-IRSA) – È importante, invece, stabilire una linea comune per porre in essere azioni di salvaguardia di questo patrimonio: il CNR è impegnato in questa direzione sia con il Gruppo di Lavoro “Biodiversità” sia con altre importanti iniziative, come il National Biodiversity Future Center istituito recentemente grazie a fondi del PNRR. L’obiettivo è quello di valorizzare la biodiversità e renderla un elemento centrale su cui fondare lo sviluppo sostenibile”.

I risultati dello Studio hanno ampie ramificazioni per comprendere come l’estrapolazione da studi con portata tassonomica ristretta influisca sulla nostra visione della biodiversità globale e della sua conservazione.

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