Diffusi a supporto e corredo delle proposte del “Green Act” di Legambiente, gli indicatori per capire l’Italia del Rapporto “Ambiente Italia 2015” sottolineano che, nonostante la mancanza di politiche pubbliche e di investimenti mirati, nel nostro Paese vi è una potenzialità che aspetta solo un adeguato “sistema” per far emergere l’eccellenza delle nostre imprese.
In occasione del Convegno organizzato a Roma il 26 febbraio 2015 da Legambiente per presentare le sue proposte per “Il Green Act che serve all’Italia”, l’Associazione ambientalista, a corredo delle sue proposte, ha diffuso l’annuale Rapporto sullo stato del Paese: “Ambiente Italia 2015, gli indicatori per capire l’Italia. Analisi e idee per uscire dalla crisi”, curato da Duccio Bianchi che fino al 2009 è stato Direttore e Amministratore delegato di Ambiente Italia Srl, una delle principali società nazionali di consulenza e pianificazione ambientale, e da Edoardo Zanchini, Vicepresidente e Responsabile dei settori energia e trasporti di Legambiente.
Grazie ai numerosi dati raccolti e al quadro tracciato dagli indicatori è possibile capire l’Italia di oggi e immaginare quella di domani: crescita economica; sviluppo e diseguaglianze; economia e educazione; energia e trasporti; ambiente e turismo; agricoltura e beni culturali; cambiamenti nelle società e nel territorio.
I cambiamenti e le tendenze in atto nel nostro Paese vengono letti sia con riferimento alla situazione di altre nazioni europee sia nell’ambito di un orizzonte temporale che guarda a prima della crisi del 2008.
“Va infatti sottolineato come molte fra le tendenze individuate affondino le loro radici in scelte sbagliate o in occasioni sprecate – sottolinea Legambiente – Solo partendo da questa consapevolezza, è possibile costruire una ripresa verde dell’economia e della società italiana. Quel che è straordinario è che tutto ciò è avvenuto in assenza di politiche pubbliche e di investimenti mirati tanto che in Italia alcune questioni ambientali continuano a ripresentarsi sostanzialmente senza soluzione”.
Nel 2014 le persone occupate sono meno del 56% della popolazione tra i 15 e i 64 anni, con una distanza notevole dall’Unione Europea (65,5%), e ancora più accentuata è la differenza nel tasso di occupazione femminile (46%).
Secondo il Rapporto, recessione e politiche di austerità hanno causato l’incremento delle persone in condizioni di deprivazione materiale e di esclusione sociale, con una incidenza molto accentuata nel Mezzogiorno (46% della popolazione).
Sono cresciute le diseguaglianze nella distribuzione del reddito. In Italia il 10% più povero detiene il 2,2% dei redditi, mentre il 10% più ricco ne detiene il 24,6%. Cala drammaticamente la qualità del capitale umano: l’Italia è, tra i 28 paesi dell’UE, quello con il più basso tasso di istruzione universitaria tra i giovani e uno dei cinque (con Spagna, Malta, Portogallo e Romania) con il più alto tasso di giovani (18-24 anni) che non frequentano o che sono privi di un titolo di studio di scuola media secondaria.
Eppure, l’Italia continua ad essere il 2° Paese manifatturiero dell’UE, come confermato dall’Istat nel “Rapporto sulla competitività dei settori produttivi”, pubblicato il 27 febbraio 2015, dove al Capitolo dedicato a “La struttura di relazioni tra manifattura e servizi alle imprese in un contesto europeo” si osserva che “l’Italia è, dopo la Germania, il Paese con la maggiore attivazione di servizi alle imprese da parte della manifattura”.
Inoltre, sono numerose le imprese italiane che costituiscono delle eccellenze nella produzione di beni e servizi di qualità e che sono disponibili alla sviluppo dell’eco-innovazione, come indicato nell’altro recente Rapporto “Le imprese della green economy”, realizzato da FoSS ed ENEA.
Se questo tessuto produttivo non riesce ad emergere in tutta la sua potenzialità, è solo per l’inadeguatezza di “sistema”.
Secondo il Rapporto “Ambiente Italia 2015”, siamo a un passaggio cruciale, perché il cambiamento realizzato in questi anni va accompagnato con investimenti in interventi, certezze, trasparenza delle procedure, legalità.
“L’Italia ha la possibilità di trovare un proprio spazio originale nella globalizzazione valorizzando quelle risorse, vocazioni e talenti che tutto il mondo ci invidia – ha sottolineato Zanchini – Ossia di un Paese che ha meno dell’1% della popolazione mondiale ma che ha, per la sua posizione nel Mediterraneo e le sue risorse materiali e immateriali, ottime carte da giocare”.
Infatti, nonostante la mancanza di politiche pubbliche e di investimenti mirati è in atto una conversione ecologia, come dimostrano alcuni settori, come quelli della produzione di energia e del risparmio di risorse con un’oculata gestione del ciclo dei rifiuti.
“Nel 2014 gli oltre 600.000 impianti a fonti rinnovabili diffusi in ogni comune hanno garantito il 37% dei consumi – ha chiosato il Vicepresidente di Legambiente – In 1.328 comuni italiani è stato superato il 65% di raccolta differenziata, con anche grandi comuni come Milano oltre il 50% e risultati eccellenti in molti comuni meridionali piccoli e grandi, come Salerno”.
Nella prospettiva di sviluppo, inoltre, i cittadini sono pronti a cambiare stile di vita, nella mobilità come nell’alimentazione: lo dimostrano il successo delle biciclette, quello del biologico e dei prodotti a filiera corta. E ancora il crescente numero di comuni rinnovabili, comuni ricicloni, alberghi ecologici. C’è un Paese, insomma, che reagisce e che sta già costruendo l’Italia del futuro.