Pubblicato su PNAS uno Studio a cui hanno dato il maggior contributo ricercatori italiani dell’Icb-Cnr di Pozzuoli e dell’Università Federico II di Napoli – Dipartimento di Biologia mette in crisi la tradizionale distinzione tra i sensi, olfatto e gusto, basata su criteri spaziali.
“È un tempio la Natura ove viventi
pilastri a volte confuse parole
mandano fuori;
la attraversa l’uomo tra foreste di simboli dagli occhi
familiari. I profumi e i colori
e i suoni si rispondono come echi
lunghi che di lontano si confondono
in unità profonda e tenebrosa,
vasta come la notte ed il chiarore.
Esistono profumi freschi come
carni di bimbo, dolci come gli òboi,
e verdi come praterie; e degli altri
corrotti, ricchi e trionfanti, che hanno
l’espansione propria alle infinite
cose, come l’incenso, l’ambra, il muschio,
il benzoino, e cantano dei sensi
e dell’anima i lunghi rapimenti.“
(Charles Baudelaire, Correspondences, in Fleurs du Mal, 1857 – Traduzione di Luigi De Nardis, Milano, Feltrinelli, 1964)
I risultati dello Studio “Volatile secondary metabolites as aposematic olfactory signals and defensive weapons in aquatic environments“, pubblicato sulla prestigiosa Rivista Proceedings of the National Academy of Sciences (PNAS) evocano la famosa poesia di Baudelaire, che molti ricorderanno per esser stata studiata e commentata quale Manifesto della poetica decadente che ha utilizzato la sinestesia come chiave di volta di interpretazione dell’universo.
Tradizionalmente, l’olfatto è considerato un senso “a distanza” mentre il gusto è trattato come un senso “per contatto”.
Secondo gli autori dello Studio, svolto nell’ambito di una collaborazione multidisciplinare tra l’Istituto di Chimica Biomolecolare del Consiglio Nazionale delle Ricerche (Icb-Cnr) di Pozzuoli, l’Università di Napoli “Federico II” – Dipartimento di Biologia ed altre Università straniere, tale distinzione sarebbe basata prevalentemente sulle percezioni umane, mentre nel mondo acquatico l’olfatto di crostacei e pesci è limitato alla sola percezione a distanza di sostanze solubili in acqua.
La ricerca è partita dallo studio chimico di due invertebrati marini del Mediterraneo, l’alcionaceo “Maasella edwardsi” ed il mollusco nudibranco “Tritonia striata“, che ha portato all’isolamento di sostanze volatili ed insolubili in acqua (furanosesquiterpeni idrofobi), già note per contribuire all’odore speziato di piante terrestri come la curcuma e la mirra, che svolgono un ruolo difensivo, rendendo “disgustosi” gli animali che le contengono e quindi proteggendoli dall’attacco di possibili predatori.
“Lo studio ha mostrato che le sostanze devono essere ‘toccate’ dalle parti boccali chemiosensoriali di pesci e crostacei perché essi possano riconoscerne l’odore come segnale di non-commestibilità, secondo il fenomeno conosciuto come aposematismo olfattivo – ha spiegato Ernesto Mollo dell’Icb-Cnr che ha coordinato la ricerca – Si è poi osservato che l’avversione a tali odori è rinforzata dalla memoria di effetti tossici sia in un gambero che in un pesce zebra, un modello di vertebrato acquatico ampiamente utilizzato per studi eco-tossicologici. Entrambi gli animali, infatti, imparano ad evitare gli odori associati ad esperienze negative (apprendimento evitativo)“.
Durante gli esperimenti gli animali hanno avvertito la presenza di determinati elementi solo dopo aver ripetutamente “toccato” il cibo con la bocca, che ha funzionato quindi da vero e proprio naso.
“Questo fatto, chiaramente illustrato da alcuni filmati allegati all’articolo implica che sostanze odorose tipicamente trasportate dall’aria fino a penetrare nel naso di animali terrestri, vengono invece direttamente a contatto con i recettori olfattivi di organismi acquatici – ha proseguito Mollo – Di conseguenza, alla luce dei nostri risultati le parole ‘olfatto’ e ‘gusto’ perdono il loro significato tradizionale basato su criteri spaziali“. L’osservazione di una forma “tattile” di olfatto, mai descritta precedentemente in letteratura, sembra preludere ad una ridefinizione dei sensi chimici, basata sulle sostanze e sui recettori coinvolti nella percezione sensoriale, piuttosto che sulla loro portata a distanza.
“Un cambiamento di pensiero, di paradigma“… che in qualche modo i poeti avevano anticipato.
In copertina: Un comune gamberetto usa le sue chele per esplorare il fondale marino, staccarne frammenti, e portarli a contatto con l’apparato boccale. È la sua bocca, quindi, che funziona da “naso acquatico” permettendo al crostaceo di rilevare la presenza di odori insolubili in acqua (Foto:Immagine realizzata da G. Villani, P. Amodeo ed E. Mollo