Un Rapporto del PIK, in collaborazione con l’UNCCD, lanciato alla Conferenza delle Parti (COP16) in svolgimento in Arabia Saudita (Riad, 2-13 dicembre 2024), evidenzia come il degrado del suolo mini la biodiversità, acceleri gli impatti climatici e metta a repentaglio l’agricoltura, la sicurezza alimentare e i mezzi di sussistenza in tutto il mondo, e che solo la gestione del suolo entro il quadro dei confini planetari può evitare il tracollo dei componenti del sistema Terra e della sopravvivenza umana.
– Il degrado del territorio compromette la capacità della Terra di sostenere l’umanità.
– Se non si riuscirà a invertire questa tendenza, si creeranno sfide per generazioni.
– Sette dei nove confini planetari sono negativamente influenzati dall’uso non sostenibile del suolo.
– Evidente il ruolo centrale della terra nei sistemi terrestri.
– L’agricoltura è responsabile del 23% delle emissioni di gas serra, dell’80% della deforestazione e del 70% dell’uso di acqua dolce.
– La perdita di foreste e l’impoverimento dei terreni causano fame, migrazioni e conflitti.
– La trasformazione dell’uso del suolo è fondamentale affinché l’umanità prosperi entro i limiti ambientali.
Sono gli highlights del Rapporto“Stepping back from the precipice: Transforming land management to stay within planetary boundaries” lanciato alla Conferenza delle Parti della Convenzione delle Nazioni Unite per combattere la desertificazione e la siccità(UNCDD-COP16), in svolgimentoin Arabia Saudita (Riad, 2-13 dicembre 2024), e coordinato da Johan Rockström, Direttore del Potsdam Institute for Climate Impact Research (PIK), conosciuto a livello internazionale per aver proposto nel 2009 il Quadro Planetary Boundaries, i limiti planetari che l’essere umano deve rispettare per mantenere stabili le condizioni che gli hanno permesso prosperare.
Il Rapporto che attinge a circa 350 fonti di informazioni, mette in evidenza come il suolo sia il fondamento di stabilità della Terra, regola il clima, preserva la biodiversità, mantiene i sistemi di acqua dolce e fornisce risorse vitali, tra cui cibo, acqua e materie prime.
Tuttavia, la deforestazione, l’urbanizzazione e l’agricoltura non sostenibile stanno causando un degrado del territorio su scala senza precedenti, minacciando non solo i diversi componenti del sistema Terra, ma anche la sopravvivenza stessa dell’uomo.
Inoltre, il deterioramento delle foreste e dei suoli compromette la capacità della Terra di far fronte alle crisi climatiche e della biodiversità, che a loro volta accelerano il degrado del territorio in un circolo vizioso di impatti negativi.
“Se non riconosciamo il ruolo fondamentale della terra e non adottiamo misure appropriate – ha dichiarato il Segretario esecutivo dell’UNCCD, Ibrahim Thiaw – le conseguenze si ripercuoteranno su ogni aspetto della vita e si estenderanno nel futuro, intensificando le difficoltà per le generazioni future“.
Oggi il degrado del territorio che compromette la sicurezza alimentare, scatena le migrazioni e alimenta i conflitti interessa un’area globale, pari a circa 15 milioni di km2, ovvero più dell’intero continente Antartide o quasi le dimensioni della Russia, e aumenta ogni anno di circa un milione di km2 quadrati.
Confini planetari
Il Rapporto analizza sia i problemi sia le potenziali soluzioni relative all’uso del suolo all’interno delle 9 soglie critiche che non bisogna superare per mantenere la stabilità della Terra. Il modo in cui l’umanità usa o abusa del territorio ha un impatto diretto su 7 di queste, tra cui il cambiamento climatico, la perdita di specie e la vitalità degli ecosistemi, i sistemi di acqua dolce e la circolazione di elementi naturali come azoto e fosforo. Anche il cambiamento nell’uso del territorio è un confine planetario.
In modo allarmante, 6 limiti sono già stati violati fino ad oggi, e altri 2 sono prossimi alle soglie: l’acidificazione degli oceani e la concentrazione di aerosol nell’atmosfera. Solo l’ozono stratosferico, oggetto di un trattato del 1989 per ridurre le sostanze chimiche che impoveriscono l’ozono, è saldamente all’interno del suo “spazio operativo sicuro”.
“L’obiettivo del quadro dei limiti planetari è quello di fornire una misura per raggiungere il benessere umano entro i limiti ecologici della Terra – ha affermato Rockström – Siamo sull’orlo del precipizio e dobbiamo decidere se fare un passo indietro e intraprendere azioni trasformative o continuare su un percorso di cambiamento ambientale irreversibile“.
Il parametro di riferimento per l’uso del suolo, ad esempio, è l’estensione delle foreste del mondo prima di un impatto umano significativo. Una copertura sopra il 75% ci mantiene entro limiti sicuri, ma si è già al 60% rispetto all’area, secondo l’ultimo aggiornamento del framework dei confini planetari di Katherine Richardson e colleghi.
Fino a poco tempo fa, gli ecosistemi terrestri assorbivano quasi un terzo dell’inquinamento da CO2 causato dall’uomo, nonostante le emissioni fossero aumentate della metà. Tuttavia, nell’ultimo decennio, la deforestazione e il cambiamento climatico hanno ridotto del 20% la capacità degli alberi e del suolo di assorbire l’eccesso di CO2.
Pratiche agricole non sostenibili
L’agricoltura convenzionale è la principale responsabile del degrado del territorio, contribuendo alla deforestazione, all’erosione del suolo e all’inquinamento. Le pratiche di irrigazione non sostenibili impoveriscono le risorse di acqua dolce, mentre l’uso eccessivo di fertilizzanti a base di azoto e fosforo destabilizza gli ecosistemi.
I terreni degradati riducono le rese delle colture e la qualità nutrizionale, con un impatto diretto sui mezzi di sostentamento delle popolazioni vulnerabili. Gli effetti secondari includono una maggiore dipendenza dagli input chimici e una maggiore conversione dei terreni per l’agricoltura.
Il tristemente famoso Dust Bowl degli anni ’30 fu il risultato di cambiamenti su vasta scala nell’uso del territorio e di un’inadeguata sua conservazione.
Oggi le aree più colpite dal degrado del territorio sono dovute alla produzione agricola intensiva e alle elevate esigenze di irrigazione, in particolare nelle regioni aride come l’Asia meridionale, la Cina settentrionale, le alte pianure degli Stati Uniti, la California e il Mediterraneo.
Nel frattempo, il cambiamento climatico, che ha da tempo violato i propri confini planetari, accelera il degrado del territorio attraverso eventi meteorologici estremi, siccità prolungate e inondazioni intensificate. Lo scioglimento dei ghiacciai montani e l’alterazione dei cicli dell’acqua accrescono le vulnerabilità, soprattutto nelle regioni aride.
La rapida urbanizzazione intensifica queste sfide, contribuendo alla distruzione dell’habitat, all’inquinamento e alla perdita di biodiversità.
Gli impatti del degrado del suolo colpiscono in modo sproporzionato i paesi tropicali e a basso reddito, sia perché hanno una minore resilienza, sia perché gli impatti sono concentrati nelle regioni tropicali e aride. Anche le donne, i giovani, i popoli indigeni e le comunità locali sopportano il peso del declino ambientale. Le donne affrontano carichi di lavoro maggiori e rischi per la salute, mentre i bambini soffrono di malnutrizione e battute d’arresto nell’istruzione.
Una governance debole e la corruzione che favorisce la deforestazione illegale e lo sfruttamento delle risorse, esacerbano queste sfide, perpetuando cicli di degrado e disuguaglianza.
Secondo l’iniziativa Prindex, quasi un miliardo di persone non ha un regime fondiario sicuro, con la concentrazione più alta nel Nord Africa (28%), nell’Africa sub-sahariana (26%) e nell’Asia meridionale e sud-orientale. La paura di perdere la propria casa o la propria terra mina gli sforzi per promuovere pratiche sostenibili.
I sussidi agricoli spesso incentivano pratiche dannose, alimentando l’uso eccessivo di acqua e squilibri biogeochimici. Allineare questi sussidi con gli obiettivi di sostenibilità è fondamentale per una gestione efficace del territorio. Dal 2013 al 2018, più di mezzo trilione di dollari sono stati spesi in tali sussidi in 88 Paesi, secondo un rapporto di FAO, UNDP e UNEP del 2021, ma quasi il 90% è andato a pratiche inefficienti e ingiuste che hanno danneggiato l’ambiente.
Azione trasformativa
Sono necessarie azioni trasformative per combattere il degrado del territorio, per garantire un ritorno allo spazio operativo sicuro per i confini planetari basati sulla terraferma. Proprio come i confini planetari sono interconnessi, così devono essere le azioni per prevenire o rallentare la loro trasgressione.
I princìpi di equità e giustizia sono fondamentali quando si progettano e si attuano azioni trasformative volte a fermare il degrado del territorio, garantendo che i benefici e gli oneri siano distribuiti equamente.
La riforma dell’agricoltura, la protezione del suolo, la gestione delle risorse idriche, le soluzioni digitali, le filiere di approvvigionamento sostenibili o “verdi”, la governance equa del territorio, insieme alla protezione e al ripristino delle foreste, delle praterie, delle savane e delle torbiere, sono fondamentali per arrestare e invertire il degrado del territorio e del suolo.
L’agricoltura rigenerativa è definita principalmente dai suoi risultati, tra cui il miglioramento della salute del suolo, il sequestro del carbonio e il potenziamento della biodiversità. L’agroecologia enfatizza la gestione olistica del territorio, inclusa l’integrazione di gestione forestale, delle colture e del bestiame.
La rigenerazione dei boschi, l’agricoltura senza aratura, la gestione dei nutrienti, il miglioramento del pascolo, la conservazione e la raccolta dell’acqua, l’irrigazione efficiente, le colture consociate, i fertilizzanti organici, il miglioramento dell’uso del compost e del biochar sono tutti fattori che possono aumentare il carbonio nel suolo e incrementare le rese.
Le savane sono gravemente minacciate dal degrado del territorio indotto dall’uomo, ma sono essenziali per il benessere ecologico e umano. Importante riserva di biodiversità e carbonio, coprono il 20% della superficie terrestre della Terra, ma vengono perdute sempre di più a causa dell’espansione delle terre coltivabili e dell’imboschimento mal concepito.
L’attuale tasso di estrazione delle acque sotterranee supera il riempimento del 47% delle falde acquifere globali, pertanto un’irrigazione più efficiente è fondamentale per ridurre l’uso di acqua dolce in agricoltura.
A livello globale, il settore idrico deve continuare a spostarsi dalle infrastrutture “grigie” (dighe, bacini idrici, canali, impianti di trattamento) a quelle “verdi” (riforestazione, ripristino delle pianure alluvionali, conservazione delle foreste o ricarica delle falde acquifere).
È inoltre essenziale una distribuzione più efficiente di fertilizzanti chimici: attualmente, solo il 46% dell’azoto e il 66% del fosforo applicati come fertilizzanti vengono assorbiti dalle colture. Il resto defluisce in bacini di acqua dolce e aree costiere con conseguenze disastrose per l’ambiente.
Nuove tecnologie
Le nuove tecnologie, abbinate ai big data e all’intelligenza artificiale, hanno reso possibili innovazioni come l’agricoltura di precisione, il telerilevamento e i droni che rilevano e combattono il degrado del suolo in tempo reale. I vantaggi derivano anche dall’applicazione precisa di acqua, nutrienti e pesticidi, insieme al rilevamento precoce di parassiti e malattie.
Plantix, un’app gratuita disponibile in 18 lingue, può rilevare quasi 700 parassiti e malattie su più di 80 colture diverse. Le cucine solari migliorate possono fornire alle famiglie fonti di reddito aggiuntive e migliorare i mezzi di sostentamento, riducendo al contempo la dipendenza dalle risorse forestali.
Sono inoltre necessari interventi normativi, una governance territoriale più forte, la formalizzazione della proprietà terriera e una maggiore trasparenza aziendale sugli impatti ambientali.
Esistono numerosi accordi multilaterali sul cambiamento del sistema territoriale, ma sono stati in gran parte inefficaci. La Dichiarazione di Glasgow per fermare la deforestazione e il degrado del territorio entro il 2030 è stata firmata da 145 paesi alla COP26, ma da allora la deforestazione è aumentata.
Proteggere le torbiere e riumidificare il 60% di quelle già degradate potrebbe trasformare tali ecosistemi in un pozzo o spugna di gas serra entro la fine del secolo. Attualmente, le torbiere danneggiate rappresentano dal 4% al 5% delle emissioni globali di gas serra, secondo la IUCN.