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Specie invasive: quelle del Mediterraneo raccontate dai pescatori

Uno Studio coordinato dall’ISPRA, raccontando la distribuzione delle specie invasive ed indigene del Mediterraneo, mostra come gli ecosistemi dei nostri mari stiano cambiando per effetto dei cambiamenti climatici e delle attività antropiche.

Alla vigilia della Giornata internazionale per la biodiversità , sulla Rivista Global Change Biology è stato pubblicato lo StudioClimate change, biological invasions, and the shifting distribution of Mediterranean fishes: A largescale survey based on local ecological knowledge” che raccoglie le testimonianze di oltre 500 pescatori di 95 località di 9 Paesi del bacino mediterraneo (Italia, Albania, Montenegro, Tunisia, Grecia, Cipro, Libano, Slovenia e Turchia), che raccontano come il nostro Mediterraneo stia cambiando rapidamente sotto la spinta del riscaldamento globale e delle specie invasive.

Lo Studio, coordinato dall’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA) e al quale hanno collaborato 22 gruppi di ricerca, è stato condotto nell’ambito del Progetto europeo MPA-ADAPT (Programma Interreg MED), che si conclude in questo mese e che è stato finanziato per l’85% dal Fondo europeo di sviluppo regionale (Fesr).
Il clima del Mediterraneo subirà cambiamenti rapidi nei prossimi decenni e alcuni effetti sono già osservabili negli ambienti costieri mediterranei e nelle aree marine protette (AMP) – sottolinea l’ISPRA – Monitorare e comprendere queste trasformazioni è oggi una necessità essenziale per incrementare la resilienza delle comunità costiere e tutelare la biodiversità marina, attraverso un percorso di gestione adattativa“.

La distribuzione spaziale delle interviste, le esperienze di pesca degli intervistati (anni) e gli attrezzi di pesca impiegati

La condivisione delle conoscenze di pescatori di diversi Paesi ha permesso ai ricercatori di ricostruire recenti cambiamenti di distribuzione di 75 specie ittiche del Mediterraneo, come alcune specie native quali il pesce serra (Pomatomus saltatrix), il barracuda (Sphyraena viridensis) e il pesce pappagallo mediterraneo (Sparisoma cretense), che si sono espanse verso nord approfittando di condizioni climatiche più favorevoli.

Ci sono poi specie invasive tropicali, come i pesci coniglio (Siganus luridus e S. rivulatus), il pesce palla maculato (Lagocephalus sceleratus) ed il pesce scorpione (Pterois miles), che hanno attraversato il canale di Suez, causando severi impatti ecologici e socio-economici.

L’osservazione di queste specie invasive ed indigene, documentarne i cambiamenti nella distribuzione e abbondanza equivale a testimoniare le trasformazioni epocali dei nostri mari. Questo bagaglio di conoscenze è oggi trasformato in dati e raccolto in un unico dataset che cumulativamente corrisponde a più di 15 mila anni di esperienze in mare. L’ approccio utilizzato valorizza quindi le osservazioni e le conoscenze di esperti che tutti i giorni vivono a stretto contatto con la natura ed interagiscono con i suoi abitanti. Un sapere riconosciuto solo di recente dal mondo scientifico ed indicato in gergo con il termine Local Ecological Knowledge (Conoscenza Ecologica Locale) o LEK.

Lo Studio dimostra per la prima volta come la LEK possa essere un valido strumento di monitoraggio su grande scala geografica, e, al contempo, può essere considerato come un prezioso esempio di cooperazione internazionale in un periodo estremamente critico per la storia del Mediterraneo (qui il video tutorial del Protocollo LEK).

Questa partnership tra comunità locali e ricerca scientifica offre oggi nuove possibilità per comprendere e gestire le problematiche ambientali del terzo millennio.

La Conferenza finale del Progetto MPA-ADAPT si terrà a Barcellona il 4-5 giugno 2019, con l’obiettivo di promuovere un dialogo incentrato sulle politiche tra i principali soggetti interessati alla gestione delle Aree Marine Protette (manager, scienziati, politici, attori socio-economici locali e privati interessati alla citizen science).
Anche se non sono stati intervistati i pescatori nella penisola iberica, molte delle osservazioni sono comuni a quanto osservato sulla costa spagnola – ha affermato Joaquim Garrabou, Ricercatore senior dell’Istituto di Scienze del Mare di Barcellona e coordinatore del Programma Interreg MED – Così, anche nelle acque fredde del Golfo di León si osservano cambiamenti nella distribuzione delle aree fredde, come nell’Egeo o nell’Adriatico. Il cambiamento climatico e l’attività umana sono due delle cause della ridistribuzione delle specie viventi in tutto Pianeta. Gli effetti dei modelli di distribuzione sono visibili in tutta la costa mediterranea, comprese le aree marine protette, dove è necessario adottare misure contro questo problema per preservare gli ecosistemi”.

Immagine di copertina:  Una campionatura di specie sui fondali sabbiosi dell’isola di Rodi (Mar Egeo Sud-orientale) con un gran numero di pesce palla maculato (Lagocephalus sceleratus) Fonte: “The ongoing shift of Mediterranean coastal fish assemblages and the spread of non-indigenous species” (DOI: 10.5772/50845).

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