Biodiversità e conservazione Fauna

Stock ittici: si spostano più veloci delle normative per la loro allocazione

Stock ittici

Secondo uno Studio condotto da un team internazionale di ecologisti marini, pescatori, sociologi e avvocati, il sistema mondiale di ripartizione delle quote di allocazione degli stock ittici rischia di essere superato dalla velocità con cui le specie si stanno dirigendo verso altre aree sotto l’incalzare dei cambiamenti climatici.

I pesci in fuga dalle acque che aumentano di temperatura, stanno superando i loro tradizionali areali di distribuzione e con essi i confini politici geografici, aggiungendo nuovi attori sulla scena delle attività di pesca– ha sottolineato William Cheung, Professore associato presso l’Istituto per gli oceani e la pesca della University of British Columbia (Canada) e co-autore di “Preparing ocean governance for species on the move”  , pubblicato sul numero del 15 giugno 2018 di Science – Senza un meccanismo prestabilito per accogliere e condividere questi nuovi e inaspettati azionisti della pesca, potremmo assistere a diverse dispute internazionali per l’assegnazione delle risorse alieutiche”.

Lo Studio ricorda la disputa negli anni ’80 e ’90 tra il Canada e gli Stati Uniti dopo che il riscaldamento delle temperature regionali aveva determinato il cambiamento nelle modalità di migrazione da parte del salmone del Pacifico. I pescherecci statunitensi intercettavano il salmone che si dirigeva verso il Canada, mentre per ritorsione i pescatori canadesi catturavano i salmoni nel periodo di migrazione verso i fiumi statunitensi per la deposizione delle uova. Solo dopo 6 anni si era trovata una soluzione per un accordo sulla gestione congiunta.

Qualche anno prima c’era stata la guerra del merluzzo quando pescatori islandesi ed inglesi si scontrarono duramente per il controllo dei ricchi banchi di pesca, con l’intervento addirittura di navi militari. In seguito, nel 2007 era insorta anche quella del maccarello atlantico (sgombro) , con dispute giuridiche internazionali per dirimere le controversie tra alcuni dei Governi più stabili del mondo, quando il riscaldamento delle acque aveva guidato verso le acque territoriali dell’Islanda gli stock della specie, che in precedenza erano catturate da pescherecci danesi e scozzesi. Proprio queste tensioni avevano congelato di fatto la richiesta dell’Islanda di entrare a far parte dell’UE, mentre gli islandesi non si erano rammaricati dello stallo per il timore che aderendo all’Unione avrebbero dovuto sottostare a rispettare quote di pesca.

I pesci non hanno passaporto, non conoscono confini politici e tenderanno a seguire il loro habitat naturale – ha osservato Gabriel Reygondeau, borsista postdottorato alla UBC e co-autore anche lui dello Studio –Sfortunatamente, il potenziale cambiamento nella distribuzione di specie di alto valore tra due Paesi vicini rappresenterà una sfida per la gestione della pesca che richiederà nuovi trattati per affrontare gli stock ittici transfrontalieri“.

Il numero di Zone Economiche Esclusive (EEZ) con nuovi stock transnazionali per effetto del riscaldamento globale, secondo scenari di elevate emissioni di gas serra (RCP8.5, in rosso) o basse (RCP2.6, in blu). Fonte : J. You / Science

Lo studio ha analizzato 892 stock ittici di tutto il mondo, utilizzando modelli sviluppati da Cheung e dal suo team della UBC, che mostrano come i cambiamenti climatici in atto stanno dirigendo molte specie ittiche verso i Poli. In particolare, lo Studio prevede che oltre 70 Paesi vedranno entrare nelle proprie acque territoriali entro il 2100 nuovi stock ittici, qualora le emissioni di gas ad effetto serra dovessero proseguire sulla loro attuale traiettoria. A quel punto molti Paesi, grazie ai cambiamenti climatici potrebbero veder aumentare di più di un terzo le proprie catture nazionali per la presenza di stock ittici che qualche anno prima non c’erano nelle proprie acque territoriali.

La maggior parte delle persone non capisce che il diritto di raccogliere particolari specie ittiche è deciso dalle organizzazioni nazionali e regionali di gestione della pesca – ha detto affermato Malin Pinsky, Professore di ecologia, evoluzione e risorse naturali presso la Scuola di Scienze Ambientali e Biologiche della Rutgers University (New Jersey) e principale autore dello Studio – Queste organizzazioni hanno definito le regole sulla base del fatto che determinate specie di pesci vivono in particolari acque e non si spostano molto, ma ora sappiamo che si stanno muovendo velocemente perché i cambiamenti climatici stanno riscaldando le temperature degli oceani“.

Lo studio suggerisce che i Governi dovrebbero implementare soluzioni fino d’ora per evitare conflitti, come consentire il commercio di permessi di pesca o cedere quote. Un po’ come avviene per il meccanismo di scambio e vendita delle quote di emissione della CO2.

L’alternativa a tali negoziati sarebbe decisamente triste, perché oltre alle tensioni internazionali, ne conseguirebbe anche il sovrasfruttamento (overfishing) con conseguente riduzione dell’offerta di cibo, dei profitti e dei posti di lavoro.

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