Risorse e rifiuti

Sfalci e potature ritorneranno nei rifiuti urbani con la Legge europea 2018

sfalci e potature

Con una nota del 15 marzo 2018 a firma del Direttore generale Mariano Grillo in risposta ad una sollecitazione di alcuni parlamentari, il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio informa i richiedenti che per evitare la procedura di infrazione, nel Disegno di Legge europea 2018 verrà proposto di cambiare la norma introdotta con l’Art. 41 della Legge 28 luglio 2016 (il cosiddetto “Collegato Agricoltura”, che, modificando l’Art. 185 del D.Lgs. 152/2006 (il Testo Unico Ambientale), aveva fatto uscire dai rifiuti urbani gli sfalci e le potature.

Nell’occasione avevamo dato espressione alle perplessità che tale norma aveva suscitato, non essendo prevista dalla Direttiva 2008/98/CE che include tra i “rifiuti organici” i rifiuti biodegradabili di parchi e giardini.

Con la scelta fatta dal Parlamento italiano a grande maggioranza, s c’era il rischio che falci e potature non sarebbero più rientrati nella raccolta differenziata, senza più obbligo per i Comuni della loro raccolta, mettendo in difficoltà i cittadini nelle pratiche di giardinaggio e sottraendo al contempo materia prima per la filiera del compostaggio da rifiuti organici.

Il motivo di tale operazione è nel testo stesso dell’articolo 41, anche se non si capisce perché un tema correlato ai rifiuti dovesse finire in un testo che aveva per oggetto “Disposizioni in materia di semplificazione, razionalizzazione, competitività per l’ agroalimentare”, prassi anche questa tutta italiana come dimostrano le altre polemiche insorte con l’entrata in vigore il 1° gennaio 2018 delle disposizioni sui bioshopper per l’ortofrutta inserite inopinatamente nel D. L. “Disposizioni urgenti per la crescita economica del Mezzogiorno” (!).

L’articolo 41 non si limita, infatti, a fornire una precisazione sulla provenienza di sfalci e potature, ma anche sulla loro destinazione:
“[…] gli sfalci e le potature provenienti dalle attività di cui all’art. 184, comma 2, lettera e [ovvero, i rifiuti vegetali provenienti da aree verdi, quali giardini, parchi e aree cimiteriali] nonché ogni altro materiale agricolo o forestale naturale non pericolosi destinati alle normali pratiche agricole e zootecniche o utilizzati in agricoltura, nella silvicoltura o per la produzione di energia da tale biomassa, anche al di fuori del luogo di produzione ovvero con cessione a terzi, mediante processi o metodi che non danneggiano l’ambiente né mettono in pericolo la salute umana”.

In pratica, sfalci e potature avrebbero dovuto essere utilizzati per la produzione di energia.

In gioco c’erano due interessi economici contrapposti: quello della filiera della gestione dei rifiuti interessata a rendere compost la componente sfalci e potature che costituiscono una quota non secondaria dei rifiuti organici (attorno a 1.700.000 – 1.800. ton. ) e quello dei produttori di energia da biomasse, per i quali, comunque, la quota utilizzabile di tale risorse sarebbe solo attorno al 20%.

Rimanrva comunque dirimente la Direttiva UE che assegna tali materiali alla gestione dei rifiuti organici, tant’è che la Commissione UE aveva aperto una procedura di pre-contenzioso (EU PILOT).

Durante l’iter di approvazione della Legge europea 2017, recante disposizioni per l’adempimento degli obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia all’Unione europea, per sanare la frattura creata con la normativa europea sui rifiuti il Consorzio Italiano Compostatori (CIC), Utilitalia (la Federazione che riunisce le Aziende operanti nei servizi pubblici dell’Acqua, dell’Ambiente, dell’Energia Elettrica e del Gas) e Fise-Assoambiente(l’Associazione dei imprese che gestiscono i servizi ambientali all’interno della Federazione Imprese di Servizi di Confindustria) il 15 giugno 2017 aveva rivolto il 15 giugno 2017 l’invito al Parlamento di cogliere l’occasione della Legge europea 2017 per sanare la frattura creata con la normativa europea sui rifiuti.

In verità ci furono tentativi da parte di Parlamentari in Commissione Ambiente di sollevare la questione degli sfalci e potature del verde urbano, ma poi si decise di soprassedere sull’argomento in quanto era “in corso una interlocuzione tra il Governo e la Commissione europea con l’obiettivo di superare i rilievi avanzati da quest’ultima sulla attuazione della direttiva 2008/98/CE”.

Ora con la nota in premessa, anche questo “tormentone” italiano sulla gestione dei rifiuti dovrebbe risolversi, accontentando tutti, anche perché, come osserva la nota in premessa, il DM 13 ottobre 2016, n. 264 relativo al “Regolamento recante criteri indicativi per agevolare la dimostrazione della sussistenza dei requisiti per la qualifica dei requisiti di produzione come sottoprodotti e non come rifiuti”, permetterebbe agli operatori del settore energetico da biomasse di avvalersi di tale disciplina.

Il citato decreto ministeriale – vi si legge – adotta criteri indicativi per agevolare la dimostrazione della sussistenza dei requisiti per la qualifica dei residui di produzione come sottoprodotti e non come rifiuti, in particolare per alcuni materiali agricoli, quali ad esempio le ‘potature, ramaglie e residui dalla manutenzione del verde pubblico e privato”.

Ma la Circolare applicativa del Decreto 13 ottobre 2016 non aveva chiarito che il Regolamento non ha effetti vincolanti, ma definisce solo alcuni principi e linee guida, né contiene un elenco dei trattamenti ammessi sui residui per qualificarli come sottoprodotto, lasciando all’operatore le modalità di prova?

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