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SDG Index: le nazioni ricche rischiano di non conseguire gli OSS

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In occasione dello svolgimento del Forum Politico ad Alto Livello (HLPF) (New York, 8-18 luglio 2018) per fare il punto sull’Agenda ONU al 2030 e sugli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (SDG), Bertelsmann Stiftung, una delle più grandi fondazioni in Germania e nel mondo, e, Sustainable Development Solutions Network (SDSN), la rete lanciata dall’ex Segretario generale dell’ONU Ban Ki-moon per mobilitare le competenze scientifiche e tecniche del mondo accademico, della società civile e del settore privato al fine di proporre soluzioni praticabili per lo sviluppo sostenibile, hanno pubblicato la 3a edizione del Rapporto “SDG Index and Dashoards Report 2018.Global responsibilities implementing the goals global” che descrive i progressi verso il raggiungimento degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile di tutti i 193 Paesi che hanno aderito all’Agenda e indica le aree che richiedono azioni più rapide.

Il Rapporto 2018 include diversi miglioramenti e aggiunte rispetto alle precedenti edizioni e dal momento che sono stati introdotti dati sulle tendenze e nuovi indicatori, avvertono gli autori, non è possibile fare confronti con i risultati delle precedenti edizioni, per cui i cambiamenti nei punteggi e nelle classifiche non possono essere intesi come progressi o regressioni rispetto agli anni precedenti.

Tuttavia, il punteggio globale SDG Index e i punteggi per obiettivo in una scala da 0 a 100 possono essere considerati come la distanza in percentuale che deve essere completata da ogni Paese per raggiungere i singoli Obiettivi e i relativi target (sotto-obiettivi). Lo stesso paniere di indicatori è stato utilizzato per tutti i Paesi in modo da avere punteggi e classifiche comparabili.

Dal report emerge che nei Paesi più ricchi, in particolare quelli dell’OCSE che sono stati oggetto di un’analisi approfondita poiché il loro sistema di produzione provoca forti ricadute ambientali ed economiche, in grado di minare gli sforzi degli altri Paesi nel raggiungimento degli obiettivi, i maggiori ritardi si registrano negli Obiettivi relativi a: Produzione e Consumo sostenibili; Vita in acqua; Vita sulla terra; Clima.
Per lo più i Paesi del G20 hanno intrapreso le azioni per l’attuazione degli Obiettivi – si legge nel Rapporto – ma permangono grosse lacune imputabili anche alle modalità in cui sono stati accolti dalla leadership politica e tradotti in meccanismi istituzionali”.

Al contempo, i Paesi in via di sviluppo dopo molti progressi effettuati nel campo della povertà estrema, malnutrizione, accesso ai servizi sanitari e scolastici e accesso alle infrastrutture di base, rischiano di non centrare gli Obiettivi e di regredire nello sviluppo economico e sociale a cause di situazioni di conflitto.

Nessun Paese è sulla buona strada per raggiungere gli Obiettivi, tant’è che SveziaDanimarca e Finlandia, i Paesi che anche quest’anno sono ai vertici della classifica rispettivamente con 85,6, 84,2 e 84,0 punti, devono affrontare sfide importanti per il loro conseguimento.
In generale “Osservando le tendenze, molti Paesi ad alto reddito non stanno compiendo progressi significativi su questioni relative al consumo e alla produzione sostenibili e in particolare alla protezione della biodiversità in relazione all’obiettivo 14, campo in cui la maggior parte dei Paesi ad alto reddito ristagna”.

L’Italia si posiziona al 29° posto con 74,2 punti, penalizzata dai bassi punteggi ottenuti negli Obiettivi 14 (Vita sott’acqua), 12 (Produzione e Consumo responsabili) 17 (Pace, Giustizia e Istituzioni solide), rispettivamente con 47,6 e 56,7 e 59,8 punti.
Meglio, invece,risultano le performance negli Obiettivi relativi a Povertà, Salute, Istruzione, Acqua pulita e Città sostenibili.

Anche la Tabella di marcia (SDG Dashboard) che utilizza metodologie di calcolo diverse dall’SDG Index) non presenta buoni risultati per l’Italia. Come si evince dalla sottostante tabella con i colori che, grazie alla sua immediatezza visiva, illustra chiaramente i progressi compiuti e le carenze da colmare. Nel Dashboard italiano non compare alcun colore verde (i punti di forza), ma molti colori gialli e arancioni (aspetti su cui bisogna lavorare) e soprattutto quelli di colore rosso (gli elementi critici).

Purtroppo, come ha recentemente osservato Enrico Giovanni, portavoce dell’ASviS (Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile), in occasione della presentazione da parte dell’Istat del 1° Rapporto di analisi dell’andamento tendenziale degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile in Italia, c’è scarsa attenzione su queste problematiche da parte dei decisori politici e dei media.
Lo sviluppo sostenibile presuppone sacrifici attuali per conseguire benefici futuri di cui possano usufruire le future generazioni.

Un politico pensa alle prossime elezioni, mentre uno statista alle future generazioni. Il politico pensa al successo del suo partito, lo statista al bene del suo Paese. Il politico vuole introdurre questa o quella misura, lo statista questo o quel principio. Infine, lo statista vuole mettersi alla guida, il politico è contento di essere trascinato” (“Wanted, a Statesman!” di J.F. Clarke, teologo e filosofo trascendentalista – 1810-1888).

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