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Obiettivi di Sviluppo Sostenibile: la situazione in Italia

obiettivi sviluppo sostenibile

È in corso a New York (9-18 luglio 2018) il Forum Politico ad Alto Livello (HLPF) per fare il punto sull’Agenda ONU al 2030 che, adottata nel settembre 2015, delinea a livello mondiale le direttrici delle attività dei successivi 15 anni, con lo scopo di porre fine alla povertà, proteggere il pianeta e assicurare prosperità a tutti.

Il documento – composto da 17 Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (Sustainable Development Goals  SDGs), declinati in 169 target, che fanno riferimento a diversi domini dello sviluppo sociale ed economico – è il risultato di un processo preparatorio avviato in occasione della Conferenza Mondiale sullo Sviluppo Sostenibile che si è svolta a Rio de Janeiro nel 2012.

In questo contesto, la costruzione del sistema informativo per il monitoraggio degli SDGs rappresenta una necessità per la comunità internazionale e per i singoli paesi che, a prescindere dai risultati raggiunti sulle tematiche specifiche, saranno in futuro dotati degli strumenti necessari all’osservazione dei fenomeni distintivi dello sviluppo sostenibile.

Nel 2017 la Commissione Statistica delle Nazioni Unite ha adottato un sistema di indicatori che vede al suo interno sia indicatori consolidati e disponibili per la gran parte dei Paesi, sia indicatori che non vengono correntemente prodotti o che addirittura non sono stati ancora esattamente definiti a livello internazionale.

Al Forum partecipa l’Istat che, come gli altri istituti nazionali di statistica, ha il compito di costruire l’informazione statistica necessaria al monitoraggio dell’Agenda 2030 per il nostro Paese e a contribuire alla realizzazione di questo progetto globale, e che, pertanto, a partire da dicembre 2016 ha iniziato a rendere disponibili con cadenza semestrale gli indicatori per l’Italia sulla Piattaforma informativa dedicata agli SDGs del sito.

Durante lo svolgimento della 13a Conferenza Nazionale di Statistica (Roma, 4-6 luglio 2018) il tradizionale appuntamento nel corso del quale produttori e utilizzatori di dati, fornitori di servizi statistici e detentori di grandi masse di dati, stakeholders e policy maker, si sono incontrati per confrontarsi e definire un programma comune di potenziamento della funzione statistica, l’Istat ha presentato il 1° Rapporto sugli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile che propone un aggiornamento e un ampliamento degli indicatori diffusi per il monitoraggio degli SDGs, insieme a un’analisi del loro andamento tendenziale: un set aggiornato di 117 indicatori e, per questi, 235 misure nazionali.

La sfida più importante è riuscire a fare passi avanti per comprendere le relazioni tra Obiettivi e le determinanti degli indicatori, a valle dei fenomeni che rappresentano – ha affermato il Presidente Istat, Giorgio Alleva – Intendiamo produrre informazioni statistiche sempre più ricche, garantendo le disaggregazioni necessarie per analizzare in profondità i fenomeni descritti, nel pieno rispetto del principio fondamentale del ‘no one left behind’ [senza lasciare nessuno indietro]”.

Dal quadro generale delle tendenze dello sviluppo sostenibile emerge che:
– l’effetto della crisi economica è evidente dall’analisi dei dati del quinquennio che va dal 2006 al 2011, con un numero maggiore di indicatori che peggiorano per gli obiettivi 1 (povertà), 7 (energia sostenibile), 8 (lavoro) e 11 (città), mentre si registrano andamenti tendenziali leggermente positivi per gli indicatori relativi agli obiettivi 4 (istruzione), 5 (uguaglianza di genere), 9 (industria, innovazione ed infrastrutture) e 12 (consumo e produzione);
– nel quinquennio più vicino (dal 2011 al 2016) si attenuano le variazioni fortemente negative, presenti negli obiettivi 1 (povertà) e 11 (città e 3 (salute); presentano variazioni leggermente positive gli obiettivi 4 (istruzione), 5 (uguaglianza di genere), 7 (energia sostenibile), 9 (industria, innovazione e infrastrutture) e 12 (consumo e produzione); più del 30% degli indicatori rimangono invariati, in particolare per gli obiettivi 8 (lavoro), 10 (ridurre le disuguaglianze) e 16 (pace, giustizia ed istituzioni).

In merito all’Obiettivo 1 (Povertà zero), l’Istat osserva che “Dal 2008, a causa della crisi economica, le flessioni osservate sono state più pesanti per i redditi relativamente più bassi. Contestualmente, è aumentata la disuguaglianza del reddito disponibile, che ha toccato il valore minimo (5,2 ) nel 2007 e quello massimo (6,3) nel 2015. Nel 2016 con il 19,1% del reddito disponibile per il 40% più povero della popolazione (indicatore utilizzato da Eurostat per confrontare i livelli di disuguaglianza tra Paesi Ue), l’Italia si pone al di sotto della media europea che, a sua volta, è diminuita nel tempo, passando dal 21,1% del 2011 al 20,9% del 2016”.

Lo scorso giugno, l’Istat ha rilasciato il Rapporto “La povertà in Italia” da cui emerge che non è mai stata così elevata dal 2005.

Uno dei motivi per cui il dibattito politico è poco influenzato da dati di questo tipo è che riguardano il passato, mentre i politici e i media sono interessati a discutere quello che accadrà – ha dichiarato Enrico Giovannini, già Presidente Istat ed attuale portavoce dell’ASviS (Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile, facendo considerazioni di natura politica – Il problema si risolve in due modi: sviluppando modelli prospettici e analizzando la ‘distance to target’, in altre parole mostrando la probabilità di raggiungere l’obiettivo”.

Se guardiamo all’educazione possiamo dedurre che abbiamo fatto passi avanti – ha proseguito Giovannini – ma siamo dove l’Europa era 10 anni fa, quindi lontani dai target nonostante il miglioramento”.

Giovannini ha poi esplorato il legame tra gli indicatori di Benessere Equo e Sostenibile (BES) e quelli presentati dall’Istat: “Quali dobbiamo considerare? Molti risponderanno ‘nessuno dei due, continuiamo a seguire il PIL’. La lettura congiunta di questi due set è una sfida di comunicazione non banale, bisogna portare l’attenzione dei media su questi temi”.

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