Biodiversità e conservazione Diritto e normativa Società

Risorse genetiche: Italia deferita alla Corte di giustizia europea

Con il pacchetto di infrazioni di febbraio, la Commissione UE ha deferito alla Corte di giustizia il nostro Paese per non aver ottemperato alle disposizioni del Regolamento sulle risorse genetiche, in conformità del Protocollo di Nagoya, e al contempo ha inviato una lettera di costituzione in mora per le carenze legislative relative all’attuazione della Direttiva VIA.  

Si è appena concluso il 28 gennaio 2020 con la condanna dell’Italia da parte della Corte di giustizia europea il procedimento avviato dalla Commissione UE per i lunghi tempi di pagamento con cui le Pubbliche Amministrazioni provvedono a saldare le proprie fatture relative a transazioni commerciali con operatori privati, che è subito arrivato un nuovo deferimento nei confronti del nostro Paese.

Il 13 febbraio 2020, infatti, con il pacchetto mensile di infrazioni, la Commissione UE ha deferito l’Italia alla Corte perché ritiene che il suo regime di accesso alle risorse genetiche provenienti da Paesi terzi non funzioni correttamente, pregiudicando la capacità delle imprese stabilite in Italia di sfruttare i vantaggi di un simile accesso ai fini di ricerca, produzione e scambi commerciali.

Per risorse genetiche s’intende il materiale genetico di origine vegetale, animale o microbica, come quello delle piante medicinali, delle coltivazioni agricole e delle razze animali, che abbia un valore effettivo o potenziale.

Il Regolamento (UE) n. 511/2014 sulle misure di conformità per gli utilizzatori risultanti dal protocollo di Nagoya, entrato in vigore il 12 ottobre 2014, sull’accesso alle risorse genetiche e l’equa e giusta ripartizione dei benefici derivanti dalla loro utilizzazione nell’Unione, richiede a tutti gli Stati di adottare misure intese a garantire che l’utilizzo delle risorse genetiche sul proprio territorio avvenga in conformità con le disposizioni del Protocollo e, quindi, che vengano utilizzate solo risorse genetiche acquisite legalmente.

Il Regolamento n. 511/2014 disciplina esclusivamente le misure di conformità per gli utilizzatori sul territorio dell’Unione, ma non introduce alcuna regolamentazione per l’accesso, ambito di competenza deli Stati membri. In particolare, ciascuno Stato membro è tenuto a designare una o più autorità competenti responsabili dell’applicazione del regolamento e a comunicare alla Commissione i nomi e gli indirizzi di tali autorità competenti a decorrere dalla data di entrata in vigore del regolamento.

Inoltre, gli Stati membri stabiliscono le sanzioni da irrogare in caso di violazione del Regolamento da notificarsi alla Commissione entro l’11 giugno 2015.

Nel gennaio 2018 la Commissione UE aveva inviato all’Italia una lettera di costituzione in mora per non aver ottemperato alle suddette disposizioni e adottava nel gennaio 2019 un parere motivato, a seguito del quale l’Italia notificava di aver designato le autorità nazionali competenti, ma non le disposizioni di legge che prevedano le sanzioni applicabili in caso di violazione delle norme. Pertanto la Commissione ha deciso di deferire l’Italia alla Corte di giustizia dell’UE.

Sempre con il pacchetto di febbraio, la Commissione ha inviato all’Italia una lettera di costituzione in mora, esortando il nostro Paese ad allineare la legislazione nazionale alla Direttiva 2011/92/UE concernente la Valutazione dell’impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati, che deve essere valutata prima del rilascio dell’autorizzazione.

Nell’aprile 2014 è stata adottata la nuova normativa dell’UE, che riduce gli oneri amministrativi, migliora il livello di protezione dell’ambiente e rende nel contempo più solide, prevedibili e sostenibili le decisioni economiche sugli investimenti pubblici e privati.

Secondo la Commissione le carenze nel diritto nazionale italiano riguardano, tra l’altro, le modalità di consultazione del pubblico, le norme che disciplinano le consultazioni transfrontaliere nel caso dei progetti proposti in Italia che potrebbero interessare altri Stati membri, la comunicazione di informazioni pratiche sull’accesso alla giustizia e i sistemi messi in atto per evitare i conflitti di interesse.

Pertanto, la Commissione ha deciso di inviare una lettera di costituzione in mora all’Italia che dispone di 2 mesi per rispondere e correggere la propria legislazione. In caso contrario, la Commissione potrà decidere di inviare un parere motivato alle autorità italiane.

Articoli simili

Lascia un commento

* Utilizzando questo modulo accetti la memorizzazione e la gestione dei tuoi dati da questo sito web.