Un nuovo studio che ha preso in considerazione gli scenari valutati dall’IPCC per la riduzione dei gas ad effetto serra per stabilizzare il riscaldamento climatico a 1,5 °C, ha rilevato che pochi fanno ipotesi realistiche di mitigazione, e molti rischiano di essere dei castelli in aria, se non vengono attivate tutte le opzioni disponibili.
Degli oltre 400 scenari climatici valutati nel Rapporto del 2018 del Gruppo intergovernativo di esperti sui cambiamenti climatici (IPCC), circa 50 scenari solamente evitano il superamento significativo di 1,5 °C, e di questi solo una ventina fanno ipotesi realistiche sulle opzioni di mitigazione, ad esempio il tasso e l’entità della rimozione del carbonio dall’atmosfera o la quantità di alberi da piantare. Tutti i 20 scenari, inoltre, devono tirare almeno una leva di mitigazione a livelli “stimolanti” piuttosto che “ragionevoli”. Per cui c’è un alto grado di rischio di oltrepassare il limite di 1,5 °C, la cui finestra per tale obiettivo si sta richiudendo molto rapidamente, a meno che non vengano attivate tutte le opzioni di mitigazione.
È quanto emerge dal nuovo Studio “All options, not silver bullets, needed to limit global warming to 1.5°C: a scenario appraisal” (Per limitare il riscaldamento globale a 1,5 °C occorrono tutte le opzioni, non esistono soluzioni miracolose: una valutazione di scenario), pubblicato su Environmental Research Letters e condotto da un gruppo di ricercatori, coordinati dal Potsdam Institute for Climate Impact Research (PIK), e i cui risultati potrebbero aiutare a migliorare le informazioni in vista della COP26 di Glasgow.
“Gli scenari di emissione differiscono nella loro dipendenza da ciascuna delle cinque leve di mitigazione che abbiamo esaminato – ha affermato Lila Warszawski del PIK e principale autrice dello Studio – Nessuno degli scenari realistici è basato su un singolo proiettile d’argento, anche se tutti gli scenari che riteniamo essere realistici tirano almeno diverse leve a livelli impegnativi”.
Le 5 leve che i ricercatori ritengono essere fondamentali per la riduzione delle emissioni sono:
– La decarbonizzazione del sistema energetico globale.
– La massiccia crescita delle soluzioni per rimuovere l’anidride carbonica dall’atmosfera.
– La trasformazione dell’agricoltura e degli altri usi del suolo.
– I cambiamenti nel comportamento dei consumatori come la riduzione del consumo di carne.
– La riduzione degli altri gas ad effetto serra, diversi dalla CO2.

“Il settore energetico è ovviamente la chiave per il conseguimento dell’obiettivo di 1,5 °C, sia in termini di riduzione della domanda di energia che di decarbonizzazione di quella prodotta – ha proseguito Warszawski – Eppure non possiamo farla finita con le altre strategie. Anche rimuovere l’anidride carbonica dall’atmosfera e, ad esempio, immagazzinarla sottoterra si rivela quasi indispensabile. L’uso del suolo deve diventare un pozzo netto di carbonio, ad esempio ripristinare le torbiere o riforestare. Inoltre, devono essere tagliate le emissioni del metano, potente gas ad effetto serra, degli allevamenti, ma anche dalle perdite nell’estrazione di petrolio e gas. E questo è un bel elenco!“.
I ricercatori hanno attinto dalla ricerca esistente per definire i limiti che delineano tra uso “ragionevole“, “stimolante” e “speculativo” di ciascuna delle leve entro la metà del secolo. I limiti quantificano la gamma dei potenziali di riduzione delle emissioni di ciascuna delle leve aggregate, che risultano da considerazioni tecnologiche, economiche, sociali e di risorse. Possono quindi essere tradotti in contributi per mantenere il riscaldamento a 1,5 °C con alcun o basso superamento della temperatura.

Secondo i ricercatori, gli scenari irrealisticamente ottimistici sovrastimano, ad esempio, i potenziali di cattura e stoccaggio del carbonio (CCS). Quegli scenari classificati dall’analisi come irrealisticamente ottimistici tendono più frequentemente a sovrastimare i potenziali di cattura e stoccaggio del carbonio, mentre altri sovrastimano il consumo di energia o la riduzione dei gas serra diversi dalla CO2 come il metano. Altri ancora fanno ipotesi fin troppo audaci sui cambiamenti dietetici verso diete alimentari più ricche di frutta e verdura o sulla crescita limitata della popolazione.
“Le necessarie riduzioni delle emissioni sono difficili da ottenere, tecnicamente ma anche politicamente – ha concluso Johan Rockström dell’Istituto di Potsdam per la ricerca sull’impatto climatico – Eppure penso che limitare il riscaldamento a 1,5 °C valga ogni sforzo perché ciò ridurrebbe la spinta aggiuntiva di alcuni tipping point nel sistema terrestre, come lo scioglimento delle calotte glaciali o la perdita di ecosistemi quali quelli della foresta pluviale amazzonica. Per quanto tutto questo possa sembrare tecnico, si tratta invero di garantire un futuro climatico sicuro per tutti“.