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Rinnovabili offshore: persistono sfide per la EU blue energy

Una relazione della Corte dei conti europea (ECA) ha evidenziato che gli ambiziosi obiettivi per le rinnovabili offshore (ORE) dell’UE potrebbero non essere raggiunti, mentre resta ancora molto da fare per rendere l’energia rinnovabile offshore sostenibile dal punto di vista socio-economico e ambientale.

Per conseguire gli obiettivi climatici ed energetici dell’UE-27, la Commissione UE ha promosso azioni ed elargito denaro per lo sviluppo delle energie rinnovabili offshore, ma c’è il rischio che l’UE non realizzi le proprie ambizioni, mentre occorre fare molto di più per rendere le energie rinnovabili offshore sostenibili sotto il profilo socio-economico e ambientale.

È quanto evidenza la Corte dei conti europea (ECA) nella Relazione speciale “Energie rinnovabili offshore nell’UE. Piani di crescita ambiziosi, ma rimane la sfida della sostenibilità”, pubblicata il 18 settembre 2023.

L’energia blu dovrebbe fornire un cospicuo contributo agli obiettivi di tutela ambientale dell’UE. Nel 2020 la Commissione UE ha adottato una Strategia per sfruttare il potenziale delle energie rinnovabili offshore (ERO) per un futuro climaticamente neutro. Dal 2007 sono stati erogati 2,3 miliardi di euro a favore delle tecnologie ERO dal bilancio UE. In aggiunta, la Banca europea per gli investimenti (BEI) ha fornito prestiti ed effettuato investimenti azionari per 14,4 miliardi di euro.

Secondo l’ECA, l’espansione delle ERO racchiude in sé un “dilemma ecologico”:
– da un lato queste fonti energetiche sono essenziali per la transizione verde dell’UE;
– dall’altro il loro sviluppo può nuocere all’ambiente marino. Benché la strategia UE cerchi di conciliare le ERO con la biodiversità, la Commissione UE non ne ha stimato i potenziali effetti sull’ambiente, in termini fra l’altro di spostamenti di specie e cambiamenti nella struttura delle popolazioni, disponibilità del cibo o modelli migratori. Nel complesso, gli auditor temono che l’espansione delle ERO in Europa possa danneggiare l’ambiente, sia sopra che sotto la superficie marina.

“L’invasione dell’Ucraina da parte della Russia ha messo in risalto l’importanza dell’indipendenza energetica dell’UE e la soluzione a questo problema potrebbe risiedere in parte nei nostri mari – ha dichiarato Nikolaos Milionis, il Membro della Corte responsabile dell’audit – Ma la rivoluzione blu dell’UE non va perseguita a qualunque costo: le rinnovabili offshore non devono provocare alcun danno significativo sul piano sociale o ambientale”.

Le energie rinnovabili offshore possono essere generate dal vento (con turbine fissate al fondale e galleggianti), dagli oceani (con centrali cimoelettriche o mareomotrici) e da pannelli fotovoltaici galleggianti, ma attualmente, nell’UE sono prodotte quasi esclusivamente con tecnologia eolica. Di tutti i paesi dell’Unione, la Germania conta la maggiore capacità offshore (8,1 GW a fine 2022, prevalentemente nel Mare del Nord), seguita da Paesi Bassi (3,2 GW), Danimarca e Belgio (entrambi attorno ai 2,3 GW).

L’audit dell’ECA ha riguardato l’evoluzione della politica d’intervento prima e dopo l’adozione della Strategia ERO, analizzando i progetti del periodo 2007-2022 che hanno coinvolto 4 Stati membri: Germania, Spagna, Francia e Paesi Bassi.

Secondo la Commissione, i piani nazionali per l’energia e il clima (PNEC) non sono riusciti a individuare il potenziale delle energie rinnovabili offshore, obiettivo cui tendeva la Strategia ERO che è stata, comunque, utile per alcuni Stati quali la Francia e la Spagna, che stanno iniziando solo ora a dispiegare impianti di energie rinnovabili offshore, stimolando azioni nazionali più ambiziose volte al loro sviluppo. Paesi Bassi e Germania avevano già definito le rispettive politiche molto prima della definizione degli obiettivi dell’UE e, pertanto, l’impatto di questi ultimi è stato modesto.

Per la Corte, raramente le rinnovabili offshore coesistano con altri settori di attività. In particolare, i conflitti con la pesca restano per la maggior parte irrisolti e spesso, al momento di valutare i singoli progetti, le ERO vengono osteggiate. Parimenti, i Paesi dell’UE che condividono le stesse acque raramente pianificano progetti in comune e perdono così l’opportunità di usare in modo più efficiente lo scarso spazio marittimo disponibile. Inoltre, le implicazioni socio-economiche dello sviluppo delle energie rinnovabili offshore non sono state studiate in modo sufficientemente approfondito.

Gli auditor osservano, peraltro, che il dispiegamento delle energie rinnovabili offshore in Europa potrebbe subire un rallentamento a causa dei rischi per l’approvvigionamento di materie prime critiche. Al momento, queste provengono quasi esclusivamente dalla Cina, che ha un ruolo cruciale anche nella produzione dei magneti permanenti per i generatori a turbine eoliche. La dipendenza dell’UE può creare strozzature e gli auditor esprimono preoccupazione per la sicurezza dell’approvvigionamento nel contesto delle attuali tensioni geopolitiche.

Un’altra barriera è rappresentata dalle lunghe procedure nazionali di autorizzazione. Ad esempio, la Francia è uno dei paesi che impiega di più ad approvare gli impianti eolici offshore (fino a 11 anni).

Ciò nonostante, l’UE ha fissato obiettivi ambiziosi, volendo raggiungere i 61 GW di capacità installata entro il 2030 e i 340 GW entro il 2050, quando ora sono appena 16 GW. Sarà quindi necessaria una rapida diffusione su larga scala degli impianti ERO nei paesi dell’UE, il che richiede vasto spazio marittimo e circa 800 miliardi di euro, in gran parte provenienti da investimenti privati. Questi obiettivi potrebbero risultare difficili da raggiungere, stando agli auditor.

In questo contesto, per innalzare di livello lo sviluppo delle energie rinnovabili offshore, la Corte raccomanda alla Commissione UE di:
– invitare gli Stati membri a includere nei rispettivi PNEC gli obiettivi nazionali per le energie rinnovabili offshore, suddivisi per tipo di tecnologia;
– stimolare e sostenere iniziative volte a promuovere a livello di bacino marino le tecnologie che sfruttano l’energia eolica offshore e, in particolare, l’energia oceanica;
– valutare sotto il profilo occupazionale, delle competenze e sociale le potenziali implicazioni dello sviluppo delle ERO nel settore dell’energia offshore e per gli altri usi del mare, in particolare la pesca;
promuovere, prendendo le mosse dalla proposta di Regolamento sulle materie prime critiche, i risultati ottenuti dalle ricerche in corso sulla circolarità e monitorarne il recepimento da parte dell’industria;
integrare il sostegno offerto agli Stati membri per individuare, stimare e fronteggiare gli effetti che gli impianti delle energie rinnovabili offshore esercitano sugli ecosistemi e sulla biodiversità, considerando gli effetti cumulati a livello di bacino marino.

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