Circular economy Sostenibilità

In Europa è stato correttamente riciclato solo il 35% dei RAEE

In Europa correttamente riciclato solo 35 per cento dei RAEE

Il dato che mette in seria discussione l’obiettivo dell’UE di riciclare l’85% dei rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche entro il 2016, emerge da un Rapporto redatto dai partner del progetto CWIT, finanziato dalla Comunità europea, che per la prima volta affronta in maniera olistica la ricerca sul funzionamento del mercato dei RAEE, fornendo suggerimenti ed indicazioni per un comune contesto legislativo e di contrasto alla criminalità che si inserisce nelle forme del loro commercio illegale.

Dopo una ricerca durata circa 2 anni, i partner del progetto Countering WEEE Illegal Trade (CWIT), finanziato dalla Comunità Europea e che include INTERPOLUnited Nations University (UNU), gli istituti United Nations Interregional Crime and Justice Research e Compliance & Risks, il WEEE Forum, l’Associazione Cross-Border Research e la società Zanasi & Partners, hanno pubblicato un Rapporto sul funzionamento del mercato delle apparecchiature elettriche ed elettroniche usate e dismesse, in cui si evidenzia che in Europa nel 2012 la quantità di RAEE non gestita correttamente è stata superiore di 10 volte a quella spedita verso Paesi stranieri senza regolari documenti di esportazione, sfatando il mito che la maggior parte dei rifiuti elettronici vada illegalmente nei Paesi africani, dove verrebbe recuperata gran parte dei componenti.

In particolare, solo il 35 % (pari a 3,3 milioni di tonnellate) di RAEE (in alcuni casi ancora funzionanti) dismessi da aziende o da privati sono stati intercettati dai sistemi ufficiali di raccolta e riciclo, di contro l’altro 65% (pari a 6,2 milioni di tonnellate) è stato esportato oppure riciclato in modo ambientalmente scorretto oppure semplicemente gettato tra i rifiuti indifferenziati.

Non è il primo Rapporto che mette in evidenza l’inadeguata gestione dei RAEE, ma il rapporto CWIT, tuttavia, si distingue per il suo approccio di ricerca olistico, avendo coinvolto i riciclatori, forze dell’ordine, accademici, avvocati e consulenti esperti in questioni relative alle catene di rifornimento.

Lo studio ha stimato che 1,3 milioni di tonnellate di apparecchiature elettriche ed elettroniche sono state spedite al di fuori dell’Europa senza adeguati documenti di esportazione: di queste, circa il 30% (400.000 tonnellate) erano RAEE, il restante 70% AEE ancora funzionanti. Circa 4,7 milioni di tonnellate sono state gestite in modo ambientalmente non corretto o commercializzate in modo illegale all’interno dell’Europa.

Lo studio sottolinea, inoltre, come sistemi efficaci di monitoraggio delle performance di rimozione delle sostanze inquinanti e adeguati standard di trattamento dei RAEE non siano pienamente utilizzati neppure negli Stati Europei più avanzati dal punto di vista del controllo ambientale, lasciando molti dubbi sulle concrete possibilità che possa essere conseguito l’obiettivo previsto dalla Direttiva europea di riciclare almeno il 85% dei rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche entro il 2016.

La diffusa sottrazione dai RAEE di componenti che hanno un significativo valore economico, come le schede elettroniche o i metalli più preziosi, si traduce in una seria perdita per l’industria legale del riciclo in Europa, stimata tra 800 e 1.700 milioni di euro all’anno.

Per contro, i minori costi derivanti dal mancato rispetto delle regole comunitarie (in particolare per quanto riguarda l’eliminazione delle sostanze inquinanti) oscillano tra 150 e 600 milioni di euro all’anno.

I RAEE sono la tipologia di rifiuti con il più alto tasso di crescita in tutto il mondo – ha sottolineato Pascal Leroy, Segretario Generale del WEEE Forum (l’associazione europea della quale fanno parte i principali sistemi collettivi che si occupano di RAEE) – Il peso dei RAEE che ogni anno in Europa sono gestiti in modo ambientalmente non corretto è pari a quello di un muro di mattoni alto 10 metri che va da Oslo fino in fondo all’Italia. È indispensabile estrarre dai RAEE e riciclare nel modo più intenso possibile tutti i metalli e tutti i componenti economicamente interessanti, tra cui le materie prime critiche, come ad esempio le terre rare”.

Uno studio dell’United Nations University ha evidenziato che nei 41,8 milioni di tonnellate di RAEE che vengono buttati ogni anno nel mondo ci sono sostanze tossiche come piombo (circa 2,2 milioni di tonnellate), batterie (300.000 tonnellate), mercurio, cadmio, cromo e gas ozono-lesivi (CFC, circa 4.400 tonnellate). I potenziali problemi per la salute umana collegati a queste sostanze tossiche vanno dallo sviluppo mentale, al cancro, ai danni epatici e renali.

Ricerche nazionali effettuate dall’INTERPOL mostrano che in media ogni anno solo 2.000 tonnellate (0.5%) dei RAEE esportati al di fuori dall’Europa sono stati intercettati e bloccati nel corso di operazioni di polizia che hanno poi portato a qualche forma di sanzione amministrativa o penale.

Lo studio rivela, inoltre, che il 30% degli Stati Membri non ha implementato le stringenti norme previste dall’ultima Direttiva Comunitaria sui RAEE e che spesso le sanzioni previste a livello nazionale non sono abbastanza elevate da avere un effetto deterrente. Perciò, vengono richieste migliori linee guida e più accurate definizioni formali, per aiutare le autorità a distinguere tra Apparecchiature Elettriche ed Elettroniche usate e RAEE, suggerendo al contempo di armonizzare le sanzioni per semplificarne l’applicazione nei casi trans-frontalieri per evitare che le organizzazioni criminali trasferiscano le loro attività in Paesi a rischio più basso dentro la Comunità: allo stato attuale, le sanzioni penali e civili per il commercio illegale dei RAEE sono molto diverse da Stato a Stato.

Oltre alla gestione ambientalmente non corretta dei RAEE, il progetto CWIT ha rivelato casi di frode, evasione fiscale e riciclaggio di denaro, dimostrando il collegamento tra reati ambientali e finanziari.

L’analisi dei casi di attività illegale ha rivelato vulnerabilità lungo tutta la catena di gestione delle AEE usate e dei RAEE: raccolta, consolidamento, intermediazione, trasporto e trattamento. I reati comprendono il trattamento inadeguato, la violazione delle norme comunitarie, i furti, la mancanza delle licenze o dei permessi richiesti, il contrabbando e le false dichiarazioni sui carichi trasportati.

I ricercatori sono propensi a credere che in alcuni Paesi il crimine organizzato sia coinvolto nella gestione dei flussi illegali di RAEE, ma questo sospetto non è al momento provato dalle informazioni raccolte.

Visto che può generare profitti e che oggi viene difficilmente scoperta, questa forma di commercio illegale rischia di essere molto sfruttata – ha dichiarato David Higgins, capo del Environmental Security Sub-Directorate di INTERPOL e coordinatore del progetto – Le autorità nazionali dovrebbero prevenire questo rischio, adottando un mix bilanciato di sanzioni amministrative e penali, che riflettano l’entità sia dei profitti illeciti sia dei danni ambientali e sociali provocati. I soggetti chiamati ad applicare la legge devono essere più proattivi, con attività investigative sui flussi illegali di RAEE a cui facciano seguito la formulazione dei capi di accusa e i processi”.

Il progetto CWIT raccomanda un approccio “multi-stakeholder” e offre una roadmap a breve, a medio e a lungo termine per ridurre il fenomeno del commercio illegale dei RAEE.

Nello specifico, il progetto ipotizza due nuovi sistemi per potenziare sia la cooperazione tra le agenzie e tra gli Stati sia lo scambio e l’analisi delle informazioni:

– un “Operational Intelligence Management System” in grado di promuovere e supportare la capacità di agire sulla base delle informazioni, di accrescere la conoscenza comune sui crimini collegati al commercio e al trattamento illegale dei RAEE, di identificare i rischi connessi alla criminalità organizzata (sia su base nazionale che internazionale) e di suggerire azioni specifiche;

– una “National Environmental Security Task Force“, formata da diverse autorità e partners e guidata da un team di esperti specializzati, per attivare un’applicazione della legge che sia cooperativa, collaborativa e coordinata a livello nazionale e internazionale, consentendo di far fronte a una debolezza attualmente esistente nella condivisione delle informazioni, di identificare significative minacce e linee di sviluppo delle attività criminali e di coordinare sia attività investigative di alto profilo sia operazioni a livello nazionale e costituendo anche l’elemento di collegamento tra i singoli Paesi e la più ampia strategia globale di sicurezza ambientale.

Tra le altre raccomandazioni del progetto CWIT si segnala:

– il divieto su scala europea dell’impiego dei contanti nelle transazioni relative al commercio di rottami metallici;

– l’obbligo di trattare i RAEE in accordo ad approvati standard di qualità, con uno specifico sistema di certificazione; l’obbligo di trasmettere i risultati del trattamento alla Comunità Europea (includendo in particolare un monitoraggio chiaro e univoco sulla rimozione delle sostanze inquinanti – ad esempio il mercurio dagli schermi o il CFC dai frigoriferi);

– il pieno recepimento e tempestiva implementazione dell’ultima Direttiva sui RAEE, e linee guida armonizzate per distinguere AEE e RAEE;

– attività investigative più precise e lungo tutta la filiera, sistemi nazionali di verifica e monitoraggio;

– aumento del coinvolgimento e della consapevolezza dei consumatori, anello iniziale della catena dei RAEE.

Definire le normative ed applicarle con successo è un processo difficile, soprattutto quando mancano dati statistici e comprensione del mercato – ha concluso Jaco Huisman dell’United Nations University e coordinatore scientifico del progetto CWIT – Il valore del progetto CWIT è quello di fornire sia i dati che l’analisi del mercato, così come un dettagliato esame del contesto legislativo e della catena di applicazione della legge. La roadmap messa a punto per aumentare la raccolta e il trattamento dei RAEE in Europa sarà un altro significativo risultato per tutti i soggetti coinvolti”.

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