La prima Statistica trimestrale della Banca d’Italia sui conti distributivi sulla ricchezza delle famiglie italiane, pubblicata in contemporanea con l’uscita dei dati sull’area euro della BCE, evidenzia che nel nostro Paese quelle meno abbienti detengono principalmente abitazioni, mentre il portfolio di quelle più ricche è diversificato, detenendo anche quote significative di azioni, partecipazioni e attività reali destinate alla produzione e di altri strumenti finanziari complessi.
Il 5% delle famiglie italiane più ricche possiede circa il 46% della ricchezza netta totale.
È uno dei principali messaggi della prima Statistica trimestrale “I Conti distributivi sulla ricchezza delle famiglie italiane” che la Banca d’Italia ha pubblicato l’8 gennaio 2024, in contemporanea con l’uscita dei dati sull’area dell’euro (Distributional Wealth Accounts, DWA), prodotti dalla Banca Centrale Europea (BCE).
La nuova pubblicazione che avrà frequenza trimestrale e verrà rilasciata circa cinque mesi dopo la chiusura del trimestre di riferimento, offre informazioni sulla distribuzione della ricchezza delle famiglie italiane e sono compilate dalla Banca d’Italia utilizzando una metodologia concordata a livello europeo che si basa su ipotesi largamente impiegate nella letteratura scientifica e che combina i dati campionari dell’Household Finance and Consumption Survey (HFCS) – l’indagine armonizzata sui bilanci delle famiglie dei Paesi dell’area dell’euro – con gli aggregati di contabilità nazionale.
Secondo le statistiche dei conti distributivi, la composizione del portafoglio è molto eterogenea tra famiglie: in Italia quelle meno abbienti detengono principalmente abitazioni e depositi mentre quelle più ricche diversificano maggiormente, detenendo anche quote significative di azioni, partecipazioni e attività reali destinate alla produzione e di altri strumenti finanziari complessi.
Composizione di portafoglio della ricchezza delle famiglie per tre gruppi: la classe al di sotto della mediana, ossia il 50% più povero; la classe “centrale” o “intermedia”, che corrisponde alle famiglie la cui ricchezza netta è compresa tra il 50° e il 90° percentile; il 10%per cento più ricco.
Alla fine del 2022, il 5% più ricco delle famiglie italiane deteneva il 46 % della ricchezza netta complessiva mentre il 50% più povero ne possedeva meno dell’8%.I principali indici di disuguaglianza sono rimasti sostanzialmente stabili tra il 2017 e il 2022, dopo essere aumentati tra il 2010 e il 2016. La metà della ricchezza degli italiani è rappresentata dalle abitazioni., ma tale percentuale varia fortemente in base alla ricchezza: le abitazioni raggiungono i tre quarti della ricchezza per le famiglie sotto la mediana, si attestano poco sotto il 70% per quelle della classe centrale mentre scendono a poco più di un terzo per quelle appartenenti alla classe più ricca.
Per le famiglie più povere, i depositi sono l’unica componente rilevante di ricchezza finanziaria (17%), mentre il portafoglio delle famiglie più ricche è maggiormente diversificato con quasi un terzo della ricchezza rappresentato da capitale di rischio legato alla produzione (azioni, partecipazioni e attività reali destinate alla produzione) e un quinto da fondi comuni di investimento e polizze assicurative.
La composizione del portafoglio delle famiglie per classe di ricchezza ha subìto significative variazioni fra il 2010 e il 2022. In un periodo caratterizzato da una generale flessione dei prezzi degli immobili, il peso delle abitazioni è sceso dal 55,8 al 50,2% a livello aggregato; tuttavia, per le famiglie più povere è cresciuto del 4%. La riduzione del peso dei titoli di debito è stata particolarmente accentuata per il decimo più ricco, con un calo di oltre il 7%, a fronte di un rilevante aumento del peso di azioni, assicurazioni ramo vita e quote di fondi comuni. L’aumento del peso dei depositi ha accomunato tutte le classi di ricchezza considerate, ma in maniera più forte quella centrale.
Nel 2010 circa la metà del patrimonio abitativo era detenuta dalla classe centrale; nel 2022 tale percentuale era scesa al 45% cento, soprattutto a vantaggio del decimo più ricco; la quota di abitazioni posseduta dalle famiglie sotto la mediana è rimasta stabile nel tempo attorno al 14%.
I depositi sono aumentati di circa il 40 % tra il 2010 e il 2022, soprattutto per le famiglie appartenenti al decimo più ricco, la cui quota è salita di sei punti percentuali, raggiungendo la metà del totale; si è invece ridotta in maniera sensibile la quota di depositi detenuta dalle famiglie sotto la mediana.
Le attività non finanziarie non residenziali, che riguardano investimenti in società di persone di piccole dimensioni, alla fine del 2022 erano possedute per circa due terzi dal decimo più ricco, mentre le famiglie della classe intermedia ne detenevano il 28%. Dal 2010 si sono osservate una riduzione della quota posseduta dalle famiglie più ricche di circa il 7%i e un rilevante aumento per la classe centrale. In tutto il periodo analizzato, le azioni e altre partecipazioni detenute della classe più ricca rappresentano oltre il 95%, con un massimo di quasi il 98% attorno al 2016. Sul fronte delle passività, invece, le famiglie sotto la mediana pesavano nel 2022 per quasi un terzo del totale, all’incirca quanto quelle della classe centrale.
Dal confronto con gli altri tre maggiori paesi dell’area dell’euro e con il complesso di quest’ultima, il rilevante calo della ricchezza netta mediana negli anni successivi alla crisi dei debiti sovrani e il suo mancato recupero nel periodo successivo rappresentano una peculiarità italiana. Anche in Spagna si è verificata una diminuzione fino all’inizio del 2013, ma in seguito il valore mediano è cresciuto rapidamente, superando quello dell’Italia. In Francia nel periodo di analisi la ricchezza mediana ha superato ampiamente quella dell’Italia, mentre in Germania la sua crescita ha ridotto da circa 140.000 a 50.000 euro il divario rispetto ai più elevati livelli osservati in Italia.
Complessivamente nell’area dell’euro la ricchezza netta mediana ha raggiunto un minimo di circa 100.000 euro nel 2013 per poi salire gradualmente fino a superare i 140.000 euro nel 2022. In tutti i paesi si osserva un aumento della disuguaglianza nei primi anni di indagine, seguito da una leggera riduzione. Sulla base dell’indice di Gini, la Germania appare il paese con il maggior grado di disuguaglianza in termini di ricchezza netta. L’Italia si colloca su un livello inferiore a quello dell’area dell’euro, simile a quello della Francia e superiore a quello della Spagna. Il divario rispetto al complesso dell’area riflette la più elevata quota di ricchezza netta detenuta in Italia dalle famiglie al di sotto della mediana (legata soprattutto al possesso di abitazioni), che controbilancia la più ampia quota di ricchezza detenuta dal %% più ricco (46% alla fine del 2022). In Germania, invece, a fronte di una percentuale simile di ricchezza posseduta dal 5% più ricco (48% nel 2022), è molto più bassa la quota della metà più povera delle famiglie, in parte per il maggiore ricorso all’affitto della prima casa. Alla fine del 2022 le famiglie italiane sotto la mediana detenevano una ricchezza media di circa 60.000 euro, pari a tre volte quella delle rispettive famiglie tedesche; un divario positivo, seppure più contenuto, si osserva anche nei confronti della Francia. Al contrario, la ricchezza media nelle altre due classi è maggiore per le famiglie francesi e tedesche.