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PREPAIR: qualità dell’aria è problema complesso dalle molteplici cause

Il Progetto europeo PREPAIR interviene sulle recenti e non sempre pertinenti informazioni fornite dai media sulle cause della qualità dell’aria nel bacino padano, dopo le limitazioni del traffico per il superamento dei limiti di alcuni inquinanti.

PREPAIR (Po Regions Engaged to Policies of Air), il progetto europeo LIFE integrato, coordinato dalla Regione Emilia-Romagna, che coinvolge con un budget di quasi 17 milioni di euro, dei quali il 60% di co-finanziamento europeo, altri 17 partner dell’area del bacino padano (Regioni ed agenzie ambientali di Piemonte, Valle d’Aosta, Lombardia, Veneto, Friuli Venezia Giulia, Provincia Autonoma di Trento, ARSO Agenzia dell’ambiente Slovena, Comuni di Milano, Torino e Bologna, Art-ER – Agenzia della Regione Emilia-Romagna e Fondazione Lombardia per l’Ambiente), è intervenuto sul problema della qualità dell’aria per sottolineare quanto sia importante analizzare il problema nel dettaglio per poter identificare soluzioni efficaci ed agire in maniera integrata.

Secondo i partner del Progetto che avrà una durata di 7 anni (termine previsto 31 gennaio 2024) e che ha come obiettivo l’implementare delle misure previste dai Piani regionali e dall’Accordo di Bacino su scala maggiore, rafforzandone la sostenibilità e la durabilità dei risultati, gli interventi dei media durante il mese di gennaio 2020, a seguito degli interventi di blocco del traffico per le elevate concentrazioni di inquinanti [ndr: vedi il focus sulle prime 3 settimane di gennaio 2020, inserito nel Rapporto di Legambiente “Mal’Aria”], soprattutto particolato (PM10 e PM2,5) registrate in alcune grandi città (Milano, Torino, Roma) e nell’area vasta della Pianura Padana, non sempre hanno restituito la complessità della questione, spesso additando ad un’unica causa del problema: il traffico, la biomassa, il meteo.

La realtà è che la qualità dell’aria, in quanto problema complesso ha una pluralità di cause e non è possibile, né corretto, individuarne una sola – sottolinea PREPAIR – Va da sé che anche la soluzione al problema dovrà rispecchiare questa pluralità e complessità”.

Quasi tutte le attività umane emettono inquinanti in atmosfera. In aree poco popolate o in cui si concentrano poche attività questo può essere un problema trascurabile; il discorso cambia nelle zone densamente popolate ed industrializzate. Nel bacino del Po vive circa il 40% della popolazione italiana, oltre 23 milioni di persone che complessivamente producono più del 50% del PIL nazionale. La Pianura Padana è uno dei luoghi più densamente popolati ed industrializzati d’Europa. Questo comporta elevati livelli di emissioni di inquinanti, ma non basta a spiegare perché la qualità dell’aria costituisca un problema così rilevante: altre zone in Europa hanno un livello di emissioni paragonabile, ma non gli stessi livelli di inquinamento.

A rendere particolarmente critica la qualità dell’aria della Pianura Padana contribuiscono certamente le condizioni orografiche e meteo-climatiche del bacino del Po, che favoriscono l’aumento delle concentrazioni di inquinanti, rendendone difficile e lenta la dispersione. Come è noto la pianura è circondata su tutti i lati da montagne (Alpi ed Appennini), a parte ad est dove si affaccia sull’Adriatico, a sua volta un mare chiuso. Questa condizione viene spesso paragonata ad una stanza con una sola finestra, in cui non è possibile creare “la corrente” per cambiare l’aria.

La concentrazione di PM10 nel Bacino Padano il 14 gennaio 2020. I dati sono forniti dai partner del progetto. I cerchietti mostrano i dati delle stazioni di monitoraggio, la mappatura è stata ottenuta con il modello chimico di trasporto e dispersione NINFA (Fonte: Prepair “data sharing infrastructure”) 

Posto che non si possono cambiare le condizioni meteo climatiche, osserva PREPAIR, si può agire per ridurre le emissioni di inquinanti di origine antropica che appartengono a diverse tipologie: particolato (PM10 e PM2,5), Ossidi di azoto (NOx), Ossidi di Zolfo (SOx), Ossido di Carbonio (CO), IPA (Idrocarburi Policiclici Aromatici come il benzene), Ammoniaca e altri. L’intervento di PREPAIR si è concentrato in questa occasione sul particolato del quale nel periodo si sono osservate situazioni di inquinamento maggiormente diffuse e che rappresenta uno degli inquinanti più dannosi alla salute.

Da dove viene il particolato?

La risposta a tale domanda è complessa. C’è una prima distinzione da fare tra particolato primario e secondario. Una parte di particolato viene emesso direttamente in atmosfera come tale (particolato primario), ma questa non è la parte preponderante: la maggior parte di particolato si crea a seguito dell’emissione di altri inquinanti, detti precursori, che una volta in atmosfera si trasformano chimicamente, dando origine al particolato secondario.

Il grafico mostra una stima dell’origine dell’inquinamento da PM10 in una tipica situazione del bacino padano (Emilia-Romagna) e ci fornisce gli ordini di grandezza dei diversi contributi.

Uno dei maggiori contributi al PM si deve al traffico su strada (trasporto merci e veicoli leggeri), non solo come prodotto della combustione, ma ad esempio, anche a causa dell’usura dei freni e dell’asfalto. La parte preponderante del particolato generato dal traffico è inoltre dovuta alla emissione di precursori (soprattutto NOx).

Altri importanti settori che danno origine al particolato sono il riscaldamento domestico, il settore industriale e il settore agricolo che costituisce forse il dato più inaspettato (e spesso ignorato dai media): allevamenti intensivi e concimazioni emettono poco particolato primario, ma in compenso sono la principale fonte di ammoniaca (il 97% del totale nel bacino padano), principale precursore di particolato secondario.

Peraltro, secondo un Rapporto dell’Agenzia Europea dell’Ambiente sui progressi compiuti dagli Stati membri dell’UE a rispettare i limiti di emissione di alcuni inquinanti atmosferici molto nocivi per la salute umana e per l’ambiente, stabiliti dalla Direttiva NEC (National Emission Ceilings), le emissioni di ammoniaca hanno proseguito la loro crescita per il 4° anno consecutivo, mentre tutti gli altri inquinanti previsti dalla Direttiva hanno continuato a scendere, seppur di poco. Oltre a incidere sulla qualità dell’aria, le emissioni di ammoniaca possono determinare un aumento di deposizioni acidificanti e a livelli eccessivi di nutrienti nei suoli, fiumi o nei laghi, con conseguente impatto negativo sugli ecosistemi acquatici e causare danni alle foreste, alle colture e alla vegetazione in generale.

Perché si parla tanto di biomassa domestica?
Se il riscaldamento domestico è responsabile del 56% delle emissioni di particolato primario sull’intero bacino padano, questo non significa che sia la principale fonte di polveri sottili in assoluto, ma ne produce comunque una quota significativa. Entrando nel dettaglio dei dati, si scopre che il 90% di queste emissioni è dovuta all’uso di biomassa, principalmente legno e pellet. 

Quindi, è inesatto sostenere che la biomassa è il principale responsabile dell’emissione di PM10 e che pertanto non è necessario agire sul traffico su strada, tuttavia rimane una componente molto significativa e su cui è possibile intervenire in modo molto efficace, ad esempio seguendo delle buone pratiche di utilizzo e in prospettiva sostituendo impianti vecchi (soprattutto i camini aperti) con stufe di ultima generazione, che hanno emissioni molto più basse. 

Per raggiungere gli obiettivi di qualità dell’aria posti dall’Unione Europea, conclude PREPAIR, non ci si può limitare ad intervenire su un singolo aspetto (come il traffico, la combustione di biomassa o l’agricoltura): è necessario sviluppare un approccio integrato che tenga in considerazione tutti questi aspetti.

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