Sostenibilità

PNRR: per ASviS riferirsi a Agenda 2030 e nuovo corso delle politiche UE

In base al Rapporto dell’ASviS, il PNRR andrebbe migliorato da diversi punti di vista e inquadrato nell’ambito di un più ampio Programma Nazionale di Riforma costruito sulla base degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile dell’Agenda ONU 2030. L’Alleanza analizza in dettaglio come migliorare l’attuale bozza di PNRR per accrescere l’impatto e l’efficacia delle diverse misure.

Inserire il PNRR nell’ambito di un più ampio Programma Nazionale di Riforma da disegnare nel quadro dell’Agenda 2030, come previsto anche dal Semestre europeo, e introdurre traguardi qualitativi, obiettivi quantitativi e tempi d’esecuzione.

È quanto emerge dal Rapporto Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, la Legge di Bilancio 2021 e lo sviluppo sostenibile”, presentato dall’Alleanza italiana per lo Sviluppo Sostenibile (ASviS) sul Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) predisposto dal precedente Governo, e presentato nel corso di un evento in streaming il 9 marzo 2021. Giunto alla sua terza edizione, quest’anno la pubblicazione dedica particolare attenzione agli impatti della crisi provocata dalla pandemia.

Lo studio dell’ASviS alla luce dell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile, valuta tutte le Missioni del PNRR e le relative misure, avanzando proposte per contribuire alla revisione del Piano attualmente in corso, per indirizzare tutte le risorse in un’ottica di sviluppo sostenibile. In particolare, l’Alleanza propone di adottare gli Obiettivi di sviluppo sostenibile dell’Agenda 2030 sia per definire la governance verticale e orizzontale del Piano, sia per monitorarne e verificarne i risultati, in piena conformità anche con quanto previsto dal Semestre europeo.

Adottando questo approccio, l’ASviS intravede alcune criticità:
– la mancanza di un’indicazione più dettagliata sulle priorità delle riforme necessarie e di un richiamo sistematico alle raccomandazioni del Semestre europeo 2019 e 2020;
– l’assenza di un allineamento ai nuovi target climatici europei;
– il mancato approfondimento di obiettivi fondamentali come la giusta transizione, il piano Garanzia Giovani, l’Agenda europea delle competenze.

Viene sottolineata, inoltre, l’assenza di temi fondamentali come la perdita di biodiversità, l’adattamento ai cambiamenti climatici, la riduzione dell’inquinamento, benché il Piano, come previsto dal Regolamento europeo, dovrebbe destinare almeno il 37% dei fondi alla transizione verde e per il 100% dei fondi si deve rispettare il principio di non nuocere in modo significativo all’ambiente.
Manca pure una valutazione complessiva dei risultati attesi in termini di sostenibilità e impatto duraturo nel tempo delle scelte del PNRR, di coesione sociale e riduzione delle disuguaglianze.

Gli Obiettivi di sviluppo sostenibile dell’Agenda 2030 rappresentano un quadro di riferimento fondamentale affinché il PNRR risulti sistemico e coerente, in linea con il nuovo corso delle politiche europee e, in particolare, del Next Generation EU – ha sottolineato il Presidente dell’ASviS, Pierluigi StefaniniÈ importante che le azioni a breve termine siano motivate da obiettivi di lungo periodo, come chiede la Commissione europea. Chiediamo che all’integrazione del PNRR partecipi la società civile, come richiesto dalle linee guida della Commissione. L’ASviS e le oltre 290 organizzazioni aderenti sono disponibili a contribuire al dibattito e sottolineano la necessità di adottare una visione integrata del futuro”.

L’analisi dell’ASviS ripartisce i punti salienti del PNRR nei 6 pilastri del Regolamento UE e delle relative Linee guida della Commissione UE :transizione verde; trasformazione digitale; crescita intelligente sostenibile e inclusiva; coesione sociale e territoriale; salute e resilienza economica, sociale e istituzionale; politiche per la prossima generazione.
Questo per permettere al lettore di comprendere come potrebbero essere riorganizzati gli interventi nella riscrittura del PNRR

Oltre che il PNRR, grazie al contributo degli 800 esperti delle organizzazioni aderenti, l’ASviS ha esaminato anche la Legge di Bilancio 2021, comma per comma, valutandone la coerenza rispetto ai 169 Target e ai 17 Obiettivi di sviluppo sostenibile da raggiungere entro il 2030.

Inoltre, il Rapporto pubblicato oggi contiene l’aggiornamento degli indicatori compositi europei che descrivono il percorso dei Paesi dell’UE rispetto al raggiungimento degli Obiettivi.
Tra il 2010 e il 2019, si segnalano segni di miglioramento per dodici Obiettivi (1, 2, 3, 4, 5, 7, 8, 9, 11, 12, 13 e 16), di sensibile peggioramento per tre (10, 15 e 17), mentre per il Goal 6 la situazione appare sostanzialmente invariata.

Tra il 2018 e il 2019 si segnalano miglioramenti per otto Obiettivi: 1, 5, 7, 8, 11, 12, 13, 16. Una sostanziale stabilità si rileva per gli Obiettivi 2, 3, 4, 6, 9, 10, 15 e 17, mentre non si osservano peggioramenti in alcun Goal. Tra quelli che migliorano, i Goal 3 (Salute) 4 (Istruzione) 7 (Energia).
Peggiorano invece, i Goal 10 (Disuguaglianze), 15 (Ecosistemi terrestri) e 17 (Cooperazione).

Infine, per la prima volta, l’ASviS presenta un’analisi della distanza dell’Unione europea da 23 target quantitativi dell’Agenda 2030. Dall’inizio della pandemia è cresciuta la sensibilità degli italiani per i temi dello sviluppo sostenibile. Come rilevato in una ricerca commissionata dalla Fondazione Unipolis svolta a gennaio, il livello della conoscenza specifica dell’Agenda 2030 si attesta intorno al 35% della popolazione, con una crescita di sette punti rispetto allo stesso periodo del 2020.

È il secondo anno di fila in cui viene rilevata una crescita simile. Questo dato tuttavia non fotografa appieno l’interesse degli italiani per l’implementazione di politiche che aumentino la sostenibilità del nostro Paese: infatti, circa il 74% della popolazione intervistata le ritiene molto o abbastanza urgenti, con una crescita di circa 13 punti percentuali rispetto allo scorso anno.

È il dato fotografato da una rilevazione di Eumetra, che ha analizzato l’opinione degli intervistati dividendoli secondo sette gruppi socioeconomici. Da questa analisi emerge anche come i gruppi socioeconomici più fragili siano i meno favorevoli a politiche sostenibili, con un arretramento generale riconducibile alla crisi causata dalla pandemia, nella quale la sostenibilità, da alcuni, viene percepita come un lusso da posticipare alla fine della crisi in corso.

Questa situazione richiede un maggiore sforzo da parte delle istituzioni, delle imprese e della società civile per convogliare il messaggio che la sostenibilità non è un’opzione, ma è l’unica strada sicura per intraprendere la ripresa.

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