Un recente studio dell’Istituto di scienze dell’atmosfera e del clima del Consiglio Nazionale delle Ricerche, con la collaborazione di un ricercatore dell’Università di Montreal, che ha analizzato 20 anni di dati, indica che la temperatura del mare sembra svolgere un ruolo importante nei tornado che avvengono in Puglia, Calabria e nell’Adriatico settentrionale, lanciando di fatto un avvertimento sulla futura maggiore gravità e frequenza di tali fenomeni, stante il maggior riscaldamento del Mediterraneo per effetto dei cambiamenti climatici.
Sebbene i tornado, colonne d’aria ruotanti che si estendono da una nube cumuliforme fino alla superficie terrestre, vengano spesso associati alle grandi pianure americane, questi fenomeni atmosferici sono abbastanza comuni anche nel continente europeo e nella penisola italiana, come accaduto a Taranto il 28 novembre 2012 e a Mira e Dolo (VE) l’8 luglio 2015, dove hanno provocato milioni di euro di danni e, purtroppo, anche delle vittime.
Finora pochi studi scientifici ne hanno analizzato le caratteristiche. Ora, uno Studio dal titolo “Synoptic patterns and mesoscale precursors of Italian tornadoes”, appena pubblicato su Atmospheric Research e redatto da due ricercatori dell’Istituto di scienze dell’atmosfera e del clima del Consiglio nazionale delle ricerche (CNR-ISAC), in collaborazione con Roberto Ingrosso del Dipartimento di Science della Terra e dell’Atmosfera dell’Università del Quebec (Montreal), sono state identificate le configurazioni tipiche, a scala sinottica e a mesoscala, relative ai fenomeni sviluppatisi in alcune aree italiane.
“Abbiamo analizzato le condizioni ambientali associate allo sviluppo di trombe d’aria in Italia negli ultimi 20 anni. Isolando i casi più rilevanti, e raggruppandoli in famiglie regionali, abbiamo potuto identificare alcune particolari configurazioni atmosferiche che favoriscono la formazione di questi eventi – ha affermato Leonardo Bagaglini del CNR-ISAC di Roma e principale autore dello Studio – In particolare, la genesi dei tornado è generalmente associata a forti anomalie in alcuni parametri meteorologici, che differiscono tra le varie macroregioni analizzate, con valori più elevati negli eventi del Sud Italia”.
Le trombe d’aria meridionali generalmente si sviluppano in autunno e d’estate e hanno origine da trombe marine che si spostano sulla terraferma. Sono innescate dal rapido transito di una massa d’aria di origine africana molto calda e umida (che favorisce condizioni di spiccata instabilità), caratterizzata da una forte rotazione del vento con la quota, elemento necessario per lo sviluppo degli eventi più intensi. Le trombe d’aria nel Nord Italia si verificano per lo più in tarda primavera e in estate; in questi casi l’instabilità si innesca principalmente per l’arrivo di aria più fresca proveniente da Nord sopra l’aria calda e ricca di umidità che persiste nei bassi strati durante la stagione estiva.
“La temperatura del mare sembra svolgere un ruolo importante per le trombe d’aria in Puglia e Calabria e nell’Adriatico settentrionale, soprattutto per le più intense – ha concluso Mario Marcello Miglietta, del CNR-ISAC di Padova/ Legge e co-autore della ricerca – Il nostro studio ha evidenziato che, per i vortici originati come trombe marine, il mare su cui si formano risulta generalmente più caldo della media climatologica: tale anomalia risulta maggiore per i fenomeni che interessano le coste ioniche e venete”.
Con l’aumento della temperatura delle acque del mare sotto il forcing dei cambiamenti climatici, c’è la possibilità che i tornado diventino più grandi, producendo danni ancora più consistenti. Il Mare nostrum ha già raggiunto +1,5 °C rispetto ai livelli preindustriali, il che significa che l’effetto del global warming in quest’area è del 20% più veloce della media globale. E andrà anche peggio in futuro se non verranno prese immediate misure per ridurre le emissioni di gas ad effetto serra: entro il 2040 l’aumento di temperatura sarà almeno di 2,2 °C, ma potrebbe salire fino a 3,8 °C in alcune aree del bacino entro il 2100.