Dopo varie tergiversazioni e rimpallo di responsabilità per inazione, se il Governo italiano vorrà evitare il deferimento alla Corte di Giustizia europea dovrà assumere decisioni che tengano conto delle esigenze delle future generazioni, non delle prossime elezioni, come presuppongono i pareri motivati comminati dalla Commissione UE al nostro Paese per mancate conformità alla Direttiva sui rifiuti radioattivi e alla Decisione per l’eradicazione degli olivi infettati da uno dei batteri più pericolosi al mondo per le piante.
Nel Pacchetto di infrazioni di luglio adottato dalla Commissione UE il 13 luglio 2017 sono stati inviati all’Italia 3 pareri motivati per i settori:
– Agricoltura e sviluppo rurale;
– Energia;
– Salute e sicurezza alimentare.
Il primo si riferisce al mancato recepimento delle misure sulle norme di commercializzazione relative ad alcuni prodotti lattiero-caseari, segnatamente le caseine e i caseinati destinati all’alimentazione umana e alle loro miscele, di cui alla Direttiva 2015/2203/UE. Le norme sull’etichettatura stabilite in tale direttiva mirano a garantire un livello elevato di tutela della salute allineando la legislazione dell’UE sui prodotti alimentari alle norme internazionali e agevolando così la libera circolazione di questi prodotti per gli operatori del settore alimentare. Gli Stati membri erano tenuti a recepire la Direttiva nei rispettivi ordinamenti e comunicare tali misure alla Commissione entro il 22 dicembre 2016. La caseina, che è presente nel latte, ma può essere utilizzata in modo indipendente in molti settori come agglomerante, ha molteplici impieghi, ad esempio come componente chiave del formaggio o come additivo alimentare. I caseinati hanno importanti proprietà nutritive, contenendo tutti gli aminoacidi essenziali e sono utilizzati in particolare nella produzione casearia, negli integratori proteici e nella panna da caffè in polvere. Le richieste della Commissione si configurano in un parere motivato e fanno seguito a lettere di costituzione in mora inviata all’Italia nel gennaio 2017, a cui non è seguita una risposta.
Ora l’Italia ha tempo due mesi per dare risposte esaurienti, in caso contrario la Commissione può decidere di deferire il nostro Paese alla Corte di giustizia dell’UE.
Decisamente più complicato il parere motivato per la mancata piena conformità alla Direttiva sui rifiuti radioattivi (Direttiva 2011/70/UE, in particolare per l’assenza di notifica alla Commissione UE del Programma nazionale di gestione del combustibile nucleare esaurito e dei rifiuti radioattivi.
La Direttiva istituisce un quadro per garantire la gestione responsabile e sicura del combustibile nucleare esaurito e dei rifiuti radioattivi al fine di evitare ogni onere indebito a carico delle generazioni future, prescrivendo di adottare adeguati provvedimenti in ambito nazionale per un elevato livello di sicurezza nella gestione del combustibile nucleare esaurito e dei rifiuti radioattivi, al fine di proteggere i lavoratori e la popolazione dai pericoli derivanti dalle radiazioni ionizzanti. I rifiuti radioattivi derivano dalla produzione di energia elettrica in centrali nucleari o da altri utilizzi di materiali radioattivi per scopi medici, di ricerca, industriali e agricoli. Questo significa che tutti i Paesi dell’UE producono rifiuti radioattivi e che, pertanto, erano tenuti a notificare i programmi nazionali entro il 23 agosto 2015.
La SOGIN, la Società pubblica incaricata del decommissioning (smantellamento degli impianti nucleari italiani) e dell’individuazione del Deposito nazionale, l’infrastruttura dove saranno sistemati definitivamente i rifiuti radioattivi, oggi stoccati in decine di depositi temporanei distribuiti sul territorio, aveva consegnato all’ISPRA nel gennaio 2015 la proposta di Carta delle aree potenzialmente idonee a ospitare il deposito. A marzo 2015 l’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale aveva inviato la sua relazione ai Ministeri dello Sviluppo economico (MiSE) e dell’Ambiente (MATTM) i quali a loro volta avevano rinviato la palla a SOGIN e ISPRA per ultreriori approfondimenti tecnici.
Durante la fase istruttoria, dalla mappa delle possibili aree idonee, oltre alla Val d’Aosta sono state stralciate lagune, zone protette, miniere, dighe, poligoni di tiro e tutte le aree con una delle seguenti caratteristiche: sismiche; soggette a frane o ad alluvioni; sopra i 700 metri di quota, sotto i 20 metri di quota; a meno di 5 chilometri dal mare; a meno di un chilometro da ferrovie o strade di grande importanza; vicino alle aree urbane; accanto ai fiumi. Pertanto, sono rimaste poche aree da considerare per ospitare i rifiuti radioattivi, che rappresenterebbero meno dell’1% del territorio nazionale, tuttavia le Regioni che hanno il sentore di avere quelle aree all’interno del loro territorio sono entrate in fibrillazione, temendo la reazione dei cittadini.
Così, nonostante i costi della SOGIN superino abbondantemente i 100 milioni di euro all’anno, le preoccupazioni per gli eventuali contraccolpi elettorali hanno fatto rinviare ogni decisione in merito. Ora, il parere motivato costringerà finalmente il Governo ad assumersi le proprie presponsabilità se non vorrà che l’Italia venga deferita alla Corte di Giustizia europea con le pesanti conseguenti multe milionarie.
Infine, c’è il parere motivato su un altro scottante tema legato alle mancate azioni necessarie ad arrestare la diffusione della “Xylella fastidiosa”.
Secondo la Commissione UE le autorità italiane non appaiono in grado di arrestare la diffusione dell’organismo nocivo che ha attaccato gli olivi della regione Puglia.
L’Italia era tenuta rispettare pienamente le norme dell’UE in materia di organismi nocivi ai vegetali o ai prodotti vegetali e contro la loro diffusione nell’UE (Decisione di esecuzione (UE) 2015/789 della Commissione e Direttiva 2000/29/CE). Tali norme comportavano la rimozione delle piante infette dal territorio colpito non appena fosse stata confermata per la prima volta la presenza di Xylella fastidiosa, uno dei batteri delle piante più pericolosi al mondo, che provoca una serie di malattie che hanno enormi ripercussioni economiche sull’agricoltura. Ciònonostante, nel nostro Paese è stata notificata la presenza di nuovi focolai e il calendario comunicato dall’Italia non si è rivelato efficace per garantire l’immediata rimozione degli alberi infetti, come prescritto dalla normativa dell’UE.
In giugno, un articolo su Nature dal titolo “Italy rebuked for failure to prevent olive-tree tragedy” aveva accusato l’Italia di non aver fatto abbastanza per fermare il batterio che negli ultimi 4 anni ha percorso circa 120 chilometri, alla velocità, quindi, di 30 chilometri all’anno, ad un ritmo di diffusione tale da mettere in pericolo l’intera Europa e la sua agricoltura, secondo quanto afferma l’autrice dell’articolo Alison Abott che punta il dito anche sugli sprechi nei finanziamenti di 10 milioni di euro che sarebbero arrivati da Bruxelles per il contenimento dell’infezione, ma che non avrebbero portato ad alcun risultato utile.
Anche in questo caso, una risposta esauriente alla Commissione UE per evitare il deferimento alla Corte, presuppone che non si può più essere accondiscendenti con gli elettori.
“Un politico pensa alle prossime elezioni, mentre uno statista alle future generazioni. Il politico pensa al successo del suo partito, lo statista al bene del suo Paese. Il politico vuole introdurre questa o quella misura, lo statista questo o quel principio. Infine, lo statista vuole mettersi alla guida, il politico è contento di essere trascinato” (“Wanted, a Statesman!” di J.F. Clarke, teologo e filosofo trascendentalista – 1810-1888).