Cibo e alimentazione

Nuovi prodotti alimentari: il nuovo Regolamento UE

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È stato pubblicato sulla GUUE L. 327 dell’11 dicembre 2015 il Regolamento (UE) 2015/2283 sui nuovi alimenti (novel food), che modifica il Regolamento (UE) n. 1169/11 e abroga il Regolamento (CE) n. 258/97.

Lo scopo del provvedimento che in sede di Parlamento europeo è stato contrastato (359 voti a favore, 202 contrari, 127 astenuti) è il miglioramento delle condizioni affinché le imprese possano più facilmente introdurre prodotti alimentari nuovi e innovativi sul mercato dell’UE, mantenendo allo stesso tempo un elevato livello di sicurezza alimentare per i consumatori europei.

Un “nuovo prodotto alimentare” è un alimento che non veniva consumato in misura significativa nell’UE prima del 15 maggio 1997 (data in cui è entrato in vigore il primo Regolamento sui nuovi prodotti alimentari). Può trattarsi di prodotti alimentari nuovi e innovativi o derivati dall’applicazione di nuovi processi di produzione e tecnologie, nonché di alimenti tradizionalmente consumati al di fuori dell’UE.

Dal 1997 gli sviluppi tecnologici e i pareri scientifici hanno subito una notevole evoluzione, tali da rendere necessari la revisione e l’aggiornamento delle categorie dei “nuovi alimenti” e più efficienti le procedure di autorizzazione (attualmente lunghe 3 anni e mezzo in media). Tra il 1997 e il 2014 sono state presentate circa 170 domande di autorizzazione in tutta l’UE (7-10 domande all’anno) delle quali circa 90 sono state accolte.

Viene creato un sistema di autorizzazione centralizzato che non solo permetterà una maggiore certezza ai richiedenti che intendono ottenere un’autorizzazione per un nuovo prodotto alimentare, ma semplificherà e velocizzerà il processo di autorizzazione.

L’Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA) effettuerà una valutazione scientifica dei rischi per le domande relative ai nuovi prodotti alimentari, mentre la Commissione UE gestirà i fascicoli di ogni richiedente e presenterà le proposte per l’autorizzazione dei nuovi prodotti alimentari risultati sicuri.

Per agevolare gli scambi di alimenti tradizionali provenienti da Paesi extraeuropei, considerati nuovi prodotti alimentari nell’UE, il nuovo regolamento introduce inoltre una procedura di valutazione più appropriata per gli alimenti nuovi per l’UE. Se si può storicamente dimostrare che l’alimento tradizionale in questione è sicuro e gli Stati membri dell’UE o l’EFSA non esprimono timori sulla sua sicurezza, l’alimento tradizionale verrà autorizzato a essere immesso sul mercato sulla base di una notifica da parte dell’operatore del settore alimentare.

Il nuovo Regolamento comprende anche disposizioni in materia di protezione dei dati. Le prove scientifiche recenti e i dati protetti da proprietà industriale non potranno essere utilizzati a beneficio di un’altra domanda per un periodo di 5 anni dopo l’autorizzazione di un nuovo prodotto alimentare.

L’uso di nuovi prodotti alimentari nell’UE verrà approvato solo se questi non presentano rischi per la sanità pubblica, il loro uso non è svantaggioso dal punto di vista nutrizionale quando sostituiscono un prodotto alimentare simile e non sono fuorvianti per il consumatore. Prima di venire autorizzati devono essere sottoposti a una valutazione scientifica che ne garantisca la sicurezza.
L’autorizzazione definisce le condizioni per il loro uso, la loro designazione come prodotti o ingredienti alimentari e i requisiti di etichettatura, definiti nel Regolamento (CE) n. 1169/2011. Per informare correttamente il consumatore possono inoltre applicarsi ulteriori requisiti specifici per l’etichettatura dei nuovi prodotti alimentari, come etichette di avvertimento che il nuovo prodotto alimentare non è adatto ad alcuni gruppi vulnerabili. L’etichetta deve indicare il nome del prodotto alimentare e, se del caso, precisarne le condizioni d’uso. Le indicazioni nutrizionali e sulla salute devono essere compatibili con il Regolamento (CE) n. 1924/2006.

Una volta approvato per la commercializzazione nell’UE, un prodotto alimentare può essere venduto in qualsiasi Stato membro, mentre in alcuni casi era a discrezione del singolo Paese che, tuttavia, può sospendere o limitare provvisoriamente l’immissione sul mercato e l’uso di qualsiasi nuovo prodotto alimentare se ritiene che esso possa costituire un pericolo per la salute in base alle disposizioni di salvaguardia della legislazione alimentare generale. In questo caso le autorità degli Stati membri devono informarne la Commissione, che svolgerà un’indagine sulla misura di protezione dello Stato membro. Qualora un prodotto alimentare risulti costituire un rischio per i consumatori, la Commissione può immediatamente sospenderne l’autorizzazione alla commercializzazione nell’UE.

Sono considerati nuovi alimenti tutti quelli non utilizzati in misura significativa per il consumo umano nell’Unione prima del 15 maggio 1997, che rientrino in almeno una delle seguenti categorie:
– alimenti con una struttura molecolare nuova o volutamente modificata;
– alimenti costituiti, isolati o prodotti da microorganismi, funghi o alghe;
– alimenti costituiti, isolati o prodotti da materiali di origine minerale;
– alimenti costituiti, isolati o prodotti da piante o da parti delle stesse, ad eccezione degli alimenti che vantano una storia di uso sicuro;
– alimenti costituiti, isolati od ottenuti a partire da animali o da parti dei medesimi, ad eccezione degli animali ottenuti mediante pratiche tradizionali di riproduzione;
– gli alimenti costituiti, isolati o prodotti a partire da colture cellulari o di tessuti derivanti da animali, piante, microorganismi, funghi o alghe;
– gli alimenti risultanti da un nuovo processo di produzione;
– le vitamine, i minerali e altre sostanze utilizzate in conformità della direttiva 2002/46/CE, del regolamento (CE) n. 1925/2006 o del regolamento (UE) n. 609/2013;
– gli alimenti utilizzati esclusivamente in integratori alimentari nell’Unione prima del 15 maggio 1997, se destinati ad essere utilizzati in alimenti diversi dagli integratori alimentari come definiti all’articolo 2, lettera a), della direttiva 2002/46/CE;
– gli alimenti costituiti da nanomateriali ingegnerizzati a livello di atomi e di molecole, con la precisazione che deve essere richiesta un’autorizzazione di nuovo prodotto alimentare prima di essere utilizzati nei prodotti alimentari, la cui sicurezza sarà valutata dall’EFSA, mentre i richiedenti devono dimostrare che sono stati utilizzati i metodi di prova più aggiornati.

Sono altresì “nuovi alimenti” quei cibi consumati da almeno 25 anni nei Paesi terzi senza rischi per la salute, mentre ne risultano in ogni caso esclusi prodotti con normativa verticale specifica come OGM, enzimi, additivi e aromi, ma anche le vitamine e minerali.

Le nuove norme si applicheranno dal 1° gennaio 2018, ad esclusione di alcuni articoli che sono già operativi dal 31 dicembre 2015.

All’approvazione del Regolamento da parte del Parlamento europeo sui media sono apparsi commenti ironici o nel migliore dei casi articoli dalle connotazioni folkloristiche, in grado di attrarre l’attenzione del lettore e dell’ascoltatore per la “provocazione” di cibarsi di insetti in futuro, abitudine alimentare che a noi occidentali fa storcere il naso.
Nell’occasione, Coldiretti ha diffuso un comunicato stampa con il quale, ricorda che secondo un sondaggio condotto con IPR marketing “sono appena l’8% gli italiani che assaggerebbero gli insetti, il 7% si farebbe tentate dai ragni fritti, mentre ben il 19% non esiterebbe a mettere nel piatto la carne di coccodrillo”.

Un antipasto delle stranezze a tavola si è avuto in Italia grazie alle speciali deroghe concesse in occasione di EXPO 2015 anche se – ha sottolineato la Coldiretti – solo una risicata percentuale si è avventurata nell’assaggio delle curiosità più strane offerte, dall’hamburger di alligatore a quello di zebra dello Zimbawe fino al pesce palla giapponese, che tuttavia hanno conquistato una certa notorietà. Meno fortunati gli insetti che sono stati oggetto di una breve degustazione autorizzata dal Ministero della Salute alla fine dell’esposizione. Per il via libera al consumo – ha proseguito Coldiretti – c’è stato addirittura un importante endorsement della FAO che in un recente studio li classifica come il cibo del futuro perché stima che fanno parte delle diete tradizionali di almeno 2 miliardi di persone e che potrebbero quindi essere essenziali per combattere la fame.

Il riferimento è al Rapporto “Edible Insects: a future prospects for food and feed security”, presentato nel corso della Conferenza Internazionale su “Le Foreste per la sicurezza alimentare e la nutrizione”, svoltasi a Roma presso la sede della FAO dal 13 al 15 maggio 2013.

Non stiamo dicendo che le persone dovrebbero da domani cominciare a mangiare insetti – aveva spiegato Eva Muller, Direttrice della Divisione Politica economica e Prodotti forestali della FAO – Quello che lo studio cerca di dire è che gli insetti sono una delle risorse fornite dalle foreste ancora non sfruttate per il loro potenziale come cibo umano, e soprattutto animale”.

Sono ormai alcuni anni che esponenti della FAO formulano l’opportunità che in futuro si possa utilizzare questa fonte proteica, ma quel che più preme all’Organizzazione è il pericolo che il cambiamento degli stili di vita, e di conseguenti abitudini alimentari, da parte dei Paesi in via di sviluppo possa risultare insostenibile in un Pianeta di 9 miliardi di individui al 2050. Di qui la sottolineatura delle proprietà alimentari contenute negli insetti in grado di sostituire altri alimenti per la cui produzione aumentano il degrado ambientale e i cambiamenti climatici.

Utilizzare gli insetti per combattere l’emergenza fame, poi, è decisamente coerente con la filosofia che è stata alla base dell’EXPO milanese che ha ospitato il 21 ottobre la Conferenza “Research, suistainability and innovation in new foods”, organizzata dal CNR.

Per superare le riluttanza che deriva dalla nostra cultura alimentare i ricercatori stanno lavorando per ricavarne farine, che risulterebbero ricche di sali minerali e proteine – ha osservato Francesco Gaidell’Istituto di Scienze delle Produzioni Alimentari (Ispa-Cnr) – Per noi è più facile mangiare un dolce preparato con farina di insetti che grilli o cavallette fritti. Queste farine potrebbero poi essere usate anche per l’alimentazione degli animali da allevamento, in alternativa a quelle di pesce, sempre più costose a causa del sovrasfruttamento del mare”.

Il ricercatore italiano Stefan Klettenhammer, insieme ai colleghi dell’Università di Scienze applicate di Zurigo, Meinrad Koch e Philippe Geiger, ha vinto il premio della Virginia Tech Univerisity ed è stato tra i 10 finalisti del prestigioso Swiss Technology Award, assegnato lo scorso novembre, per aver messo a punto una tecnica di estrazione di proteine da larve di vermi della farina, che vengono poi incluse in una barretta energetica.

L’EFSA ha rilasciato l’8 ottobre 2015 lo studio “Risk profile related to production and consumption of insects as food and feed”, richiestole dalla stessa Commissione UE, per valutare le potenziali insidie microbiologiche nascoste dietro queste nuove fonti di proteine.

Anche se i dati a disposizione non sono molti, l’EFSA afferma che “quando gli insetti non trasformati vengono nutriti con sostanze per mangimi attualmente autorizzate, la potenziale insorgenza di pericoli microbiologici è prevedibilmente simile a quella associata ad altre fonti di proteine non trasformate” ovvero cibarsi di insetti non sarà più rischioso di quanto non sia quello legato al consumo di altre tipologie di animali allevati per l’alimentazione umana.

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