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Microplastiche e salute umana: colmare le lacune di conoscenza

Uno Studio di prospettiva condotta da due eminenti scienziati olandesi, sottolinea la necessità di colmare le lacune in merito all’effettiva presenza nel corpo umano delle microplastiche, con un’attenzione particolare alle nanoplastiche, per comprendere meglio gli eventuali rischi da esposizione e fornire informazioni utili per le future politiche sulla plastica in generale e le strategie di mitigazione sugli impatti delle microplastiche in particolare.

Sebbene non vi sia disaccordo sul fatto che gli esseri umani ingeriscono e inalano microplastiche attraverso l’acqua potabile, il cibo, gli imballaggi alimentari in plastica, l’aria ed altre vie di inquinamento, pochissime ricerche hanno finora studiato la loro capacità di attraversare le barriere epiteliali delle vie aeree, del tratto gastrointestinale e della pelle per ridurre l’attuale incertezza nella valutazione del rischio umano.  

È quanto sottolineano gli autori dello Studio di prospettiva (outlook) “Microplastics and human health”, pubblicato sulla sezione Tossicologia di Science: Dick Vethaak, Professore emerito del Dipartimento Ambiente e Salute dell’Università di Amsterdam e del Dipartimento Sistemi Marini e Costieri di Deltares, Istituto olandese di ricerca applicata nel campo di acque e substrati;  dalla Professoressa Juliette Legler dell’Istituto di scienze per la valutazione del rischio – Dipartimento di Scienze della Salute della Popolazione dell’Università di Utrecht.

Il termine microplastiche si riferisce a tutte le particelle di plastica inferiori a 5mm che si formano attraverso la rottura e l’usura di oggetti di plastica più grande, dall’usura dei pneumatici delle auto e degli abiti in fibre sintetiche, ma possono essere volutamente inserite in prodotti per la cosmesi e per altre applicazioni.

Hanno forme diverse e comprendono una serie di componenti chimici e biologici. Le microplastiche possono entrare nel corpo umano attraverso l’ingestione e l’inalazione dove possono essere assorbite in vari organi e potrebbero influire sulla salute, ad esempio danneggiando le cellule o inducendo reazioni infiammatorie e immunitarie.

Fonte: Science

Le microplastiche sono ormai ovunque – ha affermato Vethaak, principale autore dello studio – Ne siamo avvolti come da una nuvola. Ogni giorno se ne creano di più e saranno con noi per secoli. Il problema è che al momento non sappiamo quali siano i livelli di concentrazione”. 

Le attuali ipotesi di impatto sulla salute umana si concentrano sui livelli di esposizione probabilmente bassi. Tuttavia, questo non può essere considerato una giustificazione per assumere un basso rischio per la salute. Come scrivono gli autori, questa “bassa percentuale di assorbimento di particelle non è necessariamente irrilevante se si considera l’esposizione per tutta la vita e a causa del possibile accumulo nei tessuti e negli organi“.

Le microplastiche potrebbero costituire una minaccia relativamente nuova costituita da microrganismi, compresi virus e batteri che possono essere veicolati dalle microplastiche in modo relativamente facile.

Sappiamo che una frazione molto piccola di queste particelle può entrare nel corpo umano – ha proseguito l’ecotossicologo – Ma non sappiamo in che quantità e cosa possa produrre. Forse non sta accadendo molto, ma forse potrebbero avere conseguenze patologiche o tossicologiche. Se non lo cerchi, non lo trovi. E questo potrebbe essere un vero errore“.

Gli autori sottolineano come sia particolarmente problematica la mancanza di strumenti analitici per esaminare gli effetti delle imicroplastiche più piccole (<10 µm) e delle nanoplastiche (<1 µm), che potrebbe comportare una sottostima del rischio da esposizione, mentre sono “probabilmente più rilevanti per la tossicità“.

La maggior parte degli studi trascura anche l’effetto dei fattori ambientali sulle microplastiche, poiché utilizzano particelle di plastica incontaminate nei loro esperimenti. Secondo gli autori, è necessaria una ricerca che rifletta le condizioni ambientali reali e che tenga conto, ad esempio, dell’ “effetto cavallo di Troia“, trasferendo sostanze chimiche pericolose dalle particelle di plastica ai tessuti umani. Gli autori hanno indicato “importanti parallelismi” con i nanomateriali, suggerendo come la ricerca sulle microplastiche possa basarsi sulle conoscenze acquisite sulle previsioni associate tra nanomateriali e inquinamento atmosferico da particolato (PM).

Sono necessari sforzi di ricerca multidisciplinare per affrontare il potenziale pericolo per la salute rappresentato dalle microplastiche. Diversi programmi di ricerca di natura interdisciplinare nuovi e in corso si stanno concentrando per fornire dati sul rischio da microplastiche negli esseri umani, per fornire informazioni utili per le future politiche sulla plastica in generale e le strategie di mitigazione sugli impatti delle microplastiche in particolare.

Anche l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), pur rassicurando nel suo Rapporto  “Microplastics in drinking-water” che agli attuali livelli di microplastiche nell’acqua potabile non sussistono pericoli per la salute umana, ha rivolto un appello il 22 agosto 2019 per chiedere un’ulteriore valutazione delle microplastiche nell’ambiente e dei loro potenziali impatti sulla salute umana.

La lacuna più urgente colmare in questo momento è di dimostrare l’effettiva presenza di microplastiche nel corpo umano, con particolare attenzione alle piccolissime nanoparticelle, in modo da poter comprendere meglio l’esposizione interna – ha dichiarato Legler, co-autrice dello studio, la cui attività di ricerca attualmente si concentra sui potenziali effetti delle microplastiche sullo sviluppo del feto e del bambino, e che è coinvolta in 2 dei 4 nuovi progetti di ricerca finanziati dalla Commissione UE che stanno studiando l’impatto delle microplastiche sulla salute umana – Questa è una grande sfida analitica dal momento che attualmente sono pochissimi gli studi di alta qualità pubblicati”.

Foto di copertina di Dick Vethaak

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