Considerando la pervasività della plastica nella vita quotidiana, sarebbe stato più sorprendente che non si fossero trovate le tracce di microplastiche nell’organismo umano. Quel che interessa conoscere è l’eventuale impatto delle microplastiche sulla salute umana.
Se le microplastiche, le particelle di larghezza inferiore ai 5mm. derivanti dalla degradazione della plastica abbandonata nell’ambiente, sono presenti nell’acqua in bottiglia e nei pesci e molluschi marini, è del tutto plausibile che attraverso la catena alimentare entrino nei nostri organismi.
Pertanto, il clamore mediatico suscitato dalla relazione ”Assessment of Microplastics Concentrations in Human Stool. Preliminary Results of a Prospetive Study”, presentata il 24 ottobre 2018, nel corso della 26ma Settimana Europea di Gastroenterologia di Vienna, da ricercatori della Medical University di Vienna e dell’Agenzia federale per l’ambiente dell’Austria, che ha rilevato microplastiche in tutti i campioni di feci umane prelevati da 8 volontari di differenti Paesi (Austria, Finlandia, Giappone, Italia, Paesi Bassi, Polonia, Regno Unito e Russia), è stato eccessivo, giustificabile solo per il fatto che è stata la prima volta che la loro presenza nel corpo umano è stata accertata.
Nella settimana che ha preceduto la raccolta dei campioni di feci, i volontari hanno tenuto un diario alimentare: nessuno di loro era vegetariano; 6 di loro avevano consumato pesce; tutti hanno mangiato cibo che è venuto a contatto con contenitori o confezioni in plastica; tutti hanno assunto bevande e acqua da bottiglie di plastica.
I campioni sono stati testati per 10 tipologie di plastica e sono risultati positivi fino a 9 diversi materiali plastici, di dimensioni comprese tra 50 e 500 micrometri, in maggioranza di polipropilene (PP) e il polietilene tereftalato (PET). In media, i ricercatori hanno trovato 20 particelle microplastiche ogni 10g. di feci.
“Questo è il primo studio nel suo genere e conferma quello che sospettavamo da tempo ovvero che la plastica alla fine possa raggiungere l’intestino umano – ha affermato il relatore e ricercatore a capo dello studio, Philipp Schwabl della Divisione Grastroenterologia ed Epatologia della Medical University di Vienna – Questo significa per noi capire cosa comporti per la salute umana, specie per chi soffre di disturbi gastrointestinali, l’accumulo nell’intestino di particelle di microplastica. Inoltre le più piccole potrebbero entrare nel circolo sanguigno, nel sistema linfatico e potrebbero anche raggiungere il fegato. Abbiamo le prime prove delle microplastiche presenti negli organismi umani, ma sono necessarie ulteriori ricerche per capire cosa questo comporti per la salute umana”.
Sarebbe stato più sorprendente se non si fossero trovate tracce di microplastiche. Si tratta, tuttavia, di uno studio preliminare e come tale presenta delle lacune sia per quanto riguarda il numero di campioni che per le fonti di contaminazione. Non è detto, infatti, che la presenza di microplastiche nell’intestino sia imputabile solo al cibo e alle bevande. Un altro Studio di ricercatori dell’Università di Edimburgo, pubblicato la scorsa primavera, aveva avvertito che il rischio di ingerire plastiche consumando mitili è assai inferiore rispetto all’esposizione da fibre plastiche provenienti da arredi domestici e tessuti sintetici che precipitano nel piatto durante il consumo dei pasti.
Comunque, cresce la preoccupazione dell’opinione pubblica per la pervasività della plastica nell’ambiente e, al contempo, la pressione per l’azione. Nei giorni scorsi il Parlamento europeo ha approvato una risoluzione per allargare, rispetto alla proposta di Direttiva della Commissione UE per ridurre l’impatto delle plastica sull’ambiente marino, la platea di prodotti da mettere al bando o da ridurne la produzione.
Si stima che il 2-5% di tutte le materie plastiche prodotte finisca nei mari e oltre l’80% dei rifiuti marini sia costituito da materiali in plastica.
In copertina: Un campione di feci preparato su un filtro pronto per essere analizzato per trovare le microplastiche (Fonte: Umweltbundesamt – Agenzia Federale per l’Ambiente – Austria / S. Koeppel)
1 commento
i milioni di euro che arrivano al CONAI che fine fanno