Assumendo un approccio integrato tra aspetti demografici, economici e sociali. l’Istat nel Rapporto annuale sulla situazione del Paese, giunto alla sua XXXI edizione, focalizza l’attenzione sulle conseguenze dell’evoluzione demografica con particolare riferimento al mercato del lavoro, sul ruolo del capitale umano come fattore di inclusione e sviluppo, sulle criticità ambientali e le sfide della transizione ecologica, sulla capacità di innovazione e resilienza del sistema delle imprese.
– Terminato nel primo trimestre 2022 lo stato di emergenza sanitaria nazionale, nel corso dell’anno sono emersi nuovi elementi di criticità. Il forte rincaro dei prezzi dell’energia e delle materie prime, accentuato dal conflitto in Ucraina, ha condizionato l’evoluzione dell’economia, con rilevanti aumenti dei costi di produzione per le imprese e dei prezzi al consumo per le famiglie. Nonostante l’attenuarsi della fase più critica della crisi energetica, nel primo trimestre 2023, l’andamento dell’inflazione condizionerà l’evoluzione dei consumi e dei salari reali nel prossimo futuro.
– Non mancano, tuttavia, segnali favorevoli. Nel 2022 è proseguita la fase di recupero dell’attività produttiva iniziata nel primo trimestre 2021. A fine anno il saldo commerciale è tornato in attivo. Dati incoraggianti arrivano dal mercato del lavoro, in cui all’aumento degli occupati si è associata la diminuzione dei disoccupati e degli inattivi.
– Nel primo trimestre 2023 si registra una dinamica congiunturale positiva per il PIL, superiore a quella delle altre economie dell’UE, trainata soprattutto dal settore dei servizi. La manifattura mostra invece segnali di rallentamento.
– Sul fronte demografico, gli effetti dell’invecchiamento della popolazione si fanno sempre più evidenti: il consistente calo delle nascite registrato nel 2022 rispetto al 2019, circa 27 mila nascite in meno, è dovuto per l’80% alla diminuzione delle donne tra 15 e 49 anni di età e per il restante 20% al calo della fecondità. L’invecchiamento è destinato ad accentuarsi nei prossimi anni, con effetti negativi sul tasso di crescita del PIL pro capite.
– Investendo sul benessere delle nuove generazioni, si può fare in modo che l’insufficiente ricambio generazionale sia in parte compensato dalla loro maggiore valorizzazione. Gli indicatori che riguardano il benessere dei giovani in Italia sono però ai livelli più bassi in Europa. Le notevoli risorse finanziarie messe in campo per uscire dalla crisi dovrebbero supportare investimenti che accompagnino e rafforzino il benessere dei giovani nelle diverse fasi dei percorsi di vita, intervenendo fin dai primi anni di vita.
Sono alcuni degli aspetti principali del “Rapporto Annuale 2023. La situazione del Paese” che l’Istat ha presentato il 7 luglio 2023 alla Camera dei Deputati, nel corso di un evento trasmesso in live streaming.
“L’Istat ha documentato a più riprese, nelle diverse edizioni del Rapporto annuale, l’impatto dell’emergenza sanitaria sull’economia e sulla società e l’acuirsi delle disuguaglianze nei redditi e nelle opportunità, anche in relazione alle differenze territoriali nella dotazione di infrastrutture e nell’accessibilità e qualità dei servizi – ha affermato Francesco Maria Chelli, il Presidente f. f. dell’Istat, presentando il Rapporto alla Camera dei Deputati – Negli ultimi due anni, il persistere di fattori di crisi a livello internazionale ha determinato la risalita dell’inflazione, generando nuove forme di povertà e nuove esigenze di servizi sociali. Il Rapporto 2023 vuole guardare al presente per individuare le leve su cui agire per tornare a progettare il futuro. Pone, pertanto, al centro delle analisi i giovani e le componenti più dinamiche del sistema produttivo e della società civile, che risultano vitali per promuovere una fase di cambiamento che richiederà tempo e nuove energie per essere riprogettata”.
Il Rapporto fornisce una base informativa e di analisi ampia e rigorosa non solo per misurarsi con la complessità del presente, dovuta al susseguirsi di crisi a livello internazionale e nazionale, ma anche per progettare una nuova fase di sviluppo sostenibile e inclusivo. Assumendo un approccio integrato tra aspetti demografici, economici e sociali il Rapporto focalizza l’attenzione sulle conseguenze dell’evoluzione demografica con particolare riferimento al mercato del lavoro, sul ruolo del capitale umano come fattore di inclusione e sviluppo, sulle criticità ambientali e le sfide della transizione ecologica, sulla capacità di innovazione e resilienza del sistema delle imprese. Il PNRR, sottolinea l’Istat, offre l’opportunità di valorizzare il ruolo centrale dei giovani, del sistema produttivo e della società civile come protagonisti attivi del cambiamento. Tra gli elementi innovativi di questa XXXI edizione del Rapporto si segnalano i focus di approfondimento tesi ad evidenziare aspetti di rilievo legati all’ampliamento dei divari territoriali e ai confronti inter-generazionali e di genere.
Nel 1° capitolo “L’Italia tra eredità del passato e investimenti per il futuro” si rileva che, terminato nel primo trimestre 2022 lo stato di emergenza sanitaria nazionale, nel corso dell’anno sono emersi nuovi elementi di criticità. Il forte rincaro dei prezzi dell’energia e delle materie prime, accentuato dal conflitto in Ucraina, ha condizionato l’evoluzione dell’economia, con rilevanti aumenti dei costi di produzione per le imprese e dei prezzi al consumo per le famiglie. Nonostante l’attenuarsi della fase più critica della crisi energetica, nel primo trimestre 2023, l’andamento dell’inflazione condizionerà l’evoluzione dei consumi e dei salari reali nel prossimo futuro.
Non mancano, tuttavia, segnali favorevoli. Nel 2022 è proseguita la fase di recupero dell’attività produttiva iniziata nel primo trimestre 2021. A fine anno il saldo commerciale è tornato in attivo. Dati incoraggianti arrivano dal mercato del lavoro, in cui all’aumento degli occupati si è associata la diminuzione dei disoccupati e degli inattivi. Nel primo trimestre 2023 si registra una dinamica congiunturale positiva per il PIL, superiore a quella delle altre economie dell’UE, trainata soprattutto dal settore dei servizi. La manifattura mostra invece segnali di rallentamento.
Sul fronte demografico, gli effetti dell’invecchiamento della popolazione si fanno sempre più evidenti: il consistente calo delle nascite registrato nel 2022 rispetto al 2019, circa 27 mila nascite in meno, è dovuto per l’80% alla diminuzione delle donne tra 15 e 49 anni di età e per il restante 20% al calo della fecondità. L’invecchiamento è destinato ad accentuarsi nei prossimi anni, con effetti negativi sul tasso di crescita del PIL pro capite.
Investendo sul benessere delle nuove generazioni, sottolinea l’Istat, si può fare in modo che l’insufficiente ricambio generazionale sia in parte compensato dalla loro maggiore valorizzazione. Gli indicatori che riguardano il benessere dei giovani in Italia sono però ai livelli più bassi in Europa. Le notevoli risorse finanziarie messe in campo per uscire dalla crisi dovrebbero supportare investimenti che accompagnino e rafforzino il benessere dei giovani nelle diverse fasi dei percorsi di vita, intervenendo fin dai primi anni di vita.
2° capitolo “Cambiamenti nel mercato del lavoro e investimenti nel capitale umano”
Gli scenari demografici più recenti mettono in luce come entro i prossimi venti anni in Italia vi sarà una riduzione consistente della popolazione in età di studio e di lavoro. Tuttavia, la contrazione della platea di studenti può essere mitigata dalla diminuzione degli abbandoni nelle scuole secondarie superiori e da un aumento dei tassi di partecipazione all’istruzione universitaria. In entrambi i casi in Italia si sono registrati progressi significativi già nell’ultimo decennio, ma la distanza dai Paesi più virtuosi dell’UE è ancora ampia, in particolare nelle regioni del Mezzogiorno. Inoltre, le maggiori criticità di queste ultime riguardano anche le competenze dei diplomati, che risultano in media più basse rispetto a quelle misurate al Centro-Nord. Quasi un quinto dei giovani tra 15 e 29 anni in Italia non lavora e non studia (il dato più elevato tra i Paesi UE dopo la Romania), e fino a un terzo in Sicilia. Favorirne l’ingresso nel sistema formativo e nel mercato del lavoro potrebbe contribuire a ridurre la dissipazione del capitale umano dei giovani, risorsa sempre più scarsa nel prossimo futuro. Gli effetti del calo della popolazione in età da lavoro e dell’invecchiamento sono apprezzabili già oggi. Nonostante il recente andamento favorevole dell’occupazione, l’Italia si colloca ancora all’ultimo posto in ambito europeo e, al tempo stesso, detiene il primato (dopo la Bulgaria) per l’elevata età media degli occupati. L’aumento dei tassi di occupazione, in particolare per i giovani e le donne, potrebbe compensare la perdita prevista nel numero di occupati per effetto della dinamica demografica e ridurre la disuguaglianza di genere nei redditi. Gli effetti delle tendenze demografiche sul mercato del lavoro non vanno intese dunque come un destino ineluttabile. Il nostro Paese può conseguire ampi margini di contenimento degli effetti sfavorevoli della dinamica demografica agendo sul recupero dei ritardi strutturali. In questa prospettiva, per competere nella società della conoscenza, è fondamentale l’investimento in capitale umano e l’impiego di professionalità qualificate, unitamente alla modernizzazione del sistema produttivo.
3° capitolo “Criticità ambientale e transizione ecologica”.
Le tematiche ambientali si collocano ai primi posti tra le principali preoccupazioni dei cittadini. Nel 2022 oltre il 70% dei residenti in Italia, dai 14 anni in su, considera il cambiamento climatico o l’aumento dell’effetto serra tra le preoccupazioni prioritarie.
L’attenzione per i bisogni presenti e per quelli delle future generazioni dovrebbe permeare l’azione degli operatori economici e la progettazione delle politiche pubbliche a livello nazionale e locale, anche in considerazione dei cambiamenti normativi e delle opportunità già disponibili anche a livello europeo (Green Deal, Recovery Fund, REPowerEU).
Tra le maggiori criticità dell’ambiente italiano, si dedica attenzione: alla scarsità delle risorse naturali, con particolare riguardo all’acqua; alle emissioni di gas climalteranti, alla mobilità e agli effetti della qualità dell’aria. Tra le azioni messe in campo viene riportato il quadro dell’espansione dei boschi e delle aree protette, sia terrestri sia marine, la gestione dei rifiuti solidi urbani e lo sviluppo delle fonti energetiche rinnovabili.
Il processo di transizione ecologica è destinato a modificare le fonti e i prezzi dei beni energetici e l’analisi della recente dinamica dei prezzi energetici ci segnala una particolare vulnerabilità del nostro Paese e una netta sperequazione nell’impatto dell’inflazione energetica sulle famiglie .Le strategie di policy europee volte a garantire un processo di transizione giusto (Just transition) si concentrano sul tema della povertà energetica, tema sul quale il Rapporto offre un quadro aggiornato delle statistiche disponibili e una valutazione sull’efficacia dei bonus energetici nel mitigare il fenomeno.
4° capitolo “Il sistema produttivo tra resilienza e innovazione”
Nei primi mesi del 2022, all’uscita dall’emergenza sanitaria, il sistema produttivo italiano ha dovuto fare fronte, senza soluzione di continuità, all’emergere di nuovi fattori di crisi di natura politica, economica e ambientale. Il mondo delle imprese italiane ha mostrato una notevole capacità di resilienza agli shock originati dall’incremento dei prezzi dei beni importati, e in particolare dai prodotti energetici: ha trasferito sui prezzi di vendita l’aumento dei prezzi degli input produttivi, ma al contempo ha avviato anche strategie più complesse per rafforzare la competitività e incrementare l’efficienza energetica.
Nel corso del 2022 si è registrato un ampio recupero delle esportazioni, fortemente penalizzate durante la fase più acuta della pandemia. La partecipazione alle catene globali del valore si accompagna a una maggiore competitività sui mercati internazionali, ove quest’ultima è strettamente legata anche alla capacità di innovare e di investire in conoscenza. Le imprese innovative godono di significativi vantaggi nelle performance economiche e nella propensione all’export, anche a parità di dimensione media di impresa. Gli incentivi pubblici alla R&S, con il meccanismo del credito di imposta, sono uno stimolo efficace, ma selettivo, alla crescita della produttività totale dei fattori, in particolare per le imprese esportatrici manifatturiere e multinazionali.
Alcuni segnali di evoluzione digitale si rilevano per le istituzioni non profit, un settore che negli anni della crisi economica e dell’emergenza sanitaria ha avuto un ruolo centrale nel cogliere le esigenze dei territori e nel rispondere tempestivamente ai bisogni sociali, anche adottando modalità innovative. Nei primi mesi del 2023, e quindi appena fuori dalla fase più acuta della crisi energetica, una quota rilevante di imprese italiane nella manifattura e nei servizi di mercato ha dichiarato di aver intrapreso o pianificato l’adozione di strategie di sviluppo sostenibile. Ulteriori evidenze descrivono comportamenti virtuosi nel campo dell’innovazione eco-sostenibile. Tuttavia, sul sistema produttivo italiano pesano, oltre agli scenari economici globali incerti e instabili, la sua elevata frammentazione e la sua scarsa propensione a investire, soprattutto da parte delle imprese piccole e micro.
“Anno dopo anno, il Rapporto dell’Istat accompagna il Paese e ne ritrae con attenzione, partecipazione e rispetto, e con strumenti sempre più accurati, le trasformazioni, i traguardi raggiunti, i nuovi fermenti, i problemi da risolvere, e le domande che aspettano risposte – ha concluso la sua presentazione il Presidente f.f. di Istat Chelli – I dati e le statistiche che compongono questo ritratto sono il nostro contributo di conoscenza ai cittadini, alla società civile, alle istituzioni e al governo dell’Italia. Sono strumenti che servono a valorizzare, e talvolta anche scoprire, le risorse di cui il Paese può disporre: e mi riferisco, in primo luogo, ai giovani, come abbiamo voluto mettere in luce in questa edizione del Rapporto, e ai segmenti più innovativi del sistema produttivo. Sono strumenti a disposizione delle politiche per sostenere i processi di sviluppo e individuare, dove occorre, le difficoltà e le loro cause. Sono, soprattutto, strumenti necessari a ridurre le disuguaglianze di opportunità e competenze, che penalizzano i più giovani, le disuguaglianze di accesso ai servizi, che colpiscono le donne e i più anziani, le disuguaglianze di reddito, che si traducono in minor benessere o povertà per migliaia di famiglie, le disuguaglianze fra territori, che sommano tutte le altre”.