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ISPRA: aumentano i pesticidi nelle acque e tra i più diffusi c’è il glifosato

ISPRA aumentano pesticidi nelle acque

L’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA) ha diffuso il 9 maggio 2016 il “Rapporto Nazionale Pesticidi nelle Acque. Dati 2013-2014” che fornisce annualmente le informazioni sulla qualità della risorsa idrica in relazione ai rischi di tali sostanze. Il Rapporto è il risultato di una complessa attività che coinvolge le Regioni e le ARPA/APPA che effettuano le indagini sul territorio e trasmettono i dati all’ISPRA, che a sua volta svolge un compito di indirizzo tecnico-scientifico e valutazione delle informazioni. Tuttavia, la copertura del territorio non è completa né omogenea soprattutto per quanto riguarda le regioni centro-meridionali: non si dispone di informazioni relative a Molise e Calabria; mancano i dati relativi a cinque Regioni per quanto riguarda le acque sotterranee.
La contaminazione da pesticidi è un fenomeno complesso e difficile da prevedere – spiega l’ISPRA – sia per il grande numero di sostanze impiegate, sia per la molteplicità dei percorsi che possono seguire nell’ambiente”.

Dal Rapporto 2016 emerge che: la percentuale dei punti contaminati è in crescita (+20% nelle acqua superficiali; +10% in quelle sotterranee); sono state rinvenute 224 sostanze diverse(numero sensibilmente più elevato degli anni precedenti, che indica anche maggiori controlli); nelle acque superficiali il glifosato è tra le sostanze che superano più spesso i limiti.
Sono circa 130.000 le tonnellate di prodotti fitosanitari utilizzate ogni anno in Italia. Ad essi, si aggiungono i biocidi, impiegati in tanti settori di attività, di cui non si hanno informazioni sulle quantità e sulla distribuzione geografica delle sorgenti di rilascio.

Nel biennio 2013-2014 sono stati analizzati 29.220 campioni per un totale di 1.351.718 misure analitiche, con un sensibile aumento rispetto al biennio precedente. Nel 2014, in particolare, le indagini hanno riguardato 3.747 punti di campionamento e 14.718 campioni e sono state cercate complessivamente 365 sostanze (nel 2012 erano 335).
Gli erbicidi sono ancora le sostanze più rinvenute, soprattutto a causa dell’utilizzo diretto sul suolo, spesso concomitante con i periodi di maggiore piovosità di inizio primavera, che ne determinano un trasporto più rapido nei corpi idrici superficiali e sotterranei. Rispetto al passato, è aumentata notevolmente la presenza di fungicidi e insetticidi, soprattutto perché è aumentato il numero dei controlli.

Secondo il Rapporto, le acque superficiali “ospitano” pesticidi nel 63,9% dei 1.284 punti di monitoraggio controllati (nel 2012 era del 56,9%); nelle acque sotterranee, sono risultati contaminati il 31,7% dei 2.463 punti (31% nel 2012). Il risultato complessivo indica un’ampia diffusione della contaminazione, maggiore nelle acque di superficie, ma elevata anche in quelle sotterranee, con pesticidi presenti anche nelle falde profonde naturalmente protette da strati geologici poco permeabili.

Nelle acque superficiali, 274 punti di monitoraggio (21,3% del totale) hanno concentrazioni superiori ai limiti di qualità ambientali. Le sostanze che più spesso hanno determinato il superamento sono il glifosato e il suo metabolita AMPA (acido aminometilfosforico), metolaclortriciclazolooxadiazonterbutilazina e il suo principale metabolita, desetil-terbutilazina.
Per quanto riguarda il glifosate e il metabolita AMPA, presenti rispettivamente nel 39,7% e nel 70,9% dei punti di monitoraggio delle acque superficiali, va chiarito che sono cercati solo in Lombardia e Toscana, dove sono tra i principali responsabili del superamento dei limiti di qualità ambientali. Nelle acque sotterranee, 170 punti (6,9% del totale) hanno concentrazioni superiori ai limiti di qualità ambientale”.

Come è noto il glifosato è attualmente al centro di una polemica scientifica, insorta l’anno scorso con la pubblicazione della IARC-WHO (Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro – Organizzazione Mondiale della sanità) dello Studio che classificava il diserbante come “potenzialmente cancerogeno per l’uomo”, sospettato di causare il linfoma non Hodgkin e di danneggiare il DNA dell’uomo.
Al contrario, per l’EFSA (Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare) “è improbabile che il glifosato sia genotossico o che rappresenti una minaccia di cancro per l’uomo”.
Il dibattito all’interno dell’Unione europea si è spostato a livello politico, con la Commissione UE che dovrà decidere entro giugno se prorogare l’autorizzazione all’uso del diserbante e che ha avuto il via libera dal Parlamento europeo (374 voti favorevoli, 225 contrari e 102 astenuti) al rinnovo per altri 7 anni (anziché di 15 come avviene di norma), invitando al contempo la Commissione Ue a presentare una nuova bozza, in modo da “affrontare al meglio l’uso sostenibile degli erbicidi contenenti glifosato e lanciare una revisione indipendente della tossicità generale e della classificazione, basata non solo sui dati relativi alla cancerogenicità, ma anche su possibili proprietà di interferenza endocrina”.

Nelle acque sotterranee, 170 punti (6,9% del totale) hanno concentrazioni superiori ai limiti di qualità ambientale. Le sostanze più frequentemente rinvenute sopra il limite sono bentazone, metalaxil, terbutilazina e desetil-terbutilazina, atrazina e atrazina-desetil, oxadixil, imidacloprid, oxadiazon, bromacile, 2,6-diclorobenzammide, metolaclor.
Diffusa è la presenza dei neonicotinoidi sia nelle acque superficiali, sia in quelle sotterranee, in particolare l’imidacloprid e il tiametoxan che hanno anche determinato il superamento dei limiti di qualità. I neonicotinoidi sono la classe di insetticidi più utilizzata a livello mondiale e largamente impiegata anche in Italia. Uno studio condotto a livello mondiale (Task Force sui Pesticidi Sistemici – 2015) ha evidenziato come “l’uso di queste sostanze sia uno dei principali responsabili della perdita di biodiversità e della moria di api”.

Il Rapporto, inoltre, sottolinea  come nel complesso la contaminazione sia più ampia nella pianura padano-veneta dove, come già segnalato in passato, le indagini sono generalmente più efficaci. Nelle 5 regioni dell’area, infatti, si concentra poco meno del 60% dei punti di monitoraggio dell’intera rete nazionale. In alcune Regioni la contaminazione è molto più diffusa del dato nazionale, arrivando a interessare oltre il 70% dei punti delle acque superficiali in Veneto, Lombardia, Emilia Romagna, con punte del 90% in Toscana e del 95% in Umbria.

Nelle acque sotterranee la diffusione della contaminazione è particolarmente elevata in Lombardia 50% dei punti, in Friuli 68,6%, in Sicilia 76%. Più che in passato, sono state trovate miscele di sostanze nelle acque, contenenti anche decine di componenti diversi. Ne sono state trovate fino a 48 sostanze in un singolo campione. La tossicità di una miscela è sempre più alta di quella dei singoli componenti. Si deve, pertanto, tenere conto che l’uomo e gli altri organismi sono spesso esposti a “cocktail” di sostanze chimiche, di cui a priori non si conosce la composizione. È necessario prendere atto di queste evidenze, confermate a livello mondiale, e del fatto che le metodologie utilizzate in fase di autorizzazione, che valutano le singole sostanze e non tengono conto degli effetti cumulativi, debbono essere analizzate criticamente al fine di migliorare la stima del rischio.
Oltre al Rapporto è possibile scaricare anche i dati relativi alle singole regioni.

L’ISPRA osserva che c’è stata una sensibile diminuzione delle vendite di prodotti fitosanitari scesi nel 2014 a circa 130.000 tonnellate, con un calo del 12% rispetto al 2001. Nello stesso periodo si è ridotta del 30,9% la quantità di prodotti più pericolosi (molto tossici e tossici), che indica un più cauto impiego delle sostanze chimiche in agricoltura, come richiesto dalle norme in materia, che prevedono l’adozione di tecniche di difesa fitosanitaria a minore impatto, in cui il ricorso alle sostanze chimiche va visto come l’ultima risorsa.

L’analisi dei dati di monitoraggio, peraltro, non evidenzia una diminuzione della contaminazione. Nel periodo 2003-2014, infatti, la percentuale di punti contaminati nelle acque superficiali è aumentata di circa il 20%, in quelle sotterranee di circa il 10%. Il fenomeno si spiega in parte col fatto che in vaste aree del centro-sud, solo con ritardo, emerge una contaminazione prima non rilevata.
La risposta dell’ambiente, inoltre, risente della persistenza delle sostanze e delle dinamiche idrologiche spesso molto lente, specialmente nelle acque sotterranee, che possono determinare un accumulo di inquinanti, e un difficile ripristino delle condizioni naturali.

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