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La Corte dei Conti UE bacchetta l’Italia per investimenti inefficaci

La Corte dei Conti UE bacchetta l’Italia per investimenti inefficaci

I progetti selezionati per i finanziamenti per l’efficienza energetica si sono rivelati inefficaci sotto il profilo costi/benefici.

La Corte dei conti dell’Unione europea (European Court of Auditors) ha pubblicato la Relazione speciale “Cost-Effectiveness of Cohesion Policy Investments in Energy Efficiency” dove si afferma che anche in Italia si sono rivelati inefficaci in termini di costi/benefici gli investimenti della politica di coesione nel campo dell’efficienza energetica.

La verifica è stata svolta, oltre che in Italia, nella Repubblica Ceca e Lituania ovvero in quei Paesi che avevano ricevuto i contributi strutturali più consistenti (Fondo di Coesione e Fondo europeo di sviluppo regionale) per le misure di efficienza energetica per il periodo 2007-2013 e che avevano stanziato gli importi più elevati per progetti entro il 2009.

La Corte, esaminando 4 programmi operativi e un campione di 24 progetti di investimento per l’efficienza energetica nell’edilizia pubblica, ha rilevato che i progetti selezionati per il finanziamento dalle autorità degli Stati membri non avevano obiettivi ragionevoli in termini di costi/efficacia, come ad esempio il costo per unità di energia risparmiata. Pur perseguendo obiettivi di risparmio energetico e di miglioramento del confort, essi non erano selezionati ai fini del finanziamento in base alla potenziale capacità di produrre benefici finanziari attraverso il risparmio energetico, bensì in base al fatto che gli edifici erano considerati “pronti” a ricevere i finanziamenti se necessitavano di una ristrutturazione e se la relativa documentazione era conforme ai requisiti. In 18 dei 24 progetti controllati, il risparmio energetico effettivo non ha potuto essere verificato perché non era stato misurato in modo attendibile.

“Nessuno dei progetti da noi controllati è stato oggetto di una valutazione del fabbisogno e neppure di una analisi delle potenzialità di risparmio energetico in relazione agli investimenti – ha dichiarato Harald Wögerbauer, Membro della Corte e responsabile della relazione – Gli Stati membri hanno fondamentalmente utilizzato questi fondi per rinnovare edifici pubblici, mentre il risparmio energetico era, nel migliore dei casi, una finalità secondaria”.

Stralcio della relazione in riferimento all’Italia
“Nel Programma Operativo della Basilicata (Italia), l’autorità di gestione ha adottato, come unico criterio di valutazione, il rapporto tra la quantità stimata di energia risparmiata durante la durata dell’investimento e il costo totale ammissibile. La quantità di energia risparmiata è stata calcolata dall’autorità di gestione.
Con questo tipo di rapporto, l’autorità di gestione aveva intenzione di selezionare quei progetti che avrebbero, potenzialmente, generato il massimo rendimento sul totale del costo del progetto. Poiché i calcoli non hanno preso in considerazione lo stato reale degli edifici in questione (per esempio, la loro classe energetica o il consumo effettivo di energia) ed erano basati, quindi, sul risparmio energetico stimato, invece che su dati attendibili provenienti da verifiche energetiche, è stato difficile stabilire se i progetti selezionati hanno dato soluzioni economicamente vantaggiose.” 


“Nel Programma Operativo Energetico italiano, l’autorità di gestione aveva richiesto che, per essere selezionato, un progetto avrebbe dovuto avere una natura esemplare, coerente con il Programma Operativo italiano e gli obiettivi della politica energetica regionale, ‘pronto’ (per iniziare il lavoro) e innovativo in termini di tecnologia e materiali, mentre la quantità di energia risparmiata e il costo sostenuto, e il loro rapporto, non è stato un fattore determinante per la selezione.”

Inoltre, il periodo di rimborso previsto per gli investimenti era, in media, di 50 anni, e in alcuni casi arrivava fino a 150 anni. Ciò significa che questi fondi non sono stati spesi in modo razionale, dal momento che la vita delle componenti o degli edifici rinnovati è più breve, e possono essere per lo più considerati come una perdita dal punto di vista del risparmio energetico.

Nel rammentare che l’Unione europea, attraverso i fondi della politica di coesione, ha speso dal 2000 cinque miliardi di euro per il cofinanziamento di misure di efficienza energetica negli Stati membri e che la Commissione europea e gli Stati membri sono entrambi responsabili della sana gestione finanziaria di questi fondi, la Corte raccomanda alla Commissione UE di “subordinare la concessione di finanziamenti per misure di efficienza energetica nell’ambito della politica di coesione a un’adeguata valutazione del fabbisogno, ad un regolare monitoraggio, all’impiego di indicatori di performance confrontabili, nonché all’uso di criteri trasparenti per la selezione dei progetti e a costi di investimento standard per unità di energia da risparmiare, con un periodo massimo accettabile di rimborso non attualizzato dall’investimento”.

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