Acqua Risorse e consumi

Impronta idrica: strumento di adattamento alla crisi climatica

In occasione del IV Forum Acqua, organizzato da Legambiente in collaborazione con Utilitalia , con le partnership di Assocarta, Celli Group e ANBI, e il patrocinio del MiTE e della Regione Lazio, l’Associazione del Cigno Verde ha presentato le sue proposte per un approccio integrato e multi-sistemico, basato proprio sull’impronta idrica, allo scopo di assumere, lungo tutto il ciclo dell’acqua, un atteggiamento più responsabile e sostenibile.

In Italia si prelevano più di 33 miliardi di m³ di acqua l’anno e se ne perde il 22% (di cui 17% nel settore agricolo e il 40% in quello civile), Secondo il Water Footprint Network, “l’impronta idrica” del nostro Paese è stimata in circa 130 miliardi di m³ all’anno – una delle più alte d’Europa – di cui il 60% è relativo all’acqua utilizzata per prodotti o ingredienti importati dall’estero.

Questi dati sono emersi durante la IV edizione del Forum AcquaL’impronta idrica come strumento di adattamento alla crisi climatica“, organizzata da Legambiente in collaborazione con Utilitalia e con le partnership di Assocarta, Celli Group e ANBI, e il patrocinio del MiTE (ora Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica) e della Regione Lazio,  che si è svolta in streaming il 3 novembre 2022, nel corso della quale sono state presentate le proposte dell’Associazione del Cigno Verde “per assumere, lungo tutto il ciclo dell’acqua, un atteggiamento più responsabile cercando di delineare una strategia per la transizione ecologica sul tema acqua e di rendere sempre più sostenibile la nostra impronta idrica sulla Terra“.

Secondo Legambiente, l’acqua è la risorsa naturale che più soffre problemi di sbagliata gestione, di eccessivo uso e la più sensibile all’inquinamento. Ad incrementare la sua vulnerabilità è la forte crescita di eventi climatici estremi – come eventi meteorici molto intensi e lunghi periodi di siccità – che causano danni ai territori, alle attività produttive, alla salute dei cittadini e agli ecosistemi. In Italia ogni anno si consumano oltre 26 miliardi di m³ di acqua: il 55% circa della domanda proviene dal settore agricolo, il 27% da quello industriale e il 18% da quello civile. Il prelievo di acqua supera però i 33 miliardi di m³ l’anno. Infatti, i consumi rappresentano, poco meno del 78% dei prelievi a causa di un ammontare di perdite pari a circa il 22% del prelievo totale e di queste perdite il 17% si verificano nel settore agricolo e il 40% in quello civile. Ma l’impatto sulla risorsa idrica del nostro Paese è molto più di quanto raccontato. Secondo i dati del Water Footprint Network, infatti, l’impronta idrica dell’Italia è stimata in circa 130 miliardi di m³ all’anno – una delle più alte d’Europa – di cui il 60% è relativo all’acqua utilizzata per prodotti o ingredienti importati dall’estero. Numeri non più sostenibili su cui bisogna intervenire rapidamente.

Per questo, Legambiente propone l’adozione di un approccio integrato e multi-sistemico, basato proprio sull’impronta idrica, allo scopo di assumere, lungo tutto il ciclo dell’acqua, un atteggiamento più responsabile e sostenibile, I cui obiettivi sono:
–  migliorare la gestione delle risorse idriche, riducendo i rischi provocati da un eccessivo sfruttamento o inquinamento delle fonti d’acqua, per quest’ultimo occorre quanto prima completare la rete fognaria e di depurazione ed eliminare gli scarichi industriali, portando ad una maggiore disponibilità e qualità della risorsa;
migliorare la sostenibilità ambientale dei processi, identificando gli impatti sull’ambiente naturale ed individuando le modalità per la loro diminuzione;
aumentare la consapevolezza nei confronti dei consumatori finali e dei produttori, incrementando anche la responsabilità;
cambiare il modello di gestione dell’acqua in ambito urbano, a partire dalla progettazione e realizzazione di edifici e degli spazi pubblici.

Alla Vigilia della COP27 e in un anno che sarà ricordato tra più caldi e aridi di sempre per effetto della crisi climatica – ha affermato Giorgio Zampetti, Direttore generale di Legambiente – apriamo ancora un dibattito con i vari protagonisti dei diversi settori, condividendo esperienze, progettualità e investimenti, cercando di delineare una strategia per la transizione ecologica sul tema acqua, rendendo sempre più sostenibile la nostra impronta idrica sulla Terra”.

Le proposte
Il cambio di rotta da attualizzare secondo Legambiente si concretizza con una serie d’azioni.
– A partire dall’utilizzo dell’impronta idrica, raccontando al consumatore, tramite un’etichetta posta sui prodotti, l’impatto che questo ha sulle risorse idriche, indirizzandolo verso consumi più consapevoli.
– Utile anche l’inserimento tra le norme richieste dai Criteri Ambientali Minimi (CAM) per gli acquisti della Pubblica Amministrazione (GPP) l’impronta idrica, soprattutto nell’ambito dell’acquisto di prodotti, contribuendo a tenere sotto controllo i relativi impatti.
– Necessario poi pianificare gli usi dell’acqua, per avere una visione d’insieme sull’impatto che, la “somma” delle attività, genera in un territorio.
– Per quanto riguarda l’uso potabile agire su prelievi e consumi, riducendo le perdite degli acquedotti e dando priorità alla rete di distribuzione cittadina.
– A livello urbanistico occorre una riqualificazione idrica degli edifici e degli spazi urbani, promuovendo il recupero e riutilizzo dell’acqua in tutti gli interventi edilizi, diffondendo i principi di efficienza idrica degli edifici, lavorando sull’adeguamento degli impianti esistenti implementando il risparmio idrico.
– Diffondere il ricorso ai Regolamenti Edilizi comunali che indirizzano verso il risparmio idrico, il recupero delle acque meteoriche e/o di quelle grigie. 
Completare la rete fognaria e realizzare interventi volti alla separazione delle acque reflue civili da quelle industriali e di prima pioggia
A livello industriale occorre ridurre i consumi di acqua “nuova”, progettare impianti e processi che minimizzino l’utilizzo di acqua, monitorare per individuare perdite e sistemarle, rendere per le fabbriche obbligatorio il calcolo dell’impronta idrica e pubblici i bilanci di massa rispetto all’acqua utilizzata e scaricata, oltre i dati relativi alla sua qualità.
– Completare la rete di depurazione, ancora oggi incompleta e riqualificare gli impianti di depurazione esistenti, spesso inefficienti, sottodimensionati e in difficoltà, e costruire gli impianti nuovi.
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Infine, innovare il sistema agroalimentare italiano con finanziamenti fortemente orientati a favorire il minor consumo di acqua, la diffusione di colture e sistemi produttivi meno “idroesigenti”, misure mirate all’incremento della funzionalità ecologica dei suoli agrari e della loro capacità di trattenere l’acqua e a contenere i consumi irrigui entro la soglia dei 2.500 m³/ettaro/anno.

Per i gestori del servizio idrico integrato il tema della salvaguardia dell’ambiente e delle risorse naturali viene affrontato in ottica di gestione circolare e resiliente – ha spiegato il Vicepresidente di Utilitalia, Alessandro Russo Tuttavia, è fondamentale agire in una logica integrata che, oltre alla maggiore efficienza delle infrastrutture idriche e della gestione degli usi idropotabili, intervenga sui diversi utilizzi della risorsa e sulla razionalizzazione dell’intero ciclo di vita dell’acqua, anche nella sua impronta ‘invisibile’. In analogia ad esperienze già mature nel settore energetico come, ad esempio, quella dei ‘certificati bianchi’, sarebbe auspicabile l’adozione di meccanismi incentivanti come i ‘certificati blu’, che potrebbero supportare e favorire politiche di risparmio, riuso e riutilizzo dell’acqua”.

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