Secondo l’Agenzia Internazionale dell’Energia (IEA) che ha pubblicato un nuovo Rapporto, la riduzione delle emissioni di CO2 dalle centrali elettriche a carbone, condizione indispensabile per centrare l’obiettivo dell’Accordo di Parigi, sono necessari un massiccio aumento della generazione di energia rinnovabile, miglioramenti a livello di sistema nell’efficienza energetica e incentivi per i possessori di asset energetici per adattarsi alla transizione energetica.
Il mondo deve muoversi rapidamente per ridurre in modo significativo le emissioni di anidride carbonica dal carbone al fine di evitare gravi impatti dai cambiamenti climatici
Lo afferma il nuovo Rapporto speciale “Coal in Net Zero Transitions: Strategies for rapid, secure and people-centered change” della serie World Energy Outlook, pubblicato dall’Agenzia Internazionale dell’Energia (IEA) che fornisce indicazioni pragmatiche e concrete ai responsabili politici per una riduzione delle emissioni di anidride carbonica dal carbone senza danneggiare le economie o la sicurezza energetica, delineando misure per finanziare le transizioni energetiche e affrontare i loro aspetti sociali e occupazionali.
Il carbone e le sue emissioni sono un problema critico poiché il mondo deve affrontare sia la crisi energetica globale che la crisi climatica. Tutti gli scenari IEA a lungo termine che soddisfano gli obiettivi climatici internazionali prevedono un rapido declino delle emissioni globali di carbon, senza del quale sarà impossibile evitare i gravi impatti dei cambiamenti climatici.
Eppure, il mondo è attualmente ben lungi dall’indirizzarsi decisamente in questa direzione. Le opzioni di energia rinnovabile sono le nuove fonti di generazione di elettricità più convenienti nella maggior parte dei mercati, ma ci sono ancora molteplici sfide nella riduzione delle emissioni delle attuali 9.000 centrali elettriche a carbone esistenti che hanno continuato la produzione su livelli record stabili per la maggior parte dell’ultimo decennio, che mina i guadagni di decarbonizzazione derivanti dall’aumento della diffusione di energia pulita.
Secondo l’IEA le emissioni delle risorse di carbone sono ancora così significative che sarebbero in grado di consumare da sole tutto il budget di carbonio rimanente per limitare il riscaldamento globale a 1,5 °C. Se poi si conteggiassero le emissioni dell’intero ciclo di vita delle attuali centrali ai tassi consueti di utilizzazione, la sola flotta impiantisca a carbone esistente dell’Asia-Pacifico emetterebbero più di tutte le emissioni prodotte dal settore dell’energia a carbone fino ad oggi.
Indonesia, Mongolia, Cina, Vietnam, India e Sudafrica sono indicati quali paesi fortemente dipendenti dal carbone in cui le transizioni dal combustibile fossile si riveleranno difficili
I Paesi in cui si trovano questi impianti inquinanti sono sottoposti notevoli pressioni affinché riducano gradualmente tale utilizzo. Non solo si sono impegnati a farlo in base al Patto sul clima di Glasgow firmato alla COP26, impegnandosi a realizzare economie a emissioni nette zero, un risultato che sarebbe impossibile realizzare senza una rapida dismissione dele generazione elettrica del carbone.
Nell’occasione era stata l’India, il secondo più grande acquirente di carbone, dietro la quale c’era anche la Cina, ad aver proposto l’emendamento che aveva sbloccato una conclusione senza alcuna decisione, con la sostituzione di “phase-down”, la riduzione graduale della produzione di energia dal carbone in luogo di “phase-out”, eliminazione graduale. Alla CO27 che si è appena conclusa senza significativi risultati, l’India ha proposto che la “graduale riduzione” fosse estesa a tutti i combustibili fossili, ma nonostante l’UE e i Paesi vulnerabili appoggiassero l’appello, i Paesi petroliferi del Golfo si sono fermamente opposti, e nel Sharm el-Sheikh Implementation Plan si è ribadito (punto 13) il phase down solo al carbone e si è citato il phase out per tutti gli investimenti nel settore delle fonti fossili.
La transizione difficile dal carbone, secondo il Rapporto, non è dovuta solo alla natura longeva delle centrali a carbone , ma anche dagli impianti industriali che fanno affidamento sul carbone per produrre quali l’industria siderurgica, chimica e del cemento. Inoltre, le centrali elettriche a carbone nell’Asia Pacifico sono relativamente nuove, per cui la prospettiva di un pensionamento anticipato non è di certo allettante per governi e investitori che hanno messo miliardi di dollari in queste attività.
“Sebbene ci sia uno slancio incoraggiante verso l’espansione dell’energia pulita nelle risposte politiche di molti governi all’attuale crisi energetica, un grosso problema irrisolto è come gestire l’enorme quantità di risorse di carbone esistenti in tutto il mondo – ha spiegato il Direttore dell’IEA, Fatih Birol – Il carbone è sia la principale fonte energetica di emissione di CO2, sia la più grande fonte di generazione di elettricità in tutto il mondo, evidenziando il danno che arreca al clima e l’enorme sfida della sua sostituzione, garantendo rapidamente al contempo la sicurezza energetica. Questo nuovo Rapporto illustra le possibili opzioni a disposizione dei governi per superare questa sfida critica in modo economico ed equo”.
La condizione più importante per ridurre le emissioni di carbone è di smettere di aggiungere nuove risorse nei sistemi energetici alimentati a carbone. Seppure le approvazioni di nuovi progetti abbiano rallentato drasticamente nell’ultimo decennio, c’è il rischio che l’attuale crisi energetica favorisca una nuova tendenza ad approvare centrali elettriche a carbone, soprattutto alla luce della conclusione dell’IEA secondo cui circa la metà delle 100 istituzioni finanziarie che hanno sostenuto il carbone in progetti correlati dal 2010 non hanno assunto impegni per limitare tali finanziamenti e un ulteriore 20% ha assunto solo impegni relativamente deboli.
I governi possono fornire incentivi ai proprietari di asset affinché si adattino alla transizione. L’economia favorevole per la generazione di elettricità pulita, da sola, non sarà sufficiente per garantire una rapida transizione dal carbone per la produzione di energia. Le centrali a carbone sono spesso al riparo dalla concorrenza del mercato, in alcuni casi perché sono di proprietà di società di servizi già esistenti, in altri perché i proprietari privati sono protetti da rigidi contratti di acquisto di energia. L’analisi dell’IEA mostra che al di fuori della Cina, dove i finanziamenti a basso costo sono la norma, il costo medio ponderato del capitale dei proprietari e gestori di centrali a carbone è di circa il 7%. Il rifinanziamento per ridurla del 3% accelererebbe il momento in cui i proprietari rientrerebbero dal loro investimento iniziale, aprendo la strada al ritiro di un terzo della flotta globale di impianti a carbone entro dieci anni.
La collaborazione internazionale, il sostegno finanziario pubblico e approcci ben progettati che incorporino la necessità di transizioni incentrate sulle persone saranno essenziali per allontanarsi velocemente dal carbone. Le transizioni energetiche creeranno milioni di posti di lavoro nel settore dell’energia pulita, anche se non necessariamente negli stessi luoghi delle perdite dal carbone, e le competenze richieste in molti casi possono essere diverse. Sebbene sia improbabile che venga riassorbita tutta l’occupazione persa nel settore del carbone, l’estrazione di minerali critici può fornire nuove opportunità industriali e fonti di reddito per le aziende e le comunità che finora dipendevano dal carbone.