Un nuovo studio dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro (ILO) che costituisce la valutazione globale più dettagliata ad oggi su come l’Intelligenza Artificiale Generativa (GenAI) possa rimodellare il mondo del lavoro, rileva che pochi lavori consistono in compiti completamente automatizzabili con l’attuale tecnologia AI e che la trasformazione dei posti di lavoro, più che la loro soppressione, sarà l’impatto più probabile, pur invitando i governi, i datori di lavoro e le organizzazioni dei lavoratori a impegnarsi nel dialogo sociale e a elaborare strategie proattive e inclusive che possano migliorare la produttività e la qualità del lavoro, soprattutto nei settori esposti.
Un posto di lavoro su 4 in tutto il mondo è potenzialmente esposto all’intelligenza artificiale generativa (GenAI), ma la trasformazione, non la sostituzione, sarebbe il risultato più probabile.
La previsione è contenuta nel Documento di lavoro n. 140 dal titolo “Generative AI and Jobs: A Refined Global Index of Occupational Exposure” che l’Organizzazione Internazionale del Lavoro (ILO) ha pubblicato il 20 maggio 2025 in collaborazione con l’Istituto polacco di ricerca e sviluppo NASK-PIB.
Il Documento costituisce la valutazione globale più dettagliata ad oggi su come l’Intelligenza Artificiale Generativa (GenAI) possa rimodellare il mondo del lavoro, fornendo un’istantanea unica e dettagliata di come l’AI potrebbe trasformare le professioni e l’occupazione in tutti i paesi, combinando quasi 30.000 mansioni professionali con la validazione di esperti, il punteggio assistito dall’IA e i microdati armonizzati dall’ILO.
Gran parte dell’interesse per l’AI e il lavoro riguarda i possibili effetti sulla perdita di posti di lavoro: i posti di lavoro saranno sostituiti dall’IA o saranno trasformati?
Sebbene non sia possibile prevedere il futuro, soprattutto perché la tecnologia è ancora in evoluzione, i ricercatori dell’ILO hanno sviluppato una metodologia nel 2023, e successivamente perfezionata nel 2025, per stimare i potenziali effetti dell’IA generativa sulle professioni esistenti e, in un secondo momento, sull’occupazione.
“Siamo andati oltre la teoria per creare uno strumento basato su lavori reali – ha affermato Pawel Gmyrek, ricercatore senior dell’ILO e autore principale dello studio – Combinando intuizioni umane, analisi di esperti e modelli di intelligenza artificiale generativa, abbiamo creato un metodo replicabile che aiuta i paesi a valutare il rischio e a reagire con precisione“.

Percentuale di posti di lavoro potenzialmente interessati dall’intelligenza artificiale generativa (GENAI), per fascia di reddito
Le principali conclusioni del Documento
– I nuovi “gradienti di esposizione”, che raggruppano le occupazioni in base al loro livello di esposizione all’intelligenza artificiale generativa, aiutano i decisori politici a distinguere tra i lavori ad alto rischio di automazione completa e quelli con maggiori probabilità di evolversi attraverso la trasformazione delle attività.
– Il 25% dell’occupazione globale rientra in professioni potenzialmente esposte alla GenAI, con quote più elevate nei Paesi ad alto reddito (34%).
– L’esposizione tra le donne continua a essere significativamente più elevata. Nei Paesi ad alto reddito, i lavori a più alto rischio di automazione rappresentano il 9,6% dell’occupazione femminile, in netto contrasto con il 3,5% di tali lavori tra gli uomini.
– I lavori impiegatizi sono quelli a maggiore esposizione, grazie alla capacità teorica di GenAI di automatizzare molte delle loro mansioni. Tuttavia, le capacità in espansione di GenAI comportano una maggiore esposizione ad alcune professioni cognitive altamente digitalizzate nei settori dei media, del software e della finanza.
– L’automazione completa del lavoro, tuttavia, rimane limitata, poiché molte attività, sebbene svolte in modo più efficiente, continuano a richiedere il coinvolgimento umano. Lo studio evidenzia i possibili percorsi divergenti per le professioni abituate a rapide trasformazioni digitali – come gli sviluppatori di software – e quelle in cui le scarse competenze digitali potrebbero avere effetti più negativi.
– Le politiche che guideranno le transizioni digitali saranno un fattore decisivo nel determinare in che misura i lavoratori potranno essere mantenuti nelle professioni che si stanno trasformando grazie all’intelligenza artificiale e in che modo tale trasformazione inciderà sulla qualità del lavoro.
Lo Studio invita i governi, i datori di lavoro e le organizzazioni dei lavoratori a impegnarsi nel dialogo sociale e a elaborare strategie proattive e inclusive che possano migliorare la produttività e la qualità del lavoro, soprattutto nei settori esposti.
“È facile perdersi nell’entusiasmo per l’AI – ha spiegato Janine Berg, economista senior dell’ILO – Ciò di cui abbiamo bisogno è chiarezza e contesto. Questo strumento aiuta i paesi di tutto il mondo a valutare la potenziale esposizione e a preparare i loro mercati del lavoro a un futuro digitale più equo”.