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Circonomìa: il 2° Rapporto sulla transizione ecologica delle regioni

A Circonomìa, Festival dell’economia circolare e della transizione ecologica (Alba, 22-24 maggio 2025), è stato presentato il 2° Rapporto regionale sulla transizione ecologica che mette in classifica le regioni italiane sulla base delle prestazioni di sostenibilità ambientale.

Trentino-Alto Adige, Marche e Toscana: è questo il podio del secondo Rapporto su Regioni italiane e Transizione ecologica, presentato alla vigilia di “Circonomìa il Festival dell’economia circolare e della transizione ecologica (Alba, 22-24 maggio 2025).

Il Rapporto sullo stato di avanzamento della transizione ecologica nelle varie Regioni italiane è stato curato da Duccio Bianchi, Fondatore dell’Istituto di ricerche Ambiente Italia, ed elaborato sulla base di un set di 30 indicatori green, suddivisi in 3 categorie:
– impatto sull’uso delle risorse (indicatori che misurano l’impatto ambientale diretto, considerato come impatto pro-capite, delle attività economiche e civili su ambiente e clima);
– efficienza d’uso delle risorse (indicatori che misurano l’efficienza e la produttività di uso delle risorse, generalmente considerata rispetto al Prodotto Interno Lordo a parità di potere d’acquisto);
– azioni di risposta e mitigazione (indicatori che misurano la capacità di risposta, sia pubblica che privata, alla crisi energetica e climatica attraverso azioni di riduzione o mitigazione degli impatti).  

Il 1°posto del Trentino Alto Adige non sorprende, trattandosi di una regione che da tempo, anche per influenze culturali del mondo tedesco, esprime una decisa vocazione alla sostenibilità ambientale. I posti d’onore di Marche e Toscana sono meno scontati: sono entrambe regioni ad elevata intensità manifatturiera, che vedono dunque la presenza rilevante di attività economiche che producendo beni fisici consumano più risorse e più energia rispetto alle attività economiche “terziarie”, e nonostante questo dimostrano una notevole propensione al “green deal”. Seguono in classifica Lombardia (terza lo scorso anno) e Veneto (quarta lo scorso anno).

Le regioni prime in più indicatori sono il Trentino-Alto Adige e il Lazio. Il Trentino Alto Adige in 8 indicatori: consumi finali di energia fossile per unità di Pil; percentuale totale rinnovabile sui consumi finali; percentuale totale rinnovabili sulla produzione elettrica; tasso di motorizzazione elettrica; kWh di risparmio energetico pro-capite conseguito con ecobonus e superbonus; rifiuti residui urbani per spesa delle famiglie; soddisfazione della popolazione per il paesaggio e per la situazione ambientale. Il Lazio invece in 6 indicatori: consumo di materia per unità di Pil; consumi finali di energia per unità di Pil; emissioni climalteranti per unità di Pil; produzione totale di rifiuti per unità di Pil; suolo consumato procapite e per unità di Pil.

Due grandi regioni del nord, Piemonte ed Emilia Romagna, sono a metà del ranking. La coda della classifica è monopolizzata da regioni del sud. Le regioni che in più del 50% degli indicatori hanno prestazioni migliori della media nazionale sono: Marche (nel 77% dei casi), Trentino-Alto Adige (67%), Toscana (63%), Liguria e Lombardia (nel 57% dei casi), Veneto e Abruzzo (nel 53% dei casi).

Le regioni che si collocano all’ultimo posto in più indicatori sono la Calabria (7) e la Liguria (4). 

Le differenze sono significative soprattutto tra le macroregioni, benché con alcune eccezioni al loro interno: non tutte le regioni del Mezzogiorno o del Nord seguono un analogo trend, anche per specificità produttive o di storia socio-politica. In sintesi, le regioni del Mezzogiorno (ma non la Sardegna) hanno impatti pro capite inferiori alla media italiana, mentre sistematicamente più alti sono gli impatti relativi al Pil e quindi la produttività di uso delle risorse, così come generalmente sono inferiori le prestazioni sugli indicatori di risposta e di mitigazione. 

Le regioni del Nord hanno prestazioni opposte a quelle delle regioni del Mezzogiorno: un impatto pro capite generalmente superiore alla media nazionale, ma anche una produttività d’uso delle risorse superiore alla media nazionale e una elevata capacità di mitigazione e risposta soprattutto sugli indicatori di economia circolare, anche se con differenze regionali.

Le regioni dell’Italia centrale hanno percorsi più diversificati, anche per la eterogeneità del sistema produttivo. Complessivamente si tratta di regioni che si collocano sopra la media nazionale per impatti pro-capite e produttività d’uso delle risorse (con l’eccezione dell’Umbria) e anche per capacità di risposta e mitigazione (con l’eccezione del Lazio). 

Dalla ricerca esce un’immagine dell’Italia della transizione ecologica a chiaroscuri, con regioni all’avanguardia della conversione green e altre che arrancano – ha dichiarato Roberto Della Seta, Direttore del FestivalCirconomìa – Serve uno scatto in avanti che coinvolga tutti i territori, solo così potremo essere al centro del green deal che non solo è indispensabile per fronteggiare la crisi climatica ma è una grande occasione di innovazione tecnologica e competitività economica. Come mostrano tanti esempi concreti, ‘convertire’ all’ecologia produzioni e consumi non è soltanto necessario per l’ambiente: è anche utilissimo a rendere più moderna e competitiva l’economia, a creare lavoro, a migliorare la vita quotidiana delle persone”.

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