Biodiversità e conservazione Fauna

Fauna selvatica: una specie su 5 è oggetto di commercio

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Uno studio condotto da un team di ricercatori anglo-statunitensi rivela che le dimensioni dell’attuale commercio legale e illegale di fauna selvatica è ben superiore a quanto finora supposto ed è una delle principali cause di estinzione delle specie.

Nel giorno della Giornata internazionale degli animali (4 ottobre) che ha l’obiettivo di sensibilizzare su diritti e benessere di tutti gli animali, sulla Rivista Science è stato pubblicato lo Studio Global wildlife trade across the tree of life”, secondo cui quasi 5.600 specie, circa il 18% degli animali vertebrati terrestri, è venduta e acquistata sul mercato della fauna selvatica, dal 40% al 60% in più di quanto non si fosse finora stimato, dal momento che non c’erano dati attendibili sull’entità del fenomeno.

La lacuna è stata ora colmata da un gruppo di ricercatori statunitensi e inglesi guidati da Brett Scheffers dell’Università della Florida – Istituto di Scienze Alimentari e Agricole – Dipartimento di Ecologia e Conservazione della Fauna selvatica.

Quasi uno su cinque è un numero molto elevato – ha affermato Scheffers – La cosa sorprendente e importante di questo lavoro è che, per la prima volta, conosciamo la vastità del commercio mondiale di specie selvatiche”.

Il commercio di animali selvatici è un’industria multi-miliardaria che colpisce gli animali selvatici che vengono catturati o allevati intensivamente per essere venduti come animali domestici esotici o macellati per essere trasformati in vari prodotti, come carne, medicine tradizionali e suppellettili.

La globalizzazione ha accelerato e ampliato il commercio in generale e la ricchezza sta aumentando in molte regioni dove tradizionalmente c’è richiesta di animali. Inoltre, i social media collegano facilmente i venditori con gli acquirenti sia in patria che all’estero. Quindi, quando una specie diventa improvvisamente un prodotto ambito, la situazione può divenire fuori controllo.

Nel commercio di specie selvatiche esiste questa forza di mercato che si concentra intensamente sulle singole specie – ha sottolineato Scheffers – Il commercio della fauna selvatica è la principale causa di estinzione di specie correlata allo sviluppo del territorio. Il commercio della fauna selvatica include gli animali che vengono scambiati come animali da compagnia e prodotti di origine animale quali corna, piume o carne. Il fatto che un animale sia oggetto di commercio dipenda dalle varie caratteristiche appetibili che possiede. Sul mercato gli animali sono richiesti perché posseggono qualcosa di speciale, come ad esempio, gli uccelli che hanno un piumaggio dai colori vivaci e gli animali che sono una fonte di avorio”.

Sia il commercio illegale che quello legale possono innescare tale transizione. Garantire che il tipo legale non diventi insostenibile richiede la conoscenza di quali specie vengono vendute e dove.

Per determinare la quantità di animali commercializzati a livello globale, senza prendere in considerazione gli invertebrati o gli animali marini, oggetto comunque di un florido e spesso illegale commercio, il team di ricerca ha utilizzato i dati di oltre 30.000 specie terrestri di mammiferi, uccelli, rettili e anfibi, delle uniche grandi organizzazioni che tengono traccia, anche se parzialmente, di tali dati:
– l’Unione Internazionale per la Conservazione della Natura (IUCN) che valuta i livelli di minaccia per varie specie e compila gli appunti degli scienziati sul fatto che tali specie siano raccolte per uso umano;
– la Convenzione su Commercio internazionale di specie di flora e fauna selvatiche minacciate di estinzione (CITES) che si occupa solo di una percentuale di fauna selvatica che aggiunge al suo elenco solo dopo che il commercio ha sospinto gli animali  in una situazione di crisi. 

È un approccio reattivo, non proattivo – ha osservato Sheffers – La conservazione viene messa in atto quando una specie è in pericolo, non prima. Il nostro modello consente ai gestori della fauna selvatica e ai responsabili politici di essere proattivi e di tenere d’occhio i target del commercio di specie selvatiche attuali e previsti per il futuro. Una specie che era al sicuro 10 anni fa può rapidamente passare a rischio di estinzione”.

I ricercatori per colmare il gap hanno creato un algoritmo di ricerca, trovando informazioni per 5.579 specie, per la maggior parte originarie delle aree tropicali. La mappatura delle relazioni evolutive delle specie, o filogenesi, ha inoltre rivelato che se una specie è fortemente richiesta, è probabile che anche i suoi parenti più stretti vengano commercializzati: “Il modo in cui il commercio è stato tracciato sull’albero della vita è molto ben organizzato”, ha affermato Scheffers.

Sulla base di questa scoperta, lui e i suoi colleghi hanno estrapolato il numero di specie che potrebbero eventualmente essere influenzate dal commercio a causa della loro vicinanza evolutiva a quelle già commercializzate, trovando altre 3.196 specie a rischio di ingresso sul mercato, che potrebbero entrare nel novero di quelle con maggior probabilità di essere in pericolo rispetto a quelle non commercializzate.

Il commercio di fauna selvatica interessa l’intero albero della vita, ma alcuni gruppi sono più colpiti di altri

 “Il nostro Studio, sulla base dei modelli utilizzati, mostra che la proporzione di specie interessate dal commercio della fauna selvatica ha il potenziale per crescere – ha commentato a sua volta David Edwards, del Dipartimento di Scienze Zoologiche e Botaniche dell’Università di Sheffield (Gran Bretagna) e co-autore dello studio – In futuro potremmo vedere commercializzate una specie su quattro o una specie su tre. Se non si pone urgentemente attenzione a come arginare sia l’offerta che la domanda di specie catturate in natura, esiste un reale pericolo che di perdere le specie maggiormente”.

Lo Studio ha anche determinato gli hotspot dove vivono le specie più vendute, identificandoli in particolare nelle Ande e in Amazzonia, nell’Africa sub-sahariana, nel Sud-est asiatico e in Australia.

In copertina: Il bucero dall’elmo (Rhinoplax vigil), uno degli uccelli più grandi e iconici delle foreste del Sud-est asiatico, già a rischio a causa della riduzione del suo habitat, è diventato oggetto di traffici illegali a causa del suo bizzarro casco, la struttura ossea che sormonta il becco. Il numero di buceri dall’elmo dal 2012 è paurosamente precipitato per la forte richiesta sul mercato (circa 4.000 dollari al kg) del suo elmo pieno di color rossiccio che, essendo più tenero dell’avorio, può essere intagliato per ricavarne perline o statuine.

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