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Eurispes: gli Italiani “incattiviti” sono più antisemiti, negazionisti e razzisti

Il Rapporto Italia 2020 di Eurispes evidenzia come, tra le numerose errate convinzioni che si diffondono in Italia e che destano particolare preoccupazione, siano in crescita quelle che negano l’Olocausto, che considerano “bravate” gli atti di antisemitismo, che i lavoratori stranieri non sono un bene per la nostra economia.

È stato presentato oggi (30 gennaio 2020) all’Università di Roma “La Sapienza”, il Rapporto Italia 2020 dell’Istituto di Studi Politici, Economici e Sociali (Eurispes), giunto quest’anno alla sua XXXII edizione, che è divenuto nel tempo un apprezzato punto di riferimento per studiosi, Istituzioni, sistema dell’informazione e osservatori internazionali.

Lo scopo è sempre lo stesso: capire, concettualizzare ed esprimere il Paese e al Paese porre le domande rilevanti, senza avere la presunzione di avere una risposta buona per ogni occasione”.

Il nostro, sottolinea l’Eurispes nella relazione che accompagna il Rapporto, è un Paese “incattivito” che guarda con diffidenza e poca tolleranza gli stranieri e che, in molti casi, giustifica episodi di razzismo e antisemitismo. Un Paese che non genera figli ma, nello stesso tempo, ama sempre di più la compagnia degli animali e mostra una cresciuta sensibilità nei confronti dei problemi dell’ambiente.

Ci si confronta ormai – ha affermato il Presidente dell’Eurispes, Prof. Gian Maria Fara (Qui Il video di presentazione il video di presentazione) – con la mancata crescita del Paese che è divenuta strutturale, con l’imbarbarimento del clima del pubblico dibattito, con la sterile litigiosità che si rispecchia in un sistema dei media il quale si nutre più di elementi distruttivi che costruttivi, con l’inefficienza della Pubblica amministrazione, con i fenomeni endemici della corruzione, con l’illegalità diffusa, con la sostanziale irresponsabilità della classe dirigente“.

Seguendo un impianto dettato da una precisa scelta metodologica, esso si articola ogni anno attorno a 6 dicotomie che vengono illustrate mediante altrettanti saggi accompagnati da 60 schede fenomenologiche.

A essere affrontate attraverso, quindi, una lettura duale della realtà, sono le tematiche che l’Istituto ritiene rappresentative della politica, dell’economia e della società italiana. Per il 2020 le dicotomie individuate sono: Valori/Comportamenti; Creazione/Distruzione; Episteme/Doxa; Eguaglianza/Disuguaglianza; Libertà/Soggezione; Hostis/Hospes.

Ad arricchire il Rapporto ci sono poi le indagini campionarie, che nell’edizione 2020 hanno affrontato argomenti tradizionalmente proposti dall’Eurispes unitamente ad altri il cui interesse si è andato recentemente imponendo:
– la fiducia riposta nelle Istituzioni;
– l’opinione su alcune delle misure proposte o introdotte riguardo all’accoglienza degli immigrati;
– la legalizzazione della cannabis;
– il mondo degli animali;
– le nuove abitudini alimentari, il carico fiscale e l’evasione,;
– l’uso delle sigarette elettroniche e dei nuovi dispositivi senza combustione;
– i consumi alimentari di qualità;
– la sicurezza nelle città;
– lo stalking e il revenge porn;
– la sensibilità ambientale;
– la salute e l’uso dei farmaci;
– l’informazione attraverso i media;
– l’antisemitismo;
– l’educazione e la memoria storica.

Attraverso il ricorso alle schede fenomenologiche, nel Rapporto 2020 vengono inoltre affrontati diversi altri temi di stretta attualità, quali ad esempio;
– il caporalato e la tratta degli esseri umani;
– i fenomeni migratori;
– la capacità di innovazione del Made in Italy;
– la moda sostenibile;
– l’evoluzione tecnologica in medicina e i suoi riflessi sulla salute delle persone;
– l’agricoltura 4.0;
– l’artigianato;
– le energie rinnovabili condivise;
– il fenomeno dell’usura;
– la digitalizzazione del mercato dei giocattoli;
– l’editoria;
– i giovani e la musica;
– i cambiamenti climatici;
– la comunicazione veicolata attraverso i social network;
– i fondi pubblici destinati alle imprese;
– le carceri;
– gli investimenti Italia-Cina;
– gli e-sport;
– la questione meridionale.

Sono molte le considerazioni che emergono dal documento di oltre 2.000 pagine, ma quel che colpisce maggiormente tra le numerose errate convinzioni che si diffondono in Italia e che destano particolare preoccupazione, c’è l’aumento della negazione  della Shoah.

Rispetto all’affermazione che l’Olocausto degli ebrei non è mai accaduto, la quota di accordo si attesta al 15,6% (con un 4,5% addirittura molto d’accordo ed un 11,1% abbastanza), a fronte dell’84,4% non concorde (il 67,3% per niente, il 17,1% poco)”. Il numero è aumentato negli ultimi quindici anni in modo molto significativo, passando dal 2,7% del 2004 al 15,6% di quest’anno.

L’affermazione secondo cui l’Olocausto non avrebbe prodotto così tante vittime come viene sostenuto trova una percentuale di accordo solo lievemente superiore: 16,1% (il 5,5% è molto d’accordo), mentre il disaccordo raggiunge l’83,8% (con il 64,9% per niente d’accordo ed il 18,9% poco d’accordo)”. Un altro 16%, dunque che si somma a coloro che negano il tentato sterminio della comunità ebraica.

Questo dato si accorda con l’altro: il 19,8% degli italiani pensa che “Mussolini sia stato un grande leader che ha solo commesso qualche sbaglio”.

Anche l’immagine negativa della comunità e del suo ruolo è cresciuta. L’affermazione secondo la quale gli ebrei controllerebbero il potere economico e finanziario, raccoglie il disaccordo del 76% degli italiani: c’è dunque un 24% che ha questa convinzione.

Inoltre, per un italiano su tre gli atti di antisemitismo che sono avvenuti di recente in Italia sono “bravate” messe in atto per “provocazione” o “scherzo”. Ma per una maggioranza abbondante – all’incirca 3 su 5 – sono conseguenze di un diffuso linguaggio basato su odio e razzismo.

Su queste basi, cresce la convinzione (al 35,2%) che i migranti tolgano il lavoro agli italiani (10 anni fa era del 24,8), che costituiscano una minaccia all’identità culturale nazionale (salita dal 29,9% al 33%), che provochino un aumento delle malattie (dal 35,6% al 38,3%).

Allo stesso tempo, è crollata di 17 punti la percentuale di coloro che vedono negli stranieri un arricchimento culturale (dal 59,1% al 42%) ed è diminuita in misura analoga la convinzione che gli immigrati contribuiscano alla crescita economica del Paese (dal 60,4% al 46,9%).

Eppure, “i lavoratori immigrati in Italia producono il 9% del PIL, circa 139 miliardi di euro annui– ha commentato Fara – il denaro che spediscono ai loro familiari (6,2 miliardi annui) è molto più importante per il sostegno ai Paesi di origine di quanto non sia quello che l’Italia destina agli aiuti internazionali allo sviluppo”.

Il bilancio economico della loro presenza è nettamente positivo per i conti pubblici. Gli immigrati, infatti, versano 14 miliardi annui di contributi sociali e ne ricevono solo 7 tra indennità di disoccupazione e pensioni. I loro contributi ci permettono di pagare oltre 600.000 pensioni.

A fronte di questi “dati inoppugnabili – si domanda il Presidente dell’Eurispes – quand’è che la politica smetterà di cercare consenso sulla pelle (nera) dei profughi e sulla pelle del futuro economico del Paese?”.

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