L’ISPRA ha presentato in videoconferenza i dati che descrivono lo stato emissivo del nostro Paese quale emerge dai Rapporti National Inventory Report 2020 e Informative Inventory Report 2020, da cui emerge che le emissioni dal 1990 sono calate complessivamente del 17%, ma sono aumentate quelle correlate a trasporti, trattamento rifiuti e riscaldamento/raffrescamento del settore residenziale. Il focus su agricoltura e allevamenti.
Il trend delle emissioni di gas serra degli ultimi 28 anni è
positivo: nel 2018, le emissioni
diminuiscono del 17% rispetto al 1990, passando da 516 a 428 milioni di
tonnellate di CO2eq. e dello 0,9%
rispetto all’anno precedente. La diminuzione è dovuta alla crescita della produzione di energia da
fonti rinnovabili (idroelettrico ed eolico) e all’incremento dell’efficienza energetica nei settori industriali.
Per il PM10 primario è il riscaldamento
la principale fonte di emissione nel 2018, contribuendo al totale per il
54%. Non solo. Il settore, con un +41%,
è l’unico che aumenta le proprie emissioni a causa della crescita della
combustione di legna per il riscaldamento residenziale, mentre calano di
oltre il 60% quelle prodotte dal trasporto stradale e rappresentano, nello
stesso anno, il 12% del totale.
Calano anche le emissioni del settore
agricoltura (-13%), che costituiscono il 7% delle emissioni di gas serra,
circa 30 milioni di tonnellate di CO2 equivalente. La maggior parte di queste
emissioni – quasi l’80% – deriva dagli allevamenti, in particolare dalle
categorie di bestiame bovino (quasi
il 70%) e suino (più del 10%),
mentre il 10% proviene dall’uso dei
fertilizzanti sintetici.
È questa la descrizione della situazione italiana sull’andamento dei gas serra, fornita dai due Rapporti presentati dall’ISPRA in videoconferenza il 21 aprile 2020:
– Inventario nazionale delle emissioni in atmosfera 1990-2018 – Informative Inventory Report 2020, previsto nell’ambito della Convenzione sull’Inquinamento Transfrontaliero a Lungo Raggio (CRLTAP/UNECE) e dei relativi Protocolli di riduzione delle emissioni di tali sostanze;
– Italian Greenhouse Gas Inventory – National Inventory Report 2020, che ogni Paese della Convenzione ONU sui Cambiamenti Climatici (UNFCCC) deve annualmente fornire.
Altre fonti di emissione
NOx (Ossidi di azoto): la principale fonte di emissioni è il trasporto su strada (circa il 43% nel 2018), che mostra una riduzione del 71% tra il 1990 e il 2018. Tra i settori interessati, l’unico che evidenzia un aumento delle emissioni è rappresentato dal riscaldamento (+36%, pari al 13% del totale).
COVNM (Composti Organici Volatili diversi dal metano): sono, insieme agli NOx, tra i principali precursori dell’ozono (O3) e del materiale particolato (PM). Il trend delle emissioni mostra una riduzione di circa il 54% tra il 1990 e il 2018. L’uso di solventi è la principale fonte di emissioni, contribuendo al totale con il 39% e mostrando una diminuzione di circa il 41% rispetto al 1990.
Circa la metà delle
emissioni nazionali di gas climalteranti derivano dai settori della
produzione di energia e dei trasporti, che registrano un +2% rispetto al 1990.
L’aumento maggiore è dovuto al trasporto
su strada (+3%) a causa dell’incremento della mobilità di merci e
passeggeri; le percorrenze complessive (veicoli-km) per il trasporto passeggeri
crescono, nel periodo di riferimento, del 21%.
Importante anche la diminuzione delle emissioni provenienti dal settore delle industrie energetiche che,
sempre rispetto al 1990, scendono nel
2018 del 30%, a fronte di un aumento della produzione di energia
termoelettrica da 178,6 Terawattora (TWh) a 192,7 TWh, e dei consumi di energia
elettrica da 218,7 TWh a 295,5 TWh. Nel periodo 1990-2018, le emissioni
energetiche dal settore residenziale e servizi sono aumentate del 6% a fronte
di un incremento dei consumi energetici pari al 18,3%.
In Italia il consumo di metano nel settore civile era già diffuso nei primi anni ’90 e la crescita delle emissioni, in termini strutturali, è invece correlata all’aumento del numero delle abitazioni e dei relativi impianti di riscaldamento oltre che, in termini congiunturali, ai fattori climatici annuali. L’incremento dei consumi è strettamente collegato al maggior utilizzo di biomasse. Per quel che riguarda il settore dei processi industriali, nel 2018 le emissioni scendono del 14,2% rispetto al 1990. L’andamento è determinato prevalentemente dalla forte riduzione delle emissioni di protossido di azoto, N2O, (-91%) nel settore chimico, grazie all’adozione di tecnologie di abbattimento delle emissioni nella produzione dell’acido nitrico e acido adipico. Segnano infine un aumento del 5,6% le emissioni derivanti dalla gestione e dal trattamento dei rifiuti. Le emissioni del settore sono destinate a ridursi nei prossimi anni, attraverso il miglioramento dell’efficienza di captazione del biogas e la riduzione di materia organica biodegradabile in discarica grazie alla raccolta differenziata.
L’ISPRA ha dedicato un focus particolare al comparto agricoltura e allevamenti, evidenziando i progressi conseguiti e le criticità tuttora presenti. Le emissioni di gas serra del settore, che costituiscono il 7% delle emissioni di gas serra (circa 30 milioni di tonnellate di CO2 eq.) per quasi l’80% derivano dagli allevamenti, in particolare dalle categorie di bestiame bovino (quasi il 70%) e suino (più del 10%), mentre il 10% proviene dall’uso dei fertilizzanti sintetici. In particolare, per gli allevamenti, la maggior parte deriva dalla fermentazione enterica, a carico in particolare dei ruminanti e dalla gestione delle deiezioni (stoccaggio e spandimento). Dal 1990 le emissioni sono scese del 13% a causa della riduzione del numero dei capi, delle superfici e produzioni agricole, dell’uso dei fertilizzanti sintetici e dei cambiamenti nei metodi di gestione delle deiezioni.
Le emissioni di ammoniaca sono diminuite dal 1990 del 23% e rappresentano più del 90% delle emissioni nazionali di ammoniaca. L’80% di queste emissioni deriva dagli allevamenti e in particolare dalle categorie bovini, suini ed avicoli e riguardano le fasi di gestione delle deiezioni nei ricoveri, negli stoccaggi e durante le fasi di spandimento al suolo. Il contributo dell’uso dei fertilizzanti sintetici alle emissioni totali del settore è del 15% circa. Il calo è dovuto alla riduzione del numero dei capi, delle superfici e produzioni agricole, dell’uso dei fertilizzanti sintetici e alla diffusione delle tecniche di riduzioni delle emissioni.
Le 345.000 tonnellate di NH3 nel 2018 del nostro Paese sono comunque troppe. Nel suo ultimo Rapporto sui progressi compiuti dall’UE e dai suoi Stati membri nel rispettare i limiti di emissione di alcuni inquinanti atmosferici molto nocivi per la salute umana e per l’ambiente, stabiliti dalla Direttiva NEC (National Emission Ceilings), l’Agenzia Europea dell’Ambiente (AEA) ha rilevato che le emissioni di ammoniaca degli Stati membri, che erano diminuite del 24% tra il 1990 e il 2014, sono cresciute di circa il 2,5%, quando per tutti gli altri inquinanti si era registrata una costante riduzione.