L’efficienza energetica rallenta nell’UE, dopo il periodo di crisi economica, come certifica Eurostat, mettendo a rischio l’obiettivo del 20% al 2020, ma sottolinea al contempo che la nuova Direttiva che si sta negoziando deve prevedere che l’obiettivo del 30% al 2030 sia “vincolante” per gli Stati membri.
Eurostat ha pubblicato il 5 febbraio 2018 l’aggiornamento sui consumi energetici del 2016 nell’UE, da cui si evince che l’obiettivo di efficienza energetica fissato dal Pacchetto “Clima-Energia al 2020” si sta allontanando.
In altre parole, l’UE si era impegnata a raggiungere un consumo di energia primaria non superiore a 1.483 milioni di tonnellate equivalenti di petrolio (Mtep) e un consumo finale di energia non superiore a 1.086 Mtep nel 2020.
Tuttavia, nel 2016, il consumo di energia primaria nell’UE ovvero della domanda totale di energia di un Paese, è risultato fuori traiettoria del 4%. Dal 1990, primo anno per il quale sono disponibili dei dati, il consumo è diminuito dell’1,7%, ma con il trascorrere degli anni, lo scarto in rapporto all’obiettivo di consumo dell’energia primaria è variato notevolmente.
Lo scarto maggiore tra obiettivi e dati reali si è verificato nel 2006 (16,2% con consumi pari a 1.723Mtep, mentre il minimo si era avuto nel 2014 con un calo dell’1,7% (1.509Mtep).
Negli ultimi due anni, lo scarto ha ricominciato a crescere, portandosi nel 2016 al 4% in più, rispetto all’obiettivo prefissato, per un consumo totale di 1.543 Mtep.
Nel 2016 il consumo finale di energia si è attestato a 1.108 Mtep, superiore del 2% rispetto all’obiettivo UE, in linea con il trend del +2,1% che si è registrato tra il 1990 (1.085 Mtep) e il 2016 (1.108 Mtep).
Il livello di consumo di energia finale più basso è stato registrato nel 2014 (1.063 Mtep, 2,1% al di sotto dell’obiettivo) e il più elevato nel 2006 (1.194 Mtep, 10% al di sopra dell’obiettivo).
Nel 2015, l’UE aveva raggiunto l’obiettivo dell’efficienza energetica di 1,086 Mtep, tuttavia nel 2016 il consumo ha nuovamente superato l’obiettivo.
Nel 2016, il consumo interno lordo di energia nell’UE, ovvero della quantità di energia necessaria per soddisfare tutti i consumi interni, ammontava a 1 641 milioni di tep. Si tratta di una diminuzione del 10,8% rispetto al picco di circa 1.840 Mtep del 2006, ma si tratta pur sempre di aumento del 6,1% rispetto al decennio compreso tra il 1996 e il 2006.
Negli ultimi 10 anni presi in esame, Eurostat ha rilevato che il consumo di energia è diminuito considerevolmente in Grecia (-23,6%), a Malta (-22,5%) e Romania (-20,2%), mentre il maggior consumo si è registrato in Estonia (+13,4%), e Polonia (+3,2%).
L’Italia si colloca meglio della media europea (-10,8%), con un calo dei consumi tra il 2006 e il 2016 del 17,8% (154,7 Mtep), scendendo a livelli più bassi di quelli del 1996 (162,4 Mtep) e ancora di più rispetto al record di 188,3 Mtep del 2006.
I dati offerti da Eurostat per il nostro Paese erano già stati anticipati dall’ENEA nel Rapporto sull’efficienza energetica, presentato nel luglio scorso, da cui emergeva come l’Italia fosse fra i leader in Europa in questo campo con un livello di intensità energetica di quasi il 17% inferiore della media UE, “dato particolarmente positivo – osservava l’ENEA – perché tanto più basso è il valore dell’intensità energetica tanto più è alta l’efficienza energetica del Paese”.
Dai dati di Eurostat emerge in generale che la diminuzione dei consumi registrata negli anni a cavallo del 2010 era da attribuire essenzialmente agli effetti della crisi economica, non già ai risultati delle politiche attuate per l’efficienza energetica. Quando la ripresa economica è iniziata, si è subito registrato un aumento dei consumi, in barba al decoupling ovvero al disaccoppiamento tra crescita economica e uso dell’energia, caposaldo della Strategia Europa 2020.
La proposta di revisione della Direttiva sull’efficienza energetica, inclusa nel Pacchetto di misure nell’ambito dell’azione “Energia pulita per tutti gli Europei” deve essere l’occasione per rendere vincolante l’obiettivo del 30%, non già per abbassarlo come richiedono i Paesi dell’Est-Europa.