L’EASAC, l’organismo che raggruppa 29 Accademie nazionali delle scienze europee, ha presentato un Rapporto in cui si sottolinea la necessità di riforme sistemiche lungo l’intera catena del valore degli imballaggi in plastica, al fine di rallentare e invertire i danni all’ambiente, alla biodiversità e, in definitiva, di ridurre i rischi per la salute umana.
L’European Academies Science Advisory Council (EASAC), l’organismo che raggruppa 29 accademie nazionali della scienze europee (l’Italia è rappresentata dall’Accademia Nazionale dei Lincei) e che si pone l’obiettivo di fornire informazioni indipendenti alla politica su argomenti di carattere scientifico che abbiano delle ripercussioni sociali, ha pubblicato l’11 marzo 2020 il Rapporto “Packaging plastics in the circular economy”.
Nel Rapporto, gli Accademici evidenziano la necessità di riforme sistemiche lungo l’intera catena del valore degli imballaggi in plastica, al fine di rallentare e invertire i danni all’ambiente, alla biodiversità e, in definitiva, di ridurre i rischi per la salute umana.
“Le macro e le microplastiche sono diffuse sulla terra, nei mari e si trovano persino nell’aria – ha affermato il Direttore del Programma Ambiente dell’EASAC, Michael Norton – Per molte specie, le materie plastiche sono mortali, sia perché vi si impigliano che perché le ingeriscono, mentre le microplastiche vengono trasmesse attraverso la catena alimentare. Nella storia dell’umanità, il 21° secolo potrebbe essere ricordato in realtà come l ‘età della plastica’. Non mettiamo in discussione il ruolo essenziale e i benefici della plastica per il nostro stile di vita. Ma l’avvertimento del nostro rapporto non è un’antiutopia degli attivisti ambientali. È scienza”.
Il Rapporto chiarisce che i meccanismi volontari e di mercato non sono sufficienti per affrontare il problema e, secondo Norton i legislatori europei dovrebbero adottare regole e incentivi per accelerare il passaggio a un’economia circolare dei rifiuti di plastica. Ma prima ancora che divengano rifiuti si dovrebbe riutilizzare i prodotti e gli imballaggi in plastica, migliorando in modo drastico il riciclaggio e soprattutto che i rifiuti non vengano buttati nell’ambiente.
La scorsa settimana, 15 Paesi (tra cui l’Italia) e 66 Aziende e Organizzazioni hanno sottoscritto il a Bruxelles il Patto europeo sulla plastica (European Plastic Pact), una coalizione pubblico-privata che vuole realizzare un’economia europea delle materie plastiche veramente circolare, evitando i rifiuti di plastica e riunendo tutti gli attori della catena del valore.
Il
Rapporto dell’EASAC sottolinea che fare affidamento sulla crescita non è un’opzione,
anche perché il passaggio a molti cosiddetti “bio-materiali” non può essere
giustificato neppure da motivi di risorse o ambientali.
“Possono fuorviare i consumatori – ha
aggiunto Norton – creando una falsa
immagine di sostenibilità e rischiando quindi di prolungare la mentalità
dell’usa e getta”.
È la prima volta in assoluto che i principali scienziati dell’EASAC si sono riuniti per dare uno sguardo approfondito all’intera catena del valore delle materie plastiche, proponendo ai decisori politici dell’UE, sulla base delle proprie scoperte, 7 Raccomandazioni su come trasformare il sistema.
1. Divieto di esportare rifiuti di plastica
Oggi, la maggior parte dei rifiuti di plastica dell’UE non è riciclata in Europa. Enormi quantità di plastica contaminata e difficile da riciclare vengono spedite fuori dall’Europa, finendo spesso in fabbriche illegali e / o disperdendosi nell’ambiente locale e infine negli oceani.
“L’Europa dovrebbe gestire i propri rifiuti e non scaricarli in altri Paesi con minori capacità di gestione – ha affermato la Dott.ssa Annemiek Verrips dell’Accademia delle scienze olandese – Il trattamento dei rifiuti di plastica in Europa è migliore sia dal punto di vista ambientale che etico, anche se abbiamo dovuto incenerire parte di essi in impianti di termovalorizzazione”.
2. Adottare l’obiettivo zero rifiuti di plastica in discarica, ridurre al minimo i consumi e l’utilizzo dei monouso
L’EASAC sollecita la
Commissione europea a rendere prioritaria l’adozione di un obiettivo di zero
rifiuti di plastica in discarica, in linea con lo sviluppo di un’economia
circolare per la plastica nell’UE.
Gli scienziati raccomandano, inoltre, di rendere la riduzione dei consumi un obiettivo esplicito del prossimo Pacchetto su “La plastica nell’economia circolare”.
Nel nuovo Piano d’azione per l’Economia circolare, adottato dalla Commissione UE l’11 marzo 2020, è previsto che saranno “adottate disposizioni vincolanti relative al contenuto riciclato e misure per la riduzione dei rifiuti per prodotti fondamentali quali gli imballaggi”, tenendo conto anche delle attività dell’Alleanza per la plastica circolare.
“Un’importante misura politica per ridurre l’utilizzo del monouso – ha aggiunto la Verrips – è di estendere gli schemi di ritiro diretto a una più ampia gamma di contenitori e bevande monouso“.
3. Estendere la responsabilità del produttore
L’EASAC chiede ai responsabili
politici di assicurarsi che il principio “chi inquina paga” si applichi ai produttori e ai rivenditori
di materie plastiche.
“L’Europa deve applicare ambiziose
tasse di responsabilità estesa del produttore agli imballaggi di materie
plastiche di grandi dimensioni – ha affermato il Prof. Gaetano Guerra dell’Accademia nazionale dei Lincei – Il sistema dovrebbe includere rilevanti riduzioni
fiscali per le materie plastiche riciclate, costringendo così a progettare
scelte volte alla riciclabilità“.
La tariffazione ecomodulata dovrà tener conto anche dei criteri di progettazione dei prodotti relativi al loro uso a fine vita e agli impatti ambientali quali tossicità, durata, riutilizzabilità, riparabilità e riciclabilità / compostabilità.
4. Fine delle fuorvianti alternative a base biologica (bio-based)
Allo
stato attuale, gli scienziati vedono un potenziale molto limitato per la
plastica biodegradabile.
“L’obiettivo ideale di una plastica che si
decompone naturalmente nell’ambiente rimane aleatorio poiché la maggior parte
delle applicazioni di materie plastiche richiede la durabilità – ha
osservato Anne-Christine Albertsson
dell’Accademia svedese delle scienze – È
una premessa basilare che un materiale che può degradare nell’ambiente non
dovrebbe degradarsi durante la sua durata. Esiste solo un numero limitato
di prodotti in grado di soddisfare i test di biodegradazione nell’ambiente
marino e anche quelli mantengono la loro integrità per mesi, durante i quali
permangono i rischi di che gli animali vi si impiglino e li ingeriscano”.
Inoltre,
“bio” non equivale a un ridotto impatto ambientale poiché le materie
prime alternative ai combustibili fossili possono essere associate a elevate
emissioni di gas a effetto serra, alla concorrenza con i terreni per
l’alimentazione o alla promozione del cambiamento nell’uso del suolo.
“Oggi i consumatori sono spesso fuorviati,
anche per l’attuale diversità dei sistemi di etichettatura – ha aggiunto il
Prof. Attila Varga dell’Accademia ungherese
delle scienze – Abbiamo bisogno di
un sistema di etichettatura europeo obbligatorio e uniforme relativo alla
riciclabilità effettiva piuttosto che teorica”.
5. Tecnologia avanzata di riciclaggio e ritrattamento
Un riciclaggio efficace per
gran parte del flusso di rifiuti è eccezionalmente difficile e occorre
sviluppare una gamma di opzioni per estrarre valore dagli attuali rifiuti di
plastica misti a basso o negativo valore. Se, come raccomanda l’EASAC, le
esportazioni dall’UE e le discariche devono essere fermate, è essenziale
sviluppare sistemi di riciclaggio integrati in grado di gestire tutti i rifiuti
di plastica.
“Abbiamo bisogno di una chiara gerarchia nel riciclaggio: il riciclaggio a circuito chiuso, vale a dire il riciclaggio per l’uso nello stesso prodotto, caratterizzato dal riciclaggio delle bottiglie in PET nelle bottiglie in PET deve essere al primo posto – ha concluso Norton – mentre il recupero di energia dovrebbe essere l’ultima risorsa dopo che opzioni migliori, come il circuito aperto, il riciclaggio per l’uso in un altro prodotto e il riciclaggio molecolare, sono stati espletati”.
6. Limitare gli additivi e i tipi di resina per migliorare la riciclabilità
Finora, molti produttori e
trasformatori nel settore delle materie plastiche non hanno mostrato abbastanza
interesse per ciò che accade dopo l’uso dei loro prodotti. Il Rapporto dell’EASAC
rileva che la fattibilità tecnica ed economica del riciclaggio sarebbe
notevolmente aiutata riducendo l’uso di additivi, talvolta persino tossici, e
semplificando il numero di polimeri che possono essere utilizzati per
applicazioni specifiche, ad esempio in applicazioni di grande volume per i polimeri
facilmente riciclabili come PET e PE. I recenti progressi tecnologici
stanno permettendo che anche l’imballaggio multistrato composto da materiali
diversi (e quindi molto difficili da riciclare) sia sostituito da imballaggi
multistrato costituiti dalla stessa resina, in modo che possa essere
riciclato.
7. Regolamenti dei prezzi e quota per il contenuto riciclato
La materia prima di plastica
vergine è troppo economica. Il prezzo della plastica originaria delle
compagnie petrolifere non include i costi per l’ambiente da rifiuti sulla terra
o sull’oceano. Non includere i costi ambientali è un fallimento del
mercato e un ostacolo fondamentale a una maggiore domanda di materiali
riciclati. Secondo il Rapporto, ciò ha sostegno delle misure in
discussione in alcuni Stati membri e a livello europeo per introdurre una tassa
sulla plastica o richiedere un contenuto minimo di materiale riciclato.
“Tuttavia, ci sono chiari limiti nella misura in cui qualsiasi azione può essere efficace solo basandosi sulle decisioni dei consumatori individualmente motivate – ha concluso Varga – Ecco perché crediamo che i responsabili politici debbano adottare rapidamente un quadro regolamentare e finanziario coerente“.