Circular economy Sostenibilità

Divario di circolarità: dall’efficienza alla sufficienza delle risorse

Il divario di circolarità tra il prelievo di materiali e il loro riutilizzo, secondo quanto emerge da “The Circularity Gap Report 2020”, aumenta di anno in anno, determinando un ulteriore degrado ambientale e l’accentuarsi delle disuguaglianze sociali.  

Prima di calare il sipario, il World Economico Forum (Davos, 21-24 gennaio 2020) ha ospitato la presentazione di “The Circularity Gap Report 2020”, redatto da Circle Economy, think tank olandese sostenuto dall’UNEP e dal Global Environment Facility, che si propone di individuare i fattori chiave necessari per una transizione verso la circolarità entro la metà del secolo e di introdurre un nuovo quadro di valutazione basato su un approccio integrato.

Il Rapporto trae motivo della sua redazione dall’annuale Emission Gap Report dell’UNEP, che monitora ogni anno, come richiesto dalle Parti della Convenzione ONU sui Cambiamenti Climatici (UNFCCC), gli impegni politici assunti dai Paesi per raggiungere gli obiettivi climatici dell’Accordo di Parigi.

Il Rapporto di Circle Economy è altrettanto sconfortante di quello dell’UNEP, poiché solo l’8,6% dei 100 miliardi di tonnellate minerali, combustibili fossili, metalli e biomasse utilizzati nel 2019 dall’economia globale, è stato riutilizzato, per lo più tramite compostaggio, riciclo o trattamento delle acque. Al prima edizione del 2018 era del 9,1% e l’anno scorso del 9%.

Il divario di circolarità globale si sta pertanto allargando e ciò è motivo di grande preoccupazione, dal momento che circa il 50% delle attuali emissioni mondiali di gas a effetto serra derivano dall’estrazione e dalla lavorazione di materie prime, la cui domanda in uno scenario “business-as-usual” è destinata a raddoppiarsi entro il 2060, secondo il “Global Resources Outlook 2019” dell’International Resource Panel (IRP), il gruppo di 34 scienziati di fama mondiale di 30 diversi Paesi, istituito dall’UNEP nel 2007.

Il massiccio prelievo di materie prime è drammatico per la pressione che esercita sulla perdita di biodiversità e sul collasso degli ecosistemi, tanto che l’annuale “Global Risks Report”, presentato alla vigilia del WEF di Davos, ha inserito tale rischio al 5° posto e tra quelli di maggiore impatto (3°posto) in termini di benessere per l’umanità.

Stiamo ancora alimentando la crescita della popolazione e della ricchezza grazie all’estrazione di materiali vergini – ha osservato Marc de Wit, Direttore di Circle Economy e principale l’autore di “The Circularity Gap Report” – Non possiamo farlo indefinitamente. La nostra fame di materiale vergine deve essere fermata”.

Nel decennio che è appena iniziato, decisivo per conseguire gli Obiettivi di Sviluppo sostenibile (OSS) dell’Agenda ONU al 2030 e per mettersi sulla giusta traiettoria del percorso verso gli obiettivi dell’Accordo di Parigi, “L’economia circolare sta diventando un principio ampiamente riconosciuto e accettato – ha affermato Janez Potočnik, co-Presidente dell’IRP – Ma per attuarlo, come mostra il rapporto, sono necessari molti sforzi e un cambiamento anche nel nostro modo di concepirlo. Occorre abbracciare la dematerializzazione, ripensarne il concetto e passare dall’efficienza delle risorse alla sufficienza delle risorse”.

L’economia circolare è in grado di ridefinire la crescita basandosi su alcuni principi ineludibili, dall’utilizzo di energie e materiali rinnovabili, all’allungamento della vita di un prodotto attraverso la condivisione, il riuso e il riciclo.  

Mentre alcuni Paesi operano bene entro i confini ecologici del Pianeta, ma non riescono a soddisfare i bisogni sociali di base; altri Paesi soddisfano i bisogni della società, ma superano i limiti di sostenibilità del Pianeta. Ogni Paese ha una sua impronta ecologica così come provvede a livelli diversi alle esigenze della propria popolazione.

Colmare il divario di circolarità permetterebbe di prevenire un ulteriore degrado ambientale e l’accentuarsi delle disuguaglianze sociali, definendo uno spazio operativo ecologicamente sicuro e socialmente giusto per l’umanità, dove tutti i Paesi avrebbero un ruolo fondamentale da svolgere. A tal fine il Rapporto individua 3 passaggi chiave

1. Promuovere la collaborazione globale per la raccolta e condivisione dei dati.  Ciò consentirà di identificare i dati chiave necessari di dati chiave necessari per misurare e tracciare le prestazioni circolari, oltre che a fornire le necessarie infrastrutture e collaborazioni.

2. Tradurre le tendenze globali in percorsi nazionali. Ciò consentirà ai Paesi di impostare obiettivi, revisioni e a misurare e valutare le prestazioni, oltre che a tenere traccia dei progressi rispetto alle proprie ambizioni pur, permettendo loro di intraprendere pratici adeguati al contesto locale, agli incentivi necessari e agli incarichi da affidare.

3. Costruire una coalizione globale per l’azione che sia contemporaneamente varia e inclusiva. Ciò al fine di unire leader di imprese, governi, Ong e mondo accademico per aumentare collettivamente la capacità e possibilità di soddisfare al meglio le esigenze della società in modo sostenibile.

La necessità di metriche rafforzate per tracciare più efficacemente i progressi verso un’economia circolare sono oggetto di iniziative quali quella intrapresa dalla Ellen MacArthur Foundation che ha lanciato qualche giorno fa Circulytics, lo strumento di misurazione che permette alla aziende di capire a che punto si trovano nel percorso verso la circolarità.

 
 

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