L’Hydrogen Innovation Report 2024, redatto dall’Energy & Strategy Group del POLIMI, evidenzia che l’Italia è molto indietro rispetto agli altri principali Paesi europei per progetti di impianti per la produzione di idrogeno verde.
In Italia il fabbisogno annuale di idrogeno sostenibile per i settori industriali e per i trasporti pesanti, difficilmente elettrificabili, sarebbe di circa 7,5 milioni di tonnellate (5,4 milioni all’industria di cui 4,1 a quella hard-to-abate, i restanti 2,1 ai trasporti pesanti): un quantitativo che appare “irraggiungibile se si considerano gli obiettivi decisamente poco ambiziosi del PNIEC al 2030”
Sono alcune delle considerazioni che emergono dall’Hydrogen Innovation Report 2024, redatto dall’Energy&Strategy Group (E&S) della School of Management del Politecnico di Milano e presentato l’11 luglio 2024 nel corso del convegno “Hydrogen Innovation Report 2024: sfide e azioni concrete per lo sviluppo della filiera dell’idrogeno”, che indaga le tecnologiche, i progetti di applicazione e i progressi nel settore dell’idrogeno verde.

Il 2023 è stato un anno di svolta per il supporto alle tecnologie e allo sviluppo dell’intera filiera dell’idrogeno in Europa, grazie all’introduzione di nuove normative e una serie di accordi volti a favorire la diffusione del vettore nel sistema, si legge nell’Executive Summary. Il 2023 è stato anche l’anno in cui ha preso ufficialmente il via il nuovo schema incentivante della European Hydrogen Bank, attraverso cui la Commissione UE concede un supporto finanziario ai progetti di produzione da elettrolisi più competitivi. I risultati della prima asta pilota vedono assegnati 720 milioni di euro, e seguiranno poi altre aste con contingenti maggiori. Tuttavia, il settore deve ancora affrontare sfide significative, come la limitata disponibilità di idrogeno verde e le incertezze sulla configurazione ottimale della filiera.
“Per consentire la sola produzione annua di 7,5 milioni di tonnellate di idrogeno richiesti per industria e trasporto pesante servirebbero 250 Gw aggiuntivi di rinnovabili, cioè circa 3 volte gli attuali obiettivi di fotovoltaico al 2030, 500 Gw se si includono i consumi termici del settore civile – ha osservato Vittorio Chiesa, Direttore di E&S e tra gli autori del report – Negli ultimi anni sono state messe a punto diverse ed eterogenee misure di sostegno, come gli investimenti del PNRR, e altre sono in corso di implementazione (Decreto idrogeno attualmente in consultazione), ma resta non chiara la direzione di medio-lungo periodo che si intende percorrere, imprescindibile per permettere agli operatori di elaborare strategie di azione e per dare il via allo sviluppo di una filiera nazionale“.

Almeno nel breve termine, una produzione di idrogeno rinnovabile che riesca a insidiare il massiccio utilizzo di fonti fossili, risulta difficile da immaginare per molti Paesi europei, tra cui l’Italia a cui manca ancora una strategia nazionale per l’idrogeno.
Progetti
Stando a quanto annunciato dagli investitori, l’Europa avrà al 2030 una capacità produttiva di circa 9 Mton annue. Il numero, vicino al target fissato dall’Unione (10 Mton), è tuttavia inconsistente con le strategie nazionali e c’è il rischio che nei prossimi anni molti di questi progetti annunciati si scontreranno con una serie di problematiche (fra tutte, l’inadeguatezza della rete infrastrutturale).
In particolare, l’Europa punta sulla tecnologia elettrolitica, che al 2029-30 dovrebbe produrre un volume pari al triplo delle tecnologie tradizionali (CCS), di cui la Spagna detiene il primato (oltre 25 GW), seguita da Danimarca, Paesi Bassi e Germania. I settori a cui si rivolge il maggior numero di progetti sono quelli della mobilità, della raffinazione e della produzione di ammoniaca. Altre applicazioni rilevanti riguardano l’intero settore industriale e la generazione elettrica, mentre rimangono di nicchia la cogenerazione e il riscaldamento residenziale.
Nel report si sottolinea che idrogeno sostenibile però non significa solo elettrolisi e idrogeno verde: ad oggi sono numerosi gli sforzi di ricerca verso tecnologie innovative di produzione come il Bio-Hydrogen e l’idrogeno naturale, entrambi promettenti.
Il BioHydrogen si distingue grazie al suo potenziale contributo alla decarbonizzazione e ai possibili costi di produzione ridotti. In particolare, l’uso di fonti biogeniche come i rifiuti e l’applicazione di tecnologie di CCS rendonoil BioHydrogen l’unica forma di idrogeno con un’impronta carbonica potenzialmente negativa. Sebbene i costi di produzione non siano ancora competitivi rispetto all’idrogeno grigio, sono più vantaggiosi rispetto a quelli dell’idrogeno verde. Nonostante i numerosi punti di forza descritti, ad oggi la diffusione su larga scala del Bio-Hydrogen è limitata dalla scarsa maturità delle tecnologie di produzione e dalla competizione con la produzione di biometano.
Parallelamente, l’idrogeno naturale è una risorsa naturalmente presente nel sottosuolo che si rigenera continuamente grazie a diversi processi geologici con un periodo di rigenerazione di circa 10 anni, considerato per questo una fonte rinnovabile da parte della comunità scientifica. Nonostante prospettive di costo potenzialmente minime (0,5 – 1 €/kg H2), questo mondo è ancora caratterizzato da una forte incertezza normativa e da importanti preoccupazioni circa l’effettiva disponibilità ed utilizzabilità dei giacimenti.

“L’idrogeno sostenibile rappresenta una componente cruciale nella transizione energetica verso un futuro a basse emissioni di carbonio – ha aggiunto Federico Frattini, Vicedirettore di E&S e responsabile del Rapporto – perché può essere prodotto da fonti rinnovabili. Questa transizione riguarda sia i settori industriali che consumano idrogeno da combustibili fossili per i loro processi (raffinazione e industria chimica) sia quelli che oggi non possono sostituire diversamente il gas naturale per produrre il calore necessario a funzionare (come la carta, il vetro, la ceramica e la grande siderurgia). Per farlo, però, sono necessari ulteriori sviluppi tecnologici che rendano l’idrogeno ‘verde’ finalmente competitivo anche dal punto di vista economico”.