Prodotti e acquisti verdi

GPP: PA ferma al 62% e solo il 17% monitora gli effetti

Il Rapporto 2024 sui numeri del GPP (Acquisti pubblici verdi) dell’Osservatorio Appalti Verdi di Legambiente e Fondazione Ecosistemi, presentato nel corso del Forum Compraverde Buygreen 2024(Roma, 15-16 maggio 2024) evidenzia come in Italia i criteri ambientali minimi (CAM) per gli acquisti nella PA, a otto anni dall’entrata in vigore, fatichino a decollare in maniera strutturata.

Su un campione di 126 amministrazioni pubbliche, tra cui 14 Centrali di Committenza Regionali, 64 enti gestori di 148 aree protette, 41 Asl e 7 Città metropolitane, nel 2023 l’indice medio di performance del campione indagato sul GPP è pari al 62%, con un valore massimo del 79% raggiunto dai Comuni metropolitani e un minimo, pari al 56%, toccato dagli Enti gestori di aree protette, e la pratica del monitoraggio viene effettuata solo dal 17% del campione.

Sono alcuni dei dati che emergono dal VII Rapporto I numeri del Green Public Procurement in Italia” dell’Osservatorio Appalti Verdi di Legambiente e Fondazione Ecosistemi, in partnership con Assosistema, Università degli Studi di Padova, AdLaw Avvocati Amministrativisti, il Dipartimento di Giurisprudenza dell’Università di Torino e la Rete dei Comuni Sostenibili, presentato il 16 maggio 2024 al Forum Compraverde Buygreen 2024, giunto alla sua XVIII edizione, che rivelano come in Italia l’applicazione del GPP (Green Public Procurement) e dei CAM (Criteri Minimi Ambientali) a 8 anni dall’entrata in vigore fatichino a decollare in maniera strutturata, in un contesto che vede, secondo gli ultimi dati dell’Autorità nazionale anticorruzione (ANAC), un valore complessivo degli appalti pubblici avviati di importo pari o superiori a 40mila euro, che si attesta attorno ai 283,4 miliardi di euro.  

Attraverso la somministrazione di un questionario online nel merito dell’applicazione delle politiche necessarie al GPP nelle gare di appalto delle PA avvenute nel 2023, la cui obbligatorietà vige dal 2016, si evince che la“conoscenza del GPP”è ormai ben consolidata con il 98% delle Amministrazioni Pubbliche in cui l’informazione sutale strumento è diffusa,assicurando un primo passo fondamentale per la sua applicazione. Seguono, tra le politiche più conosciute e applicate, quelle sul “Plastic free (57%) e la “Formazione (56%); più indietro, ma altrettanto importanti, sono i “Criteri Sociali(47%) e il “Gender Procurement(46%).

Il dato complessivo sull’applicazione del Green Public Procurement in Italia ci indica che gli acquisti verdi, sebbene la loro utilità sia ampiamente riconosciuta, subiscono ancora troppi rallentamenti – ha dichiarato Andrea Minutolo, responsabile scientifico Legambiente – Il Rapporto dell’Osservatorio Appalti Verdi serve a puntellare i punti di debolezza su cui intervenire per rendere il GPP maggiormente efficace e praticato dalle PA, in modo che possa diventare uno strumento strutturale. La promozione di un sistema di acquisti ambientalmente e socialmente preferibili può davvero generare un miglioramento in termini ambientali e di diffusione di tecnologie verdi”.

I ritardi del GPP e le azioni da mettere in campo. Oggi in Italia a pesare sui ritardi nell’applicazione del GPP e soprattutto dei CAM è per il 53% delle stazioni appaltanti intervistate la difficoltà “di stesura dei bandi”, seguita dalla “mancanza di formazione” adeguata (41%) e dalla mancanza di imprese con requisiti idonei (34%). Talloni d’Achille su cui è importante intervenire per accelerare il passo e garantirne la piena applicazione recuperando il tempo perso. Per questo l’Osservatorio Appalti Verdi chiede che le azioni principali da cui partire riguardino in primis la formazione del personale competente e qualificato sul tema dei CAM, seguita dal controllo dell’esito delle gare d’appalto.

Performance in evidenza. Tra tutte le prestazioni monitorate nelle quattro stazioni appaltanti, una menzione particolare da fare è la presenza, in otto enti gestori di aree protette sui 64 totali, di un referente per il Green Public Procurement, così come era stato chiesto nelle proposte avanzate nel Rapporto dello scorso anno dall’Osservatorio Appalti Verdi. Centralizzare la pratica del GPP attraverso una persona più competente che sappia mettere in rete gli uffici, è infatti uno dei nodi da sciogliere e su cui insistere anche per la diffusione e applicazione del GPP in generale. Sempre sul versante degli enti gestori delle aree protette, sono state registrate percentuali basse per quanto riguarda l’applicazione di strategie migliorative per la raccolta differenziata (solo il 39% le mette in pratica) e iniziative per il risparmio energetico e la nascita di Comunità Energetiche Rinnovabili e Solidali (solo il 44% le promuove). Nonostante proprio gli enti gestori di aree protette dovrebbero essere un esempio e uno stimolo per la PA nella promozione di pratiche virtuose e di buon governo, anche attraverso l’applicazione del GPP.

Tra le 41 Asl che hanno risposto al questionario dell’Osservatorio, si apre una lacuna enorme nel sistema di monitoraggio degli acquisti, con solo il 5% di attuazione. Un dato che fa accendere una spia rossa e richiama la ricerca di soluzioni utili per capire come si effettuano gli acquisti e come poter razionalizzare le spese, anche alla luce dei numeri contenuti nell’ultimo Documento di Economia e Finanza che certifica per l’anno 2023 una spesa sanitaria di oltre 131 miliardi di euro, con un rapporto spesa sanitaria/PIL del 6,3%. Queste cifre ci danno l’ordine di grandezza e l’importanza di monitorare il settore sanitario e capire come la spesa possa essere veicolata verso una sostenibilità che riguarda diversi acquisti del settore e della gestione del sistema sanitario.

Alla luce di tutto, sono due le priorità su cui intervenire immediatamente, per permettere una crescita più veloce ed efficace del GPP nel nostro Paese. La maggiore difficoltà che ancora oggi registrano le pubbliche amministrazioni, infatti, riguarda la carenza di supporto tecnico alla stesura dei documenti di gara, un aspetto fondamentale visto che, ad esempio, molti CAM non prevedono un’applicazione automatica ma richiedono una personalizzazione in fase di progettazione della gara, necessaria anche in alcuni servizi (come quelli sulla gestione energetica degli edifici o del verde pubblico). È necessario quindi dotare ogni amministrazione di personale specifico, formato, che sappia indirizzare e seguire in tutte le sue fasi la partita degli acquisti.

Invece, è ancora del tutto assente l’attività di monitoraggio dello stato di adozione del Green Public Procurement all’interno delle singole stazioni appaltanti. Questo rende impossibile la corretta valutazione dei feedback delle procedure di gara in merito ai criteri ambientali da integrare. Anche in questo caso, il monitoraggio è realisticamente possibile solo se viene individuato un referente specifico del GPP, di cui si sente la necessità e la relativa mancanza, che dovrebbe essere il soggetto in grado connettere le varie policy dell’amministrazione (piani d’azione climatica, della mobilità, per l’economia circolare e la prevenzione dei rifiuti, piani di rigenerazione urbana, consigli del cibo, etc.) con l’uso dello strumento del GPP.

I dati del Rapporto fanno emergere l’urgenza di rafforzare, con azioni specifiche, lo strumento del GPP ha sottolineato Silvano Falocco, Direttore Fondazione Ecosistemi – Sono necessarie 3 azioni: ogni pubblica amministrazione deve avere un referente del GPP; serve un programma nazionale per formare e affiancare le PP.AA. nell’inserimento dei criteri ambientali e sociali; serve una Task Force nazionale che sia in grado di verificare il rispetto dei diritti umani e sociali lungo le filiere di produzione, per evitare il dumping sociale“.

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