Biodiversità e conservazione Clima

Degrado delle terre: colpito il 40% del Pianeta

Il Global Land Outlook (GLO2) dell’UNCCD avverte che se il degrado delle terre prosegue con le attuali tendenze entro il 2050 sarà compromessa un’altra area grande quanto il Sud-America, mentre il ripristino e la protezione delle terre potrebbero aiutare a contenere i cambiamenti climatici e la perdita di biodiversità.

Fino al 40 % della terra del Pianeta è degradato, colpendo direttamente metà dell’umanità e minacciando circa la metà del PIL globale (44 trilioni di dollari).

Se le attività continuassero business as usual fino al 2050, si prevede un ulteriore degrado di un’area grande quasi quanto il Sud America.

L’attuale impegno delle nazioni per ripristinare 1 miliardo di ettari degradati entro il 2030, richiede 1,6 trilioni di dollari in questo decennio, una frazione dei 700 miliardi di dollari annuali di sussidi ai combustibili fossili e all’agricoltura.

Con l’impennata dei prezzi dei generi alimentari a causa dei rapidi cambiamenti climatici e di altri cambiamenti planetari, è necessario un “piano contro la crisi” per conservare, ripristinare e utilizzare la terra in modo sostenibile

Sono questi alcuni degli aspetti salienti che emergono dal Rapporto Global Land Outlook 2 (GLO2). Land Restoration for Recovery and Resilience” che la Convenzione delle Nazioni Unite per la Lotta alla Desertificazione (UNCCD) ha pubblicato in vista della 15ma sessione della Conferenza della Parti (COP15) in Africa (Abidjan, 9-20 maggio 2022), il cui tema è “Terra. Vita. Eredità: dalla scarsità alla prosperità, con l’obiettivo di sollecitare all’azione per garantire che la terra, l’ancora di salvezza su questo Pianeta, continui ad offrire vantaggi alle generazioni presenti e future.

Il Rapporto, pubblicazione di punta dell’UNCCD, è il risultato del lavoro di 5 anni di 21 organizzazioni partner e rappresenta lo studio più completo sullo stato mondiale dei suoli mai pubblicato, fornendo una panoramica di un’ampiezza senza precedenti e proiettando le conseguenze planetarie sulla base di 3 scenari fino al 2050: business as usual; ripristino di 50 milioni di km2 di terreno; misure di ripristino aumentate dalla conservazione di aree naturali importanti per specifiche funzioni ecosistemiche.

Inoltre, valuta i potenziali contributi degli investimenti di ripristino del territorio alla mitigazione dei cambiamenti climatici, alla conservazione della biodiversità, alla riduzione della povertà, alla salute umana e ad altri obiettivi chiave di sviluppo sostenibile.

L’agricoltura moderna ha alterato la faccia del Pianeta più di qualsiasi altra attività umana – ha dichiarato Ibrahim Thiaw, Segretario esecutivo dell’UNCCD, presentando il Rapporto – Dobbiamo ripensare urgentemente ai nostri sistemi alimentari globali, che sono responsabili dell’80% della deforestazione, del 70% dell’uso di acqua dolce e della principale causa di perdita di biodiversità terrestre. Investire nel ripristino dei terreni su larga scala è uno strumento potente ed economico per combattere la desertificazione, l’erosione del suolo e la perdita di produzione agricola. Essendo una risorsa limitata e il nostro bene naturale più prezioso, non possiamo permetterci di continuare a dare per scontata la terra”.

Scenari futuri

 Linea di base (business as usual). La prosecuzione delle tendenze attuali nel degrado del suolo e delle risorse naturali, mentre la domanda di cibo, mangimi, fibre e bioenergia continua ad aumentare. Le pratiche di gestione del territorio e i cambiamenti climatici continuano a causare una diffusa erosione del suolo, il calo della fertilità e dei raccolti e l’ulteriore perdita di aree naturali dovuta all’espansione dell’agricoltura.
Entro il 2050:
– 16 milioni di chilometri quadrati mostrano un continuo degrado del suolo (la dimensione del Sud America):
– calo persistente e a lungo termine della produttività vegetativa per il 12-14% dei terreni agricoli, pascoli e aree naturali, con l’Africa subsahariana la più colpita;
– ulteriori 69 gigatonnellate di carbonio vengono emesse dal 2015 al 2050 a causa del cambiamento dell’uso del suolo e del degrado del suolo, pari al 17% delle attuali emissioni annuali di gas serra: carbonio organico del suolo (32 gigatonnellate), vegetazione (27 gigatonnellate), degrado/conversione delle torbiere (10 gigatonnellate).

Ripristino. Circa 5 miliardi di ettari (50 milioni di chilometri quadrati o il 35% della superficie terrestre globale) ripristinati, utilizzando misure come l’agroforestazione, la gestione del pascolo e la rigenerazione naturale assistita (Impegni internazionali attuali: 10 milioni di chilometri quadrati).
Entro il 2050:
– i raccolti aumentano del 5-10% nella maggior parte dei 2Paesi in via di sviluppo rispetto alla linea di base, come effetto che una migliore salute del suolo porta a raccolti più elevati, con guadagni maggiori in Medio Oriente e Nord Africa, America Latina e Africa subsahariana, limitando al contempo l’aumento dei prezzi dei prodotti alimentari;
– la capacità di ritenzione idrica del suolo aumenterebbe del 4% nei terreni coltivati ​​a pioggia;
– gli stock di carbonio aumentano di 17 gigatonnellate nette tra il 2015 e il 2050 grazie all’aumento del carbonio nel suolo e alla riduzione delle emissioni;
– la biodiversità continua a diminuire, ma non così rapidamente, con l’11% di perdita evitata.

Ripristino e protezione. Questo scenario include le misure di ripristino, integrate da misure di protezione di aree importanti per la biodiversità, la regolamentazione delle acque, la conservazione del suolo e degli stock di carbonio e la fornitura di funzioni essenziali dell’ecosistema.
Entro il 2050:
– riconquistati altri 4 milioni di chilometri quadrati di aree naturali (la dimensione dell’India e del Pakistan), con i maggiori guadagni attesi nel Sud e Sud-Est dell’Asia e in America Latina, mentre le misure di protezione impedirebbero il degrado del suolo dovuto a disboscamento, incendio, drenaggio o  conversione;
– prevenuto circa un terzo della perdita di biodiversità prevista nella linea di base;
– ulteriori 83 gigatonnellate di carbonio vengono immagazzinate rispetto alla linea di base e le emissioni evitate e l’aumento di stoccaggio del carbonio equivarrebbero a più di sette anni di emissioni globali attuali totali.

“La seconda edizione del Global Land Outlook è una lettura obbligata per la comunità della biodiversità – ha commentato  Elizabeth Mrema, Segretaria Esecutivo del Convenzione ONU sulla Biodiversità (CBD) – Il futuro della biodiversità è precario. Abbiamo già degradato quasi il 40% e alterato il 70% del terreno. Non possiamo permetterci di avere un altro ‘decennio perduto’ per la natura e dobbiamo agire ora per un futuro di vita in armonia con la natura. Il GLO2 mostra percorsi, fattori abilitanti e conoscenze che dovremmo applicare per implementare efficacemente il Global Biodiversity Framework post-2020”.

Articoli simili

Lascia un commento

* Utilizzando questo modulo accetti la memorizzazione e la gestione dei tuoi dati da questo sito web.