Fonti fossili

Combustibili fossili: da 111 aziende danni climatici per 28 trilioni $

Secondo ricercatori del Dartmouth College che hanno messo a punto un metodo sottoposto a revisione parietaria per collegare le emissioni a specifici danni climatici, al fine di imputare i costi degli eventi meteorologici estremi amplificati dal cambiamento climatico alle emissioni delle singole aziende produttrici di combustibili fossili, in modo simile a come l’industria del tabacco è stata ritenuta responsabile per i casi di cancro ai polmoni o le aziende farmaceutiche per la crisi da oppioidi, 111 aziende di combustibili fossili hanno causato danni per circa 28 trilioni di dollari tra il 1991 e il 2020, di cui ben 9 da sole 5 major.

Gli incendi boschivi causati dalla siccità nella California meridionale, l’uragano devastante che si è abbattuto sui Monti Appalachi meridionali e le inondazioni catastrofiche nel New England sono solo alcuni dei disastri più recenti che hanno messo in luce i costi astronomici del cambiamento climatico.

Mentre un numero crescente di governi locali e nazionali fatica a riprendersi e a proteggersi da disastri climatici sempre più frequenti e distruttivi, alcuni hanno chiesto un risarcimento direttamente alle aziende di combustibili fossili attraverso cause civili e leggi sul “chi inquina paga”. Ma molte di queste azioni vengono contestate o rallentate in tribunale, in parte per le difficoltà di dimostrare che specifici impatti climatici si siano verificati a causa delle emissioni di gas serra di una singola azienda.

Tuttavia lo Studio “Carbon majors and the scientific case for climate liability”, pubblicato il 23 aprile 2025 su Nature e condotto da 2 ricercatori del Darmouth College ( Università di Hanover, New Hampshire)  fornisce un strumento che permette potenzialmente, secondo gli autori, di definire i costi degli eventi meteorologici estremi amplificati dal cambiamento climatico che possono essere ricondotti a specifici danni imputabili alle emissioni delle singole aziende produttrici di combustibili fossili.

Il quadro messo a punto combina la modellazione climatica con i dati sulle emissioni disponibili al pubblico per confrontare il clima attuale e i suoi impatti con quello che sarebbe senza i gas che intrappolano il calore rilasciati in atmosfera dalle attività di un’azienda. Questo nesso causale è noto come principio “but for”, nel senso che: se non si fossero messe in atto le azioni di una specifica azienda, si sarebbe verificata la catastrofe climatica?

Sosteniamo che il caso scientifico sulla responsabilità climatica sia chiuso, anche se il futuro di questi casi rimane una questione aperta – ha affermato Justin Mankin, Professore associato presso il Dipartimento di Geografia del Darmouth College dove dirige il Climate Modelling & Impact Group, e autore senior dello Studio – Lo studio, risponde a un quesito posto per la prima volta nel 20o3: se la scienza potesse mai collegare le emissioni di una singola azienda al cambiamento climatico. Poco più di 20 anni dopo, la risposta è ‘sì’. Il nostro framework può fornire solide attribuzioni basate sulle emissioni dei danni climatici a livello aziendale. Questo dovrebbe aiutare i tribunali a valutare meglio le richieste di risarcimento per le perdite e i disagi derivanti dai cambiamenti climatici causati dall’uomo“.

Stima delle perdite economiche cumulative causate dal caldo estremo dai grandi emettitori di carbonio (Fonte: Nature, 2025).

Secondo lo studio, il caldo estremo legato all’anidride carbonica e al metano emessi da 111 aziende è costato all’economia mondiale 28.000 miliardi di dollari dal 1991 al 2020, di cui 9.000 miliardi attribuibili alle 5 aziende con le maggiori emissioni:
Saudi Aramco: 2,05 trilioni di dollari;
Gazprom: 2 trilioni di dollari;
Chevron: 1,98 trilioni di dollari;
ExxonMobil: 1,91 trilioni di dollari;
BP: 1,45 trilioni di dollari.

Secondo Zero Carbon Analytics, gruppo di ricerca internazionale che fornisce approfondimenti e analisi sui cambiamenti climatici e sulla transizione energetica, sono 68 le cause intentate, il 63% delle quali è ancora in corso. Di quelli concluse, il 44% ha avuto esito positivo, il 48% negativo e nell’8% dei casi è stato raggiunto un accordo.

I nostri risultati dimostrano che è effettivamente possibile confrontare il mondo attuale con un mondo privo di singoli emettitori – ha sottolineato Christopher Callahan, ricercatore post-dottorato di Stanford, che ha iniziato a lavorare al progetto come dottorando nel gruppo di ricerca di Mankin – La prosperità dell’economia occidentale si è basata sui combustibili fossili, ma proprio come un’azienda farmaceutica non sarebbe esonerata dagli effetti negativi di un farmaco per i benefici di quel farmaco, le aziende deicombustibili fossili non dovrebbero essere scusate per i danni che hanno causato dalla prosperità generata dai loro prodotti“.

Lo studio, affermano Callahan e Mankin, trae vantaggio da 20 anni di accumulo di impatti climatici nel mondo reale, dalla maggiore disponibilità di dati socioeconomici e climatici e dai progressi metodologici nella “scienza dell’attribuzione del clima”, una forma di modellazione che consente agli scienziati di monitorare gli effetti del cambiamento climatico quasi in tempo reale.

L’attribuzione climatica è il fulcro del Climate Superfund Act del Vermont del 2024, la legge che consente allo Stato di recuperare i danni finanziari dalle aziende produttrici di combustibili fossili per l’impatto dei cambiamenti climatici sul Vermont, con cui sostenere progetti di adattamento climatico.  La Legge si è parzialmente basata sulla testimonianza di Mankin e su una prima versione dello studio di Nature. In una recente causa viene contesta l’autorità dello Stato di riscuotere tali danni, nonché la capacità del Vermont di utilizzare accuratamente la scienza dell’attribuzione climatica per determinarli.

Il quadro di attribuzione che è riportato su Nature incorpora metodi scientifici consolidati e sottoposti a revisione paritaria per identificare l’effetto di specifici livelli di emissione sugli eventi meteorologici estremi. Inoltre, gli autori si basano anche sui progressi nelle scienze fisiche e sociali che hanno evidenziato connessioni più chiare tra gas serra, cambiamenti climatici locali e perdite economiche.

Secondo Callaghan, è fondamentale che il modello vada oltre la ricerca esistente, eliminando le emissioni totali – misurate in miliardi di tonnellate – dall’equazione per identificare l’impronta di gas serra specifica di un’azienda. I precedenti modelli di attribuzione si basavano sulle concentrazioni di gas serra nell’atmosfera, misurate in parti per milione, più difficili da attribuire a fonti specifiche.

Il nostro approccio simula direttamente le emissioni – ha dichiarato Callaghan – permettendoci di ricondurre il riscaldamento e le sue ripercussioni a specifici emettitori”.

Lo studio si basa sui loro precedenti lavori che avevano calcolato le perdite finanziarie globali dovute alle ondate di calore e i danni economici che alcuni Paesi hanno causato ad altri, contribuendo al riscaldamento globale.  

Il caldo estremo è indissolubilmente legato al cambiamento climatico stesso, e le perdite che ne derivano sono state motivo di rivendicazioni legali, per cui è un’occasione ovvia per illustrare l’ampia applicazione del nostro approccio – ha concluso Mankin – Viviamo anche in un mondo che si è riscaldato considerevolmente negli ultimi 20 anni, ma questa analisi non è un esercizio predittivo in cui ci chiediamo cosa ci riserva il futuro, bensì uno sforzo documentale in cui mostriamo cosa è già successo e ne spieghiamo il motivo“.

Foto di copertina. Zbynek Burival su Unsplash

Articoli simili

Lascia un commento

* Utilizzando questo modulo accetti la memorizzazione e la gestione dei tuoi dati da questo sito web.